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“Le imprese che si comportano male saranno punite dai consumatori”

due bambini davanti a una ciminiera da cui esce fumo nero
Questi due bambini lavorano in una fabbrica che produce mattoni nei pressi di Islamabad, in Pakistan. Keystone / Muhammed Muheisen

L'iniziativa 'Per aziende responsabili' è stata respinta domenica in votazione popolare. Ma le multinazionali con sede in Svizzera dovranno comunque rispettare le nuove regole introdotte dal controprogetto. Un'occasione per coinvolgere maggiormente i consumatori, dice l'economista Emmanuel Fragnière.

Le multinazionali con sede in Svizzera non dovranno rispondere delle violazioni dei diritti umani e delle norme ambientali da parte delle aziende da loro controllate all’estero. L’iniziativa popolare ‘Per aziende responsabili’ è stata respinta alle urne. La maggioranza dei Cantoni ha detto ‘no’, sebbene il popolo l’abbia accettata al 50,7%.

La questione non è comunque liquidata. Con il rifiuto dell’iniziativa, entrerà in vigore il controprogetto indirettoCollegamento esterno elaborato dal Parlamento. Anche se meno vincolante, impone nuovi obblighi alle imprese. Le aziende con più di 500 impieghi a tempo pieno o con un fatturato superiore a 40 milioni di franchi dovranno rendere conto ogni anno della loro gestione delle problematiche ambientali, sociali, del personale, della corruzione e dei diritti umani. Questi rapporti dovranno essere pubblici.

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Inoltre, ogni impresa che ha la sua sede o la sua amministrazione principale in Svizzera dovrà osservare la dovuta diligenza nella catena di approvvigionamento dei suoi prodotti, sia che si tratti di minerali provenienti da zone di conflitto o di beni e servizi per i quali vi è il sospetto di lavoro minorile. Anche in questo caso è necessario redigere e pubblicare un rapporto annuale.

I sostenitori dell’iniziativa ‘Per imprese responsabili’ ritengono che il controprogetto sia troppo annacquato, poiché non introduce nuove responsabilità per le aziende svizzere all’estero. Ma per l’economista e professore di gestione del rischio della Scuola universitaria professionale della Svizzera occidentale (HES-SO Vallese) Emmanuel Fragnière, si tratta di uno strumento “molto intelligente”.

swissinfo.ch: Sono molte le imprese svizzere interessate dal controprogetto, in particolare per quanto riguarda l’obbligo di diligenza sui minerali estratti nelle zone di conflitto e il lavoro minorile?

Emmanuel Fragnière: La Svizzera è il centro operativo più importante al mondo nel campo del commercio di materie prime. Anche se non abbiamo né mare né porti, gestiamo tutta la logistica. L’iniziativa respinta domenica avrebbe influito direttamente su questo commercio e lo avrebbe messo in grande difficoltà. Il controprogetto riguarda anche queste aziende poiché introduce nuovi obblighi.

Emmanuel Fragnière
Emmanuel Fragnière è economista e professore di gestione del rischio della Scuola universitaria professionale della Svizzera occidentale (HES-SO Vallese) . In passato ha lavorato come Risk Manager alla multinazionale Cargill. Emmanuel Fragnière

Quali sono i requisiti previsti dal controprogetto?

L’iniziativa chiedeva di elaborare una legislazione e di sanzionare le aziende in caso di mancata osservanza. Il controprogetto mi sembra un buon strumento perché chiede alle aziende di fare un bilancio sociale e ambientale.

Ricordate il film ‘Blood Diamond’, che denunciava il commercio di diamanti in Sierra Leone? Ha avuto un impatto enorme, al punto che tutte le miniere selvagge sono state chiuse. Ma quello che non è noto è che ha causato tragedie umane, perché anche se queste persone lavoravano in modo molto pericoloso e in condizioni deplorevoli, perlomeno avevano una fonte di reddito.

Sì, ci sono bambini nelle miniere, sì, i diritti umani sono violati e questo è inaccettabile. Ma se introduciamo leggi, regolamenti e sanzioni, coloro che ne soffriranno di più sono le persone che vengono sfruttate.

In che modo i rapporti sociali e ambientali che le aziende dovranno redigere contribuiranno a cambiare le cose?

Fungeranno da catalizzatore. Sono dei rapporti, ma sono importanti perché la gente andrà a vedere cosa si fa realmente. Vedo nella mia ricerca che c’è una consapevolezza crescente tra i consumatori, i quali sono in grado di far cambiare le aziende. Si tratta di un fenomeno sociologico fondamentale, una ditta non può più fare affidamento sul ‘greenwashing’.

“Se il consumatore non è disposto a pagare il prezzo reale, è illusorio poter offrire salari decenti nei mercati primari come quelli minerario o agricolo.”

È la prima volta nella storia del capitalismo che assistiamo a un tale cambiamento. Lo vediamo anche con il risultato della votazione popolare a favore dell’iniziativa. In questo senso, credo che il controprogetto sia molto intelligente: dato che la società sta cambiando, saranno i consumatori a punire direttamente le aziende che si comportano male.

Ma va sottolineato che in Svizzera abbiamo anche questo atteggiamento da ‘sinistra al caviale’ che ci spinge a votare ‘sì’ all’iniziativa sui diritti umani, mentre poi approfittiamo del Black Friday per acquistare un portatile a metà prezzo. Il problema non è Glencore, ma il consumatore stesso. Se il consumatore non è disposto a pagare il prezzo reale, è illusorio poter offrire salari decenti nei mercati primari come quelli minerario o agricolo.

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Con questo controprogetto, la legislazione svizzera va oltre quella internazionale?

La Svizzera è più avanti degli altri Paesi. Il risultato della votazione sull’iniziativa dimostra che la responsabilità aziendale è una delle priorità della popolazione. Quindi possiamo andare fino in fondo e posizionarci come leader in questo settore.

Trovo molto interessante che la Svizzera, perché è considerata una “buona democrazia”, stia diventando il Paese in cui si svolgono i dibattiti sulle innovazioni sociali. Insieme alle nostre organizzazioni internazionali, alle ONG e alle multinazionali forniamo al mondo intero un concentrato delle discussioni su queste tematiche.

Come vede l’evoluzione della responsabilità aziendale a livello globale?

Penso che le Nazioni Unite siano il luogo in cui dobbiamo concentrare i nostri sforzi per rendere le aziende più responsabili. Se le regole fossero ben stabilite in tutto il mondo, le multinazionali sarebbero le prime ad agire per migliorare le condizioni di lavoro, perché potrebbero in questo modo guadagnare molto di più. Finché ci saranno bandiere diverse, leggi sovrane distinte e consumatori che vogliono prezzi più bassi, ci sarà del lavoro minorile nelle miniere.

“Spero che ci renderemo conto che il lavoratore che fatica fino allo sfinimento in una miniera è altrettanto importante di quello che sviluppa l’iPhone.”

Con la digitalizzazione e lo sviluppo dell’elettronica, avremo bisogno di sempre più terre rare e rame. La pressione sulle attività minerarie si intensificherà e sarà probabilmente possibile standardizzare meglio i processi di lavoro. Ma la domanda rimane la stessa: come possiamo garantire, anche se la catena di produzione è molto lunga, che le persone che sono alla sua estremità possano vivere decentemente?

Mi viene in mente uno sciopero degli elettricisti in un ospedale 40 anni fa: si sentivano trattati meno favorevolmente dei medici. Eppure, senza elettricità non poteva funzionare nulla. Non appena avremo bisogno di sei volte più rame, spero che ci renderemo conto che il lavoratore che fatica fino allo sfinimento in una miniera è altrettanto importante di quello che sviluppa l’iPhone. È imperativo rivalorizzare le materie prime.

Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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