La storia di una lugubre palude diventata un orto verdeggiante
È il più grande progetto idraulico della storia svizzera. Iniziata esattamente 150 anni fa, la correzione delle acque del Giura ha coinvolto un quarto dei corsi d’acqua del paese. Lo scopo: restituire all’agricoltura 400 km2 di paludi. Un’esposizione itinerante rammenta che gli interventi non sono stati indolori.
«Che visione triste, che spettacolo terribile questa immensa superficie di terre fertili e dei suoi frutti annegata sotto metri di acqua! I tre laghi di Morat, Neuchâtel e Bienne sembrano ormai formare un’unica e grande falda freatica. […] I campi di grano sono ricoperti di fango, di sabbia, di ghiaia. Fra qualche giorno, non avremo più alcuna spiga sana. Anche le patate sono perse e nei villaggi si accumulano i rifiuti trasportati dai fiotti. Le case sono diventate il rifugio di ogni sorta di insetti e altri parassiti».
È quanto scrive Johann Rudolf SchneiderCollegamento esterno (1804-1880) nel 1832, dopo le terribili piene che avevano nuovamente devastato la regione dei Tre Laghi, anche chiamata a giusto titolo la “Grande PaludeCollegamento esterno” (Grand Marais in francese o Seeland in tedesco), ai piedi della catena del Giura, nel nord-ovest della Svizzera.
Medico residente a Nidau, alle porte della città di Bienne, Schneider si preoccupa da subito per le conseguenze delle inondazioni sulla salute delle popolazioni locali, soggette alla malaria e ad altre epidemie. Questo politico e filantropo liberale sarà un membro del governo del canton Berna e poi, dal 1848, del primo parlamento della Svizzera moderna. Se oggi ci si ricorda ancora di lui è perché è considerato il “salvatore del Seeland”. Schneider è infatti il promotore del progetto della correzione delle acque del GiuraCollegamento esterno, un’idea che il medico impiegherà quasi 30 anni per imporla alle autorità politiche, fino al livello più alto.
Cantiere del secolo
Fino a metà del XIX secolo, la Svizzera è ancora un’alleanza di cantoni sovrani, assai gelosi delle loro prerogative. E la zona da proteggere tocca cinque di loro: Soletta, Berna, Neuchâtel, Vaud e Friburgo, i cui confini si intersecano in un contesto geografico tortuoso, complicato ulteriormente dalla frontiera linguistica. Una parte del Seeland parla tedesco, l’altra francese.
Il 25 luglio 1867, il Consiglio federale – il governo centrale della giovane Confederazione svizzera (ha soltanto 19 anni) – firma il decreto che accorda cinque milioni di franchi al progetto di correzione. Il nuovo Stato utilizza così per la prima volta l’articolo costituzionale che gli permette di sostenere dei progetti d’importanza nazionale. Ogni cantone riceve la sua parte e paga il resto. La fattura complessiva ammonterà a 15 milioni dell’epoca, ovvero l’equivalente di un miliardo di oggi.
Così come la galleria di base del San Gottardo nel XXI secolo, questo cantiere idraulico – che durerà praticamente sino alla fine del XIX secolo – è il cantiere del secolo. I piani sono pronti dal 1842 e sono l’opera di Richard La Nicca, un ingegnere giunto dal cantone dei Grigioni che ha già diretto le correzioni del Reno alpino e della Linth.
L’idea di base è di costringere il fiume AarCollegamento esterno a gettarsi nel lago di Bienne. Il principale fiume della SvizzeraCollegamento esterno ha origine nelle Alpi bernesi, riceve le acque delle Alpi friburghesi, dell’Altopiano vodese, poi bernese e argoviese, del sud del Giura e infine della Svizzera centrale e orientale, prima di immettersi nel Reno, sulla frontiera tedesca.
All’entrata del Seeleand, nella regione di Aarberg, la pendenza del fiume diminuisce in modo marcato. Nel corso dei millenni, il materiale alluvionale proveniente dalle Alpi ha progressivamente riempito il suo letto. Circa 7’000 anni fa, l’Aar ha così iniziato a farsi strada nella zona, che a causa delle piene è diventata la Grande Palude.
La prima correzione delle acque del Giura (1868-1891)
Per deviare il corso dell’Aar, Richard La Nicca fa scavare gli otto chilometri del canale di Hagneck. I lavori sono faraonici e vedranno entrare in azione grosse macchine da cantiere ancora poco comuni all’epoca: due draghe e due gru a vapore, 24 battelli da trasporto, 122 cassoni ribaltabili, 60 carrelli mobili e due locomotive. Non si tratta infatti soltanto di scavare nel terreno, ciò che viene fatto ancora in gran parte con pala e piccone. Tra Aarberg e Hagneck si erge il “Seerücken”, una cresta di roccia molassica che va perforata su una lunghezza di 900 metri e a una profondità di 34 metri.
Ma gli ingegneri sono… ingegnosi. Dopo aver fatto saltare la molassa con la dinamite e scavato uno stretto canale alla profondità definitiva da raggiungere, lasciano che siano le acque a fare il resto del lavoro. È quindi l’Aar che scaverà praticamente da solo i due terzi del canale, riversando nel lago di Bienne più di due milioni di metri cubi di materiale. Elemento centrale della correzione, il canale di Hagneck è completato da altre opere principali, destinate a favorire il deflusso tra i tre laghi e all’uscita di quello di Bienne.
Un giardino, ma non ancora l’Eden
Verso la fine del XIX secolo, il livello medio dei laghi è sceso di 2 metri e 50 e i piccoli canali di drenaggio hanno reso la Grande Palude, regno di rane e zanzare, all’uomo. C’è voluto parecchio per lavorare questa terra torbosa e fertilizzarla con dei concimi per farne un vasto terreno agricolo. Il peggio sembra comunque alle spalle. Le strade e la ferrovia percorrono la pianura in lungo e in largo, le città e i villaggi si sviluppano. Nel 1899 è inaugurata la centrale idroelettrica di Hagneck, la seconda del paese e la prima situata in pianura. L’impianto – poi rinnovatoCollegamento esterno nel 2015 – sarà decisivo per lo sviluppo dell’industria della regione.
Altra conseguenza inattesa dei lavori diretti da Richard La Nicca: l’abbassamento delle acque fa riaffiorare numerose vestigia dei villaggi lacustri, la cui scoperta avrà una risonanza ben oltre le frontiere svizzere.
Ma la tregua è di corta durata: nel 1910, il Seeland è teatro di nuove inondazioni record. Lo stesso succede nel 1944 e ancora nel ’48, ’50, ’52, ’53 e nel ’55. Appare allora evidente che la grande opera di Schneider e La Nicca non è terminata e che la Grande Palude potrebbe un giorno meritare nuovamente il suo nome.
Dal 1962 al 1973 si procede così a una seconda correzione delle acque del Giura, essenzialmente ampliando e approfondendo i canali esistenti. Questa volta viene utilizzato l’intero arsenale di macchinari moderni. Preventivati a un po’ più di 100 milioni di franchi, i lavori costeranno alla fine più di 150 milioni equamente suddivisi tra Confederazione e cantoni.
Ora, il Seeland sembra salvo. E mentre tutti in Svizzera conoscono lo zucchero di Aarberg quella della barbabietola non è che una delle tante coltivazioni della regione. Un quarto della verdura prodotta in Svizzera proviene da questo immenso orto in cui si è trasformata la Grande Palude.
Ma per quanto tempo ancora? Percorrendo la regione si nota immediatamente che le strade sono spesso sopraelevate rispetto al livello dei campi, come succede per le strade che attraversano i polder nei Paesi Bassi. La torba delle paludi di un tempo si decompone al contatto con l’ossigeno dell’aria. Il livello dei campi si abbassa dunque costantemente, ciò che minaccia la solidità delle dighe dei canali, che vanno periodicamente consolidate.
Solidarietà
Inoltre, le inondazioni non sono completamente scomparse. Ex prefetto di Bienne, Werner Koenitzer ammette di aver davvero compreso il loro significato soltanto durante quella del 1999. Dopo l’inondazione del 2003 ha così deciso di creare un’associazione per mantenere viva la memoria di tutto ciò che la regione deve alle correzioni delle acque del Giura.
Questi interventi sono ora al centro di un’esposizione permanenteCollegamento esterno al Museo del Castello di Nidau, diventata quest’anno itineranteCollegamento esterno in occasione del 150° anniversario del decreto fondatore.
È anche l’occasione per interrogare il pubblico sui suoi auspici e timori per il futuro, che vedrà dei periodi di siccità alternarsi con eventi meteorologici sempre più estremi. Per Werner Koenitzer, l’importante è che «le autorità federali, cantonali e comunali rimangano pronte a prevedere ciò che potrà succedere con il cambiamento climatico. E a prendere le misure necessarie dal punto di vista della sicurezza per la popolazione, i contadini e la natura».
Questa vicenda ha infatti creato un grande legame di solidarietà tra i cinque cantoni interessati. «Se ci saranno bisogno delle misure, i solettesi saranno pronti a pagare per Neuchâtel e i vodesi per Berna. Questo mi fa dire che qui, il Röstigraben [il “fossato linguistico”] non esiste. Romandi e svizzeri tedeschi lavorano insieme senza problemi», afferma l’ex prefetto.
Traduzione dal francese di Luigi Jorio
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