“Il sì, ma no” di Berna al trattato di proibizione delle armi nucleari
Il governo svizzero giustifica il suo rifiuto di firmare il Trattato dell'ONU sulla proibizione delle armi nucleari (TPNW), affermando che esso mette a rischio la sua politica diplomatica e di sicurezza in materia di disarmo. Al contempo, ribadisce il proprio sostegno all'obiettivo del trattato e alla sua dimensione umanitaria, lasciando aperta la possibilità di una futura adesione. Analisi con Marc Finaud, esperto di disarmo al Centro per la politica di sicurezza, con sede a Ginevra.
Sulla scorta di uno studioCollegamento esterno in materia, il governo elvetico ha deciso di rinunciare per ora alla firma del trattato, negoziato nel 2017. “Già durante la fase negoziale la Svizzera aveva richiamato l’attenzione su numerose questioni da chiarire. Nel frattempo, un gruppo di lavoro interdipartimentale guidato dal DFAE è giunto alla conclusione che, ad oggi, le ragioni che si oppongono all’adesione al trattato prevalgono sulle eventuali opportunità che ne deriverebbero”, ha puntualizzato l’esecutivo elvetico in una notaCollegamento esterno.
Marc Finaud, specialista di questioni sulla proliferazione presso il Centro per la politica di sicurezza (GCSPCollegamento esterno), innanzitutto elogia la serietà dell’approccio: “Il rapporto è molto dettagliato. Sono affrontati tutti gli aspetti del trattato, sia giuridici, che umanitari, militari, politici ed economici. Ciò dimostra un serio lavoro di analisi in seno ai vari servizi dell’amministrazione federale”.
“Finché non vi sarà proibizione, non vi sarà alcun incentivo al disarmo nucleare”
Marc Finaud, Centro per la politica di sicurezza
Una decisione sotto pressione?
L’esperto aggiunge: “Le argomentazioni economiche formulate suggeriscono che in alcune imprese che fabbricano armi nucleari vi sono capitali svizzeri. Infatti, questo trattato di proibizione ha generato un movimento che ha spinto dei Fondi pensione e alcune banche a ritirare i loro investimenti da società legate alla produzione di armi nucleari”.
Se molti argomenti erano già noti, Marc Finaud nota però una novità nel risalto dato alle relazioni della Svizzera con la NATO e i suoi Stati membri.
Il rapporto precisa quanto segue: “Nel caso estremo di difesa contro un attacco armato, la Svizzera con ogni probabilità coopererebbe con altri stati o alleanze, non per ultimo con stati dotati di armi nucleari o con i loro alleati. In tale contesto non andrebbe escluso il ricorso all’uso della deterrenza nucleare sulla base degli impegni assunti sul piano del diritto internazionale, anche se su una base giuridica rigorosamente limitata. Aderendo al TPNWCollegamento esterno, la Svizzera si precluderebbe la possibilità di usufruire esplicitamente dell’ombrello difensivo nucleare nel quadro di una tale coalizione”.
Quale neutralità?
Per Marc Finaud, “questo suggerisce che ci sono state pressioni da parte di quei paesi su Berna, che di conseguenza preferisce allinearsi sulla loro posizione. Tuttavia, dire esplicitamente che l’adesione a tale accordo impedirebbe alla Svizzera di rinunciare alla sua neutralità se fosse attaccata dovrebbe almeno portare a un dibattito pubblico sulla neutralità della Svizzera”.
Berna ritiene pure che l’assenza delle potenze nucleari e di alcuni loro alleati del Trattato lo renda inefficace. Un’argomentazione speciosa, secondo Marc Finaud: “Finora la Svizzera ha firmato e ratificato tutti gli accordi di disarmo. Eppure, nessuno di questi trattati è stato ratificato da tutti gli Stati membri dell’ONU. Non è perché alcuni paesi si sono opposti a questo trattato che esso perde la sua ragion d’essere”.
Il governo parla anche dell’importanza strategica della dissuasione nucleare, per la pace mondiale. Anche su questo aspetto, Marc Finaud è scettico: “L’argomento della dissuasione, difeso da paesi come la Francia, è una sorta di credo, come è stato il caso con la linea Maginot nel 1939. E questo in un momento in cui si assiste a una corsa alla modernizzazione dell’arsenale nucleare”.
L’esperto rincara: “È proprio per questo motivo che molti paesi e organizzazioni, come il CICR, si sono espressi a favore del trattato, convinti che il concetto stesso di deterrenza e possesso di armi nucleari debba essere considerato contrario al diritto internazionale. Finché non vi sarà proibizione, non vi sarà alcun incentivo al disarmo nucleare”.
73 years ago, terror rained down on #HiroshimaCollegamento esterno. A day of unspeakable human suffering and destruction.
— Peter Maurer (@PMaurerICRC) 6 août 2018Collegamento esterno
Never again.
Now is the moment for States to join treaty to prohibit nuclear weapons and end one of the greatest threats to humanity. pic.twitter.com/I61v0WImwxCollegamento esterno
(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)
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