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Antoine Flahault: “Gli Stati non hanno dato all’OMS i mezzi necessari per affrontare la pandemia”

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Al centro il direttore generale dell'OMS, Tedros Adhanom Ghebreyesus, a destra la direttrice del dipartimento pandemie ed epidemie Sylvie Briand, e a sinistra il direttore esecutivo per il programma di gestione delle situazioni di emergenza sanitaria Michael Ryan, in una conferenza stampa a Ginevra sulla pandemia di Covid-19. Keystone / Salvatore Di Nolfi

Con la diffusione del coronavirus in tutti i continenti, le critiche verso l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) stanno diventando più virulente. Ma sono gli Stati che hanno rifiutato di dare più potere e risorse finanziarie all'OMS, sottolinea Antoine Flahault, direttore dell'Istituto di salute globale dell'università di Ginevra.

La risposta dell’OMSCollegamento esterno alla pandemia di Covid-19 è stata oggetto di molte critiche da parte di governi e scienziati: troppo lenta, poco chiara, senza alcuna linea d’azione. Il ruolo dell’OMS è quello di “dirigere l’azione sanitaria mondiale”, indicano le Nazioni UniteCollegamento esterno. Ma gli Stati membri hanno limitato il suo budget e il suo margine di manovra, ciò che oggi pesa pesantemente sulla gestione internazionale della pandemia, osserva Antoine FlahaultCollegamento esterno.

swissinfo.ch: L’OMS ha decretato il 12 marzo che l’epidemia di Covid-19 è considerata una pandemia. Ha reagito troppo tardi?

Antoine Flahault: No, non trovo che la reazione sia stata tardiva. In primo luogo, il termine “pandemia” non figura nel Regolamento sanitario internazionale, quindi non è nell’arsenale normativo a disposizione del direttore generale dell’OMS. Questo annuncio non ha del resto avuto un impatto molto forte sul corso degli eventi, perché tutti sapevano che eravamo in un processo di pandemia. Piuttosto, è stata un’opportunità per disinnescare qualsiasi timore che potesse esistere riguardo a questo termine e per mobilitare i pochi Paesi che ancora sostenevano che si trattava di un’influenza di poco conto.

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Antoine Flahault. Antoine Flahault

Per quali motivi il pericolo del virus è stato sottovalutato?

La Cina non ha segnalato rapidamente il problema all’OMS. Ha aspettato di sicuro almeno un mese per farlo e ha reagito in ritardo per arginare il fenomeno, dal momento che le prime misure sono state adottate il 23 gennaio a Wuhan.

Gli Stati e i territori limitrofi della Cina, vale a dire Hong Kong, Singapore, Corea del Sud e Giappone, si distinguono per una consapevolezza molto rapida del problema. Questi Paesi avevano sperimentato la SARS e l’influenza aviaria, motivo per cui, a mio avviso, erano nettamente più coscienti del rischio di emergenza nel Sud-Est asiatico di un virus di tipo respiratorio che avrebbe potuto causare una contaminazione molto vasta. Ciò ha portato questi Paesi alla rapidissima attuazione di misure volte a prevenire e ridurre al minimo l’ingresso del virus nel loro territorio.

Al contrario, a parte la Germania, i Paesi europei inizialmente hanno avuto difficoltà a valutare il rischio, la gravità e la trasmissibilità del coronavirus. Fino al 20 gennaio, l’OMS stessa si è allineata sulle posizioni cinesi e ha affermato che il virus non si trasmette da uomo a uomo, il che ha fatto perdere tempo prezioso a tutta la comunità internazionale.

“I Paesi europei inizialmente hanno avuto difficoltà a valutare il rischio, la gravità e la trasmissibilità del coronavirus”.

L’OMS avrebbe dovuto reagire più velocemente ed essere più proattiva?

A mio avviso, l’OMS ha un altissimo livello di competenza, interna ed esterna, sulla quale avrebbe potuto fare più affidamento e potrebbe continuare a farlo piuttosto che allinearsi ciecamente alle posizioni cinesi.

L’OMS ha impiegato molto tempo prima di inviare una missione di esperti in loco. Con uno Stato meno influente della Cina, probabilmente si avrebbe agito più velocemente. Finora, il comitato di esperti incaricato di consigliare il direttore generale dell’OMS è stato convocato solo due volte, mentre avrebbe potuto svolgere il ruolo delle varie task force attualmente istituite dai governi.

Molti Stati, come la Svizzera, hanno reagito relativamente tardi quando il virus si stava già diffondendo nei Paesi vicini. Come si spiega?

I Paesi europei e quelli occidentali in generale non hanno mai considerato con la stessa serietà dei Paesi del Sud-Est asiatico la minaccia di un’epidemia infettiva che emerge. La pandemia di influenza H1N1 del 2009 è stata una prova generale per alcuni Stati, ma non è stata compresa come tale dall’Europa o da altri Paesi occidentali.

C’è sicuramente un’assenza di coscienza politica, ma anche e prima di tutto civica: gli esperti, i giornalisti, la popolazione nel suo insieme si sono adagiati su un modo piuttosto post-pandemico che pre-pandemico. Questo non è affatto il caso degli Stati che affrontano l’epicentro cinese di questa pandemia e che sono rimasti molto più vigili. Lo si vede anche per strada: l’uso della mascherina protettiva, dalla SARS, è molto più presente tra molti popoli asiatici.

Pensa che l’OMS riesca ad assumere il suo ruolo di guida internazionale durante questa pandemia?

“Se si vuole un direttore d’orchestra, è necessario che la direzione d’orchestra gli consegni la bacchetta.”

L’OMS è un’organizzazione intergovernativa, non sovranazionale. Se si vuole un direttore d’orchestra, è necessario che la direzione d’orchestra gli consegni la bacchetta. Questa “direzione” è l’organo di governo dell’OMS, l’Assemblea mondiale della sanità, composta dei governi di 194 paesi membri. Sono loro che si riuniscono a Ginevra ogni anno in maggio per decidere le prerogative che accordano all’OMS ed è chiaro che gli Stati non desideravano affidare la bacchetta a chi avrebbe potuto diventare il direttore d’orchestra di questa pandemia.

Oggi non desidero rivolgere critiche all’OMS, ma piuttosto agli Stati membri che non hanno dato all’organizzazione sufficienti mezzi di governance e finanziari: l’OMS ha un budget appena superiore a quello degli Ospedali universitari di Ginevra (HUG), che è indigente per lo svolgimento delle azioni che ci si aspetta da essa. E non ha alcun potere di sanzione.

Quindi, ha agito con i mezzi che le sono stati assegnati: pratica una forma di “alleanza sanitaria con gli Stati” che si traduce sul campo tramite uffici regionali notevolmente attivi che consentono all’OMS di portare la sua competenza scientifica riconosciuta a livello mondiale. Quando l’organizzazione si occupa di un aspetto tecnico, di standard e di norme, viene ascoltata da tutti, in particolare dai Paesi più poveri che non dispongono di competenze accademiche in loco.

D’altra parte, il rovescio della medaglia è che l’OMS non ha la capacità di dirigere anche l’orchestra delle nazioni, non può assumere questo ruolo di generale alla testa delle forze armate per combattere le grandi crisi sanitarie.

Che lezioni dovrebbero trarre i governi da questa pandemia?

Il dispositivo dell’OMS e il suo altissimo livello di competenza collettiva, sempre elogiato dagli Stati in tempi di “pace”, si rivelano piuttosto una debolezza in caso di grave crisi sanitaria, quando i dialoghi di prossimità con i governi non sono più sufficienti. Sono attese raccomandazioni su un certo numero di operazioni, al fine di armonizzare le pratiche in tutti i Paesi.

Gli Stati non hanno mai accettato di stabilire un Regolamento sanitario internazionale che dia all’OMS il potere di coordinare le operazioni, con sanzioni quando non sono rispettate le raccomandazioni. Le hanno anche negato la possibilità di esaminare se i Paesi fossero conformi nell’applicazione del regolamento, perché non volevano una valutazione esterna sul proprio territorio.

Spetta agli Stati rendersi conto che se la direzione dell’orchestra non è stata ottimale, è principalmente perché non hanno dato le risorse necessarie al suo direttore per agire. Se continuano a rifiutare che l’OMS abbia ampie prerogative in caso di grave crisi sanitaria, non avremo mai un’organizzazione in grado di coordinare, armonizzare e standardizzare efficacemente la risposta a una pandemia. Avremo un’organizzazione efficace in tempi di “pace” ma rapidamente screditata in tempi di crisi.

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(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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