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Dei Gripen per sorvegliare i cieli svizzeri?

Keystone

Il recente dirottamento di un aereo civile a Ginevra ha messo in evidenza le lacune dell’aviazione militare svizzera nella sua missione di polizia aerea. Un episodio poco glorioso avvenuto nel mezzo della campagna sull’acquisto dei caccia svedesi Saab Gripen, che però non ha chiuso il dibattito sulla necessità di questa controversa acquisizione.

Nella notte del 16 febbraio scorso, un aereo di linea etiope diretto a Roma è dirottato in pieno volo e fa rotta verso la Svizzera. L’aereo è dapprima scortato da velivoli Eurofighter italiani, poi da Mirage 2000 francesi, che lo accompagnano fino al suo atterraggio all’aeroporto di Ginevra. Le forze aeree svizzere, invece, brillano per la loro assenza. La ragione: i caccia svizzeri non volano al di fuori delle ore di ufficio…

L’incidente, che fortunatamente si è concluso senza drammi, non ha mancato di suscitare sarcasmo, anche al di fuori delle frontiere nazionali. Quest’episodio non ha tuttavia divertito tutti quanti, in particolare Denis Froidevaux, presidente della Società Svizzera degli Ufficiali. «Questa situazione a Ginevra poteva finire male e oso sperare che faccia aprire gli occhi ai responsabili politici», ha detto alla radio svizzera.

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Questo contenuto è stato pubblicato al Il popolo svizzero si esprimerà il 18 maggio 2014 sull’istituzione di un fondo speciale per l’acquisto dei Gripen JAS-39, fabbricati dalla svedese Saab. Il Dipartimento della difesa ha previsto di mettere sul tavolo 3,1 miliardi di franchi nei prossimi dieci anni. I velivoli, tuttora in fase di sviluppo, sostituiranno la vecchia flotta di Tiger F-5 e dovranno…

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E gli F/A-18?

Di fronte alla stampa, il ministro della difesa Ueli Maurer ha attribuito l’incapacità di intervenire 24 ore su 24 a una mancanza di mezzi. Ma il tiro va comunque corretto. Il ministro ha ricordato la decisione presa nel 2010 – in seguito a un’interpellanza parlamentare – di rinforzare i mezzi delle forze aeree, affinché possano essere operative in qualsiasi momento. La protezione aerea dovrebbe diventare permanente entro il 2020, il tempo di reclutare e formare nuovi piloti.

L’aumento di personale e di risorse finanziarie non sarà però sufficiente. Ueli Maurer ha approfittato dell’occasione per ribadire che il previsto acquisto di 22 nuovi aerei da combattimento Saab Gripen è indispensabile per «migliorare in modo duraturo la capacità d’intervento delle forze aeree», anche nel quadro del servizio di polizia aerea. Anche perché i 54 Tiger F-5 dell’esercito saranno definitivamente messi a terra nel 2016.

La Svizzera dispone comunque ancora di una flotta di 32 F/A-18 in perfetto stato. Per gli oppositori al Gripen, questo numero sembra ampiamente sufficiente per svolgere una missione di polizia aerea. Ovvero l’unico compito che deve e dovrà svolgere l’aviazione svizzera. Il rischio che la Svizzera debba un giorno intervenire all’estero, o che venga attaccata da apparecchi militari nemici, è infatti assai ridotto.

«Con i suoi F/A-18, l’esercito già possiede, per le missioni di polizia aerea, un numero di aerei ben superiore a quello di cui dispongono i paesi vicini di simili dimensioni. L’esercito li ha modernizzati di recente con le ultime tecnologie, per diverse centinaia di milioni di franchi. Non c’è bisogno di caccia supplementari per uno spazio aereo già ben protetto», si legge sul sito degli oppositori di sinistra all’acquisto del Gripen. E a destra, il deputato popolare democratico Jacques Neirynck ha dichiarato che «la polizia del cielo è un obiettivo vago, un pretesto per giustificare delle spese ingiustificabili».

Il Gripen è dunque indispensabile o superfluo? Per Alexandre Vautravers, redattore capo della Rivista militare svizzera e professore alla Webster University di Ginevra, il numero di velivoli F/A-18 va relativizzato.

«Certo, abbiamo risorse che sulla carta sembrano importanti», dice a swissinfo.ch. «Ma per le forze aeree, il problema essenziale è quello della durata nel tempo. Appena si ha una grande disponibilità, ovvero aerei pronti a decollare, si utilizza il capitale di aerei siccome la manutenzione riesce a garantire la tecnicità di questi apparecchi. I calcoli sono stati fatti e rifatti e ci si accorge che dopo un dato numero di giorni, questo capitale di 32 aerei fonde come neve al sole. Non si possono garantire missioni 24 ore su 24 per più di tre settimane», osserva l’esperto.

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Un 4×4 invece di una Ferrari

Al di là del numero di aerei necessari, a far discutere è pure la questione del tipo di apparecchio. Tra i sostenitori stessi dell’acquisto di un nuovo caccia, la scelta del Saab Gripen non fa l’unanimità. Molti avrebbero preferito dotarsi del Rafale francese o dell’Eurofighter europeo, dalle prestazioni più elevate.

La maggioranza del parlamento ha ciononostante accettato la decisione del governo di acquistare il Gripen, in particolare per il suo costo meno elevato. Nel corso dei dibattiti, il gruppo liberale radicale ha d’altronde osservato che la Svizzera avrebbe acquistato un aereo che corrisponde ai suoi bisogni, «non una Ferrari, ma un 4×4 veloce».

Un’opinione condivisa dagli esperti di difesa nazionale. «Il Gripen è molto adatto alla polizia aerea siccome si tratta di una missione estremamente semplice dal punto di vista tecnico. L’unico aspetto indispensabile è la velocità. Gripen, Rafale e Eurofighter sono tutti sufficientemente veloci», osserva il francese Jean-Dominique Merchet, giornalista specializzato nelle questioni militari.

«Con il Gripen si superano i bisogni specifici della polizia aerea», afferma Alexandre Vautravers. «L’aereo svedese permette anche di anticipare i bisogni dei prossimi 30-40 anni. Attualmente, ciò che è importante è la precisione degli armamenti e la qualità delle contromisure elettroniche». Anche per un aereo più modesto come il Gripen, aggiunge, è possibile mantenere un livello tecnologico che ne garantisce le prestazioni.

La missione di polizia aerea comprende due tipi di intervento.

Le “live missions” sono missioni di routine. Si tratta semplicemente di controllare gli aeri di Stato stranieri che attraversano la Svizzera con un piano di volo diplomatico. Gli aerei di linea non sono invece controllati, salvo in caso di problema.

Le “hot missions” sono interventi d’emergenza. Lo scopo è di sorvegliare aerei con i quali il controllo a terra non riesce a stabilire un contatto radio o apparecchi che volano in uno spazio vietato o all’altitudine sbagliata.

Le forze aeree svizzere hanno effettuato 10 “hot missions” e 207 “live missions” nel 2012 (rispettivamente 14 e 350 l’anno precedente).

Obbligo di difendere il territorio

Il dirottamento di Ginevra ha evidenziato che la collaborazione internazionale in materia di protezione aerea funziona bene. Gli accordi conclusi dalla Svizzera con i suoi vicini permettono alle loro forze aeree di continuare un’operazione nello spazio aereo elvetico. È sulla base di quest’intesa che le forze aeree francesi hanno potuto scortare il Boeing etiope fino al suo atterraggio a Ginevra.

La collaborazione è pure una realtà nel quadro della protezione dei grandi eventi internazionali o del Forum economico di Davos. L’intervento di aerei stranieri si limita tuttavia all’accompagnamento. È escluso che in caso di problema possano abbattere un aereo su suolo elvetico…

Tenuto conto di quest’esperienza, perché non spingersi oltre e affidare la missione di polizia aerea a paesi vicini? «Effettivamente la Svizzera potrebbe benissimo farlo. Per questo dovrebbe pagare, ma tecnicamente è sicuramente fattibile. D’altronde esistono dei casi in Europa. L’Italia assicura ad esempio questa missione per la Slovenia e la NATO per i paesi baltici», rammenta Jean-Dominique Merchet.

«Nell’Unione europea ci sono sei paesi che non garantiscono loro stessi la propria sicurezza aerea. Se lo possono permettere siccome l’hanno negoziato con i loro partner», aggiunge Jean-Dominique Merchet. «La Svizzera non fa però parte né dell’Ue né della NATO e secondo il diritto internazionale ha l’obbligo di difendere il suo territorio. Inoltre, se ci assicurassimo i servizi di un paese vicino, lo faremmo senza disporre veramente dei mezzi per controllare questo strumento o il modo in cui verrà utilizzato. Dubito che questa possibilità possa ottenere un sostegno politico in Svizzera».

La campagna politica sull’acquisto di 22 aerei Gripen si svolge circa 20 anni dopo un’altra campagna, altrettanto sentita, che aveva preceduto la votazione sull’acquisto di 34 F/A 18.

Nel maggio 1993, il dibattito politico raggiunse il culmine con due avvenimenti importanti al di fuori del parlamento. Nello spazio di otto giorni, gli oppositori di sinistra e i favorevoli all’acquisto organizzarono delle manifestazioni che riunirono oltre 20’000 persone.

Il 6 giugno 1993, il popolo svizzero disse di sì agli F/A 18 (con il 57,2% dei voti). La votazione si svolse soltanto quattro anni dopo quella sull’iniziativa del Gruppo per una Svizzera senza Esercito, che chiedeva la soppressione dell’esercito. A sorpresa, la proposta raccolse quasi il 36% dei consensi.

Questa volta, sostenitori e oppositori del Gripen non intendono organizzare assembramenti di massa. L’acquisto di aerei da combattimento «non è più da tempo una questione di principio, bensì una semplice questione finanziaria», ritiene la deputata socialista Evi Allemann, esperta di temi di difesa e contraria al Gripen.

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

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