Crisi libica: governo svizzero bocciato
L'esecutivo è accusato di avere gestito malissimo la crisi con Tripoli: i rimproveri più severi formulati dalla commissione della gestione degli Stati – il cui atteso rapporto è stato reso noto venerdì – sono diretti contro i ministri Calmy-Rey e Merz.
Il rapporto di circa 160 pagine (che non entra però nel merito per quanto riguarda le circostanze dell’arresto del figlio di Gheddafi a Ginevra) rivela una preoccupante serie di disfunzioni, segnatamente la mancanza di comunicazione e il superamento delle competenze.
All’inizio della crisi, nel 2008, il governo è informato dal Dipartimento degli affari esteri (Dfae), ma dall’estate 2009 la collaborazione tra la titolare Micheline Calmy-Rey e il presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz, ministro delle finanze, si è progressivamente deteriorata.
Mancato aiuto e smentite via sms
A titolo di esempio, dalle analisi effettuate risulta che Calmy-Rey non ha voluto mettere a disposizione del collega di governo il proprio segretario di Stato aggiunto per il suo viaggio a Tripoli. A ulteriore testimonianza della scarsa collaborazione, la ministra degli affari esteri non è stata informata prima della firma dell’accordo con la Libia.
Un altro episodio stigmatizzato nel rapporto è l’invio ad alcuni giornalisti – da parte di funzionari del Dfae – di un sms che ha contraddetto le affermazioni di Merz, inviato proprio mentre quest’ultimo stava tenendo la conferenza stampa – il 21 agosto del 2009 – al ritorno dell’infruttuosa spedizione a Tripoli.
Pur sottolineando che la Direzione del diritto internazionale pubblico del Dfae non era effettivamente stata consultata in merito al progetto di accordo, come invece aveva lasciato intendere il presidente della Confederazione, la commissione giudica inaccettabili le circostanze e le modalità della smentita.
Competenze oltrepassate
Volendo muoversi in completa autonomia, secondo gli autori del testo Merz ha chiaramente oltrepassato le proprie competenze: si è per esempio recato in Libia dopo aver dichiarato ai colleghi di governo, lo stesso giorno, che non vi si sarebbe andato. Il ministro ha dunque intrapreso il viaggio senza disporre del benestare dei colleghi di governo.
Sempre secondo il rapporto, dall’estate del 2009 il consiglio federale si è impegnato in modo crescente nella vicenda, ma senza disporre delle necessarie informazioni. Di conseguenza, non ha mai adottato una decisione di principio.
Né la responsabile del Dfae né il capo del Dipartimento della difesa, a sua volta a conoscenza di elementi sensibili, hanno infatti ritenuto utile informare il collegio. Almeno la presidenza della Confederazione – Hans-Rudolf Merz e in seguito Doris Leuthard – avrebbe dovuto essere informata tempestivamente in merito all’evoluzione della situazione, ritiene la commissione.
Stando alla commissione, Micheline Calmy-Rey era al corrente degli sforzi avviati dal suo dipartimento in vista della liberazione degli ostaggi, ma non aveva ritenuto necessario occuparsi dei dettagli.
Fughe di notizie
Fino alla fine dell’autunno 2008 l’esercito svizzero ha messo a disposizione del Dfae alcuni membri del distaccamento DRA10, in accordo con il ministro della difesa Samuel Schmid, ma quest’ultimo non ha ritenuto opportuno informare il suo successore Ueli Maurer, pensando che le attività da lui in precedenza approvate fossero sospese.
Il ricorso al distaccamento DRA10 non avrebbe sollevato problemi di legalità, secondo la commissione, ma in mancanza di un mandato del governo le operazioni messe in moto dal Dfae hanno oltrepassato le competenze accordate al dipartimento responsabile.
L’organo di sorveglianza parlamentare critica infine il comportamento del governo svizzero per quanto attiene alle fughe di notizie. Secondo il rapporto, infatti, le indiscrezioni sui piani per liberare gli ostaggi possono provenire unicamente da ambienti assai vicini ai dipartimenti coinvolti.
14 raccomandazioni
In conclusione la commissione formula una serie di 14 raccomandazioni al governo affinché simili situazioni non si ripetano più in futuro. In particolare, viene auspicata una regolamentazione più chiara in materia di comunicazione all’interno dell’esecutivo e un modus operandi migliore per quanto concerne eventuali operazioni speciali, determinazioni di limiti e competenze compresi.
Tra le proposte figurano inoltre una definizione più precisa della procedura – leggi persone da informare – in caso di verifiche concernenti l’immunità diplomatica, così come una migliore collaborazione con i cantoni in circostanze eccezionali e l’adozione di misure per evitare le fughe di notizie.
Primi passi già intrapresi
Il governo ha dal canto suo reso noto di aver preso atto del rapporto della commissione della gestione del Consiglio degli Stati. Sempre venerdì, l’esecutivo ha comunicato che si esprimerà in merito alle conclusioni della commissione entro il termine fissato da quest’ultima, ossia la fine di aprile 2011.
L’esecutivo ha aggiunto di essersi già occupato nel corso del 2010 a varie riprese del dossier Libia, così come della questione della collaborazione tra i dipartimenti durante le diverse fasi della crisi.
Già nel primo semestre dell’anno in corso il consiglio federale ha inoltre assegnato numerosi mandati interni volti a ottimizzare l’informazione del collegio in simili circostanze e a riconsiderare la collaborazione interdipartimentale, in particolare nell’ambito della Giunta del Consiglio federale in materia di sicurezza.
Fare tesoro degli errori
Secondo il presidente del Partito popolare democratico Christophe Darbellay, il governo svizzero ha dato prova di «tanta volontà» ma anche di «parecchia ingenuità» nella gestione della crisi libica. A suo parere, è necessario comunque sfruttare quanto accaduto per operare le necessarie riforme.
Pure il deputato socialista Carlo Sommaruga ha evidenziato come la vicenda libica abbia fatto risaltare l’inadeguatezza svizzera di fronte a certi avvenimenti, auspicando una riforma delle istituzioni seguendo le raccomandazioni della commissione e una riflessione sulla concordanza politica in governo.
Toni Brunner – presidente dell’Unione democratica di centro – ha dal canto suo messo l’accento sulla mancanza di direzione chiara in seno al governo durante la crisi, criticando in particolare il superamento delle competenze e chiedendo l’abolizione del distaccamento speciale dell’esercito DRA10. In ogni caso, secondo Brunner il problema non è istituzionale, ma legato alle persone in seno all’esecutivo.
Il presidente del Partito liberale radicale Fulvio Pelli ha fatto presente la necessità urgente di una guida strategica per scongiurare situazioni come quelle descritte nel rapporto. In quest’ottica, ha aggiunto, una presidenza biennale della Confederazione potrebbe risultare positiva.
Nessun partito intende comunque opporsi all’elezione di Micheline Calmy-Rey alla presidenza della Confederazione per il 2011.
La liberazione di Max Göldi è avvenuta in seguito ad importanti sforzi diplomatici da parte dell’Unione europea e alla firma di un documento – definito piano d’azione – in cinque punti.
In particolare, le due parti accettano di creare un tribunale arbitrale con sede a Berlino incaricato di far luce sulle circostanze dell’arresto di Hannibal Gheddafi e di sua moglie Aline.
Il secondo punto riguarda la “pubblicazione illegale” delle foto segnaletiche di Hannibal Gheddafi. La Svizzera si scusa per l’accaduto e il canton Ginevra riconosce la sua responsabilità.
Il documento ricorda pure che le persone all’origine della trasmissione di queste foto alla Tribune de Genève devono essere tradotte davanti alla giustizia. Se sarà identificato un colpevole, la Svizzera dovrà indennizzare Hannibal Gheddafi.
Il 18 giugno a Madrid si è tenuto il primo incontro tra segretari di Stato svizzeri e libici sull’applicazione del piano di azione. La riunione è stata organizzata sotto l’egida della Spagna e della Germania.
Le parti hanno discusso degli eventuali indennizzi che la Svizzera dovrà versare alla Libia qualora non venisse identificato l’autore della fuga delle foto pubblicate dalla Tribune de Genève.
Il 25 giugno 2010, il Dipartimento federale degli affari esteri ha indicato che i giudici saranno la britannica Elizabeth Wilmshurst (per la Svizzera) e l’indiano Sreenivasa Pammaraju Rao (per la Libia). Si tratta degli stessi giudici nominati nell’autunno 2009 in seguito ad un primo accordo, poi sospeso, firmato a Tripoli dall’allora presidente della Confederazione Hans-Rudolf Merz.
Il 29 giugno 2010, la delegazione delle finanze del parlamento svizzero ha approvato un credito di 1,7 milioni di franchi per coprire le spese procedurali e la partecipazione della Confederazione al tribunale arbitrale.
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