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Di quante gallerie ha bisogno il Gottardo?

Il primo capitolo di una lunga storia… Keystone

A 10 anni dalla tragedia del 24 ottobre 2001, la galleria stradale del San Gottardo presenta sostanzialmente le stesse caratteristiche: tanto traffico e una sola canna. Con un interrogativo in più: cosa accadrà durante i lunghi lavori di risanamento?

Dopo aver festeggiato i 30 anni di esistenza nel mese di settembre del 2010, la galleria autostradale del San Gottardo è associata a un’altra ricorrenza, molto meno lieta. Il 24 ottobre del 2001 – in seguito a una collisione tra due veicoli – scoppia un incendio all’interno del tunnel: undici persone perdono la vita, molte altre restano ferite e il passaggio rimane chiuso per diversi mesi.

Dieci anni più tardi, il tunnel è nuovamente al centro delle discussioni politiche e tecniche. Oggetto del contendere, una scadenza che sembra lontana ma in realtà – vista la posta in gioco – è vicina: la galleria autostradale del San Gottardo, lunga 17 km e percorsa finora da circa 160 milioni di automezzi, dovrà essere completamente rinnovata nei prossimi 10-15 anni.

Ciò comporterà una chiusura al traffico di durata variabile – da 2-3 anni consecutivi fino a un massimo di 7 anni con intervalli – a seconda del modello scelto dalla Confederazione. Uno scenario che inquieta soprattutto il Ticino, dove si temono conseguenze pesantissime per l’economia e il turismo, ma anche i Grigioni, preoccupati dal possibile aumento del traffico deviato sull’asse del San Bernardino.

Che fare, allora? Costruire il più presto possibile una seconda galleria stradale per garantire il collegamento durante i lavori oppure – come sostengono i contrari – puntare quasi tutto sul nuovo tunnel ferroviario di base del San Gottardo (la cui apertura è prevista per il 2016), conformemente all’Iniziativa delle Alpi per il trasferimento del traffico pesante dalla gomma alla rotaia?

Promessa dimenticata

L’ingegner Giovanni Lombardi, responsabile della progettazione del tunnel stradale inaugurato nel 1980, tiene a precisare che già negli anni Sessanta-Settanta «il progetto iniziale prevedeva due canne, poiché si trattava della soluzione più sicura». Nel messaggio presentato al parlamento federale, «il governo propose però la costruzione di una sola galleria, ritenendo che il traffico non sarebbe stato eccessivo e aggiungendo che in ogni caso durante i mesi estivi si poteva contare pure sulla strada del passo».

La seconda canna sarebbe stata costruita soltanto se il volume di traffico avesse superato il milione di passaggi all’anno. In realtà, continua Lombardi, «un anno dopo l’inaugurazione il tunnel era già stato percorso da 2,5 milioni di veicoli [oggigiorno sono circa 6]. Ma la promessa è stata dimenticata».

In seguito all’incidente del 2001 sono state introdotte diverse misure per aumentare la sicurezza, ad esempio il sistema del “contagocce” per regolare l’afflusso di camion. Ciononostante, la situazione non risulta sostanzialmente mutata: «È stata rifatta la soletta laddove era crollata e sono stati aggiunti alcuni segnali supplementari. De facto, si è ristabilita la situazione precedente», osserva l’ingegnere.

Giovanni Lombardi sottolinea un altro elemento relativo alla sicurezza: «Non va dimenticato che il San Gottardo resta una delle gallerie stradali più lunghe del mondo, ragion per cui qualche precauzione supplementare sarebbe opportuna».

Chiusura rischiosa

Il professor Rico Maggi, esperto di economia dei trasporti e direttore dell’Istituto ricerche economiche dell’Università della Svizzera italiana, concorda con l’ingegnere Lombardi: «Effettivamente il Gottardo era inizialmente pianificato come elemento di un’autostrada tra il Nord e il Sud dell’Europa. Ciò implicava determinate caratteristiche a livello di sicurezza e capacità, ma poi l’Iniziativa delle Alpi e considerazioni di ordine politico hanno cambiato la situazione».

Secondo Maggi, non riconoscendo la necessità di «completare» il Gottardo si corre inoltre il rischio di creare un pericoloso precedente: «Chiunque potrebbe allora decidere di togliere una seconda galleria in altri punti della rete autostradale elvetica, affermando che vi è troppo traffico e si deve favorire la rotaia».

Per quanto concerne le conseguenze economiche della prospettata chiusura, Maggi afferma: «Certo, non sarebbe la fine del Ticino perché un’economia dinamica si sa adeguare. Ma è innegabile che vi sarebbero effetti dolorosi, anche se non quantificabili ora: il cantone dipende fortemente dal Nord, e in caso di assenza prolungata del collegamento stradale molte aziende potrebbero decidere di riorganizzare la logistica oppure di delocalizzare».

Senza dimenticare che «lo scenario della chiusura non è affatto un problema del solo Ticino: anche le aziende zurighesi e lombarde avrebbero serie difficoltà se raggiungere clienti e fornitori diventasse più caro e difficoltoso».

Quali alternative?

In merito alle possibili alternative alla costruzione di un secondo tunnel, Rico Maggi è scettico: «Pensare di trasferire tutto il traffico stradale sul treno è pura utopia. E proposte quali un sistema di navette oppure mantenere sempre aperto il passo sono semplicemente teoriche».

C’è però chi obietta che non ha senso spendere decine di miliardi a favore delle nuove trasversali ferroviarie, se poi nel contempo si aumenta la capacità di trasporto su strada.

Un argomento che non convince Maggi: «Alptransit non è stata pensata per assorbire praticamente tutto il traffico stradale del Gottardo, bensì per trasferire progressivamente il trasporto merci dalla gomma alla rotaia. Tornare ai livelli degli anni Novanta è comunque impensabile: è già un successo essere riusciti a livellare il rapporto tra questi due sistemi». L’opinione di Lombardi è simile: «Già negli anni Settanta si era detto che bastava una galleria unica. E i risultati si sono visti».

In generale, secondo Maggi, «basta osservare la situazione nel resto dell’Europa: tutte le maggiori gallerie autostradali hanno due canne. Si tratta quindi soltanto di fare ciò che è considerato normale dappertutto. Il secondo tunnel potrebbe essere costruito con l’aiuto di attori privati – come avvenuto per la Manica o per il ponte tra Malmö e Copenaghen – i quali avrebbero in seguito il diritto di far pagare un pedaggio. Ciò significa che la strada non sarebbe automaticamente preferita alla ferrovia».

A proposito dei tempi necessari per costruire un eventuale secondo tubo, Lombardi parla di «7-8 anni, dato che si conosce a perfezione la geologia e sarebbe possibile impiegare delle frese come nella galleria di base. Ma ovviamente tutto dipenderà dalla politica». Politica che dovrebbe decidere in merito al raddoppio nel corso del 2012.

Gli interventi di risanamento necessari alla galleria del Gottardo riguardano il rivestimento del manto stradale, l’impianto di ventilazione, il sistema di smaltimento delle acque e la soletta intermedia.

Dovrà inoltre essere ridotta la distanza tra le aree di sosta, aumentare lo spazio utile riservato al traffico e ampliare le banchine.

L’Ufficio federale delle strade ha presentato a fine 2010 quattro varianti; le prime due sono considerate le migliori dal profilo tecnico.

Variante 1: chiusura totale ininterrotta per 2,5 anni; costo di 650 milioni (lavori), a cui vanno aggiunti circa altri 600 milioni per la gestione del traffico.

Variante 2: chiusura per 280 giorni all’anno (da metà settembre a fine giugno). Durata dei lavori di circa 3,5 anni, costo stimato a 752 milioni (lavori), a cui vanno aggiunti circa altri 670 milioni per la gestione del traffico.

Variante 3: chiusura totale per 5 mesi all’anno (inverno), ripartiti su 7 anni. Costo stimato a 890 milioni (lavori), a cui vanno aggiunti circa altri 557 milioni per la gestione del traffico.

Variante 4: chiusura totale per 7 mesi all’anno (estate), ripartiti su 5 anni. Costo stimato a 810 milioni (lavori), a cui vanno aggiunti circa altri 492 milioni per la gestione del traffico.

Nel mese di settembre del 2011 la ministra dei trasporti Doris Leuthard ha affermato che l’anno prossima sarà presa una decisione politica sulla questione, senza elaborare ulteriori studi sulle conseguenze della chiusura.

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