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Cosa significa la risoluzione ONU sullo Sri Lanka per la Svizzera

President Gotabaya
Un rapporto ONU dice che il governo del presidente Gotabaya Rajapaksa (al centro) ha usato la pandemia di Covid-19 per giustificare "limiti eccessivi e arbitrari" alla libertà di espressione e associazione e che si registra una crescente retorica contro le minoranze tamil e musulmane. Keystone / Chamila Karunarathne

Il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha approvato martedì  una risoluzione che esprime grave preoccupazione per la situazione dei diritti umani nello Sri Lanka e chiede al suo governo di applicare le raccomandazioni. In precedenza un rapporto ha fatto emergere non solo l’impunità di chi ha commesso gravi crimini durante la guerra civile, ma anche il deterioramento della situazione dei diritti umani dopo l'elezione del presidente Gotabaya Rajapaksa nel novembre 2019. La risoluzione è stata sostenuta sostenuta da 22 paesi, tra cui la Svizzera, sede di un'importante diaspora proveniente dallo Sri Lanka.

Questo influenzerà la politica d’asilo svizzera e avrà qualche effetto sulla situazione nello Sri Lanka?

La guerra civile nello Sri Lanka ha visto un governo favorevole alla maggioranza cingalese combattere contro le Tigri per la liberazione del Tamil Eelam (LTTE), fautrici di una patria indipendente per la minoranza tamil nel nord e nell’est del paese.

La guerra è durata circa 25 anni e gravi abusi, tra cui probabilmente crimini di guerra e contro l’umanità, sono stati commessi da entrambe le parti. Le LTTE hanno utilizzato attentatori suicidi e bambini-soldato. In risposta, le tattiche del governo, specialmente nelle fasi finali della guerra, sono state spietate. Decine di migliaia di civili tamil sono stati uccisi. L’attuale presidente Gotabaya Rajapaksa, che all’epoca era capo della difesa, è considerato da molti il responsabile dell’attacco finale che ha messo fine nel 2009 alla guerra civile.

Da allora, i governi che si sono succeduti hanno promesso di fare giustizia e il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite ha concesso loro del tempo. Il precedente governo di Maithripala Sirisena, eletto nel 2015, ha sostenuto una risoluzione del Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite contenente un percorso di giustizia transitoria.

La risoluzione ha avuto tuttavia poco seguito. L’attuale governo se ne è ritirato, promettendo di condurre un proprio processo. Kannanathan Rajgana, membro della diaspora tamil svizzera e presidente dell’ONG International Humanitarian Approach, che fa pressione in sede ONU sulle questioni dei diritti umani, afferma però che il governo dello Sri Lanka sta solo cercando di guadagnare tempo, per poter rimuovere le prove dei crimini.

Possibilità di ulteriori abusi

In un rapporto presentato al Consiglio dei diritti umani di Ginevra il 24 febbraio, l’Alto commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati  (UNHCR) Michelle Bachelet ha sostenuto che “le iniziative nazionali hanno ripetutamente fallito nel garantire la giustizia alle vittime e nel promuovere la riconciliazione”.

Bachelet ha aggiunto: “I sistemi, le strutture, le politiche e il personale all’origine in passato di tali gravi violazioni continuano a sussistere e sono stati recentemente rafforzati”. L’Alto commissario afferma che le persone implicate in gravi violazioni dei diritti umani sono ancora in posizioni di potere e c’è una crescente militarizzazione della sfera civile. “Le minoranze tamil e musulmane sono escluse dalla retorica divisiva e discriminatoria, anche da parte dei più alti funzionari dello Stato”, ha detto.

Bachelet ha concluso chiedendo al Consiglio dei diritti umani di “esplorare nuovi modi per perseguire reati a livello internazionale”, tra cui un possibile rinvio alla Corte penale internazionale (CPI), procedimenti giudiziari contro singoli individui in altri Stati membri dell’ONU secondo il principio della giurisdizione universale, e “misure finalizzate al raccoglimento e alla conservazione di prove e informazioni per futuri processi penali”. Il Consiglio ha ora dato un mandato e le risorse necessarie all’UNHCR per agire in tal senso.

I tamil svizzeri hanno in buona parte apprezzato il rapporto. Secondo Rajgana, presidente della ONG International Humanitarian Approach, “rispetto al rapporto precedente (all’attenzione del Consiglio dei diritti umani) ha un tono di condanna più marcato”.

Rajgana apprezza il fatto che menzioni specificamente i tamil e i musulmani come bersaglio del governo dello Sri Lanka, ma si rammarica del fatto che non fissi scadenze per i miglioramenti da apportare in materia di diritti umani.

Il lobbysta per i diritti umani ritiene che la risoluzione avrebbe potuto essere più forte. “Molti membri della diaspora tamil pensano sia necessaria un’indagine penale, che si concentri soprattutto su ciò che è successo nel 2009”, dice.

Preoccupazioni della Svizzera

Anche la Svizzera si è espressa in seno al Consiglio dei diritti umani, dicendo di essere ancora “profondamente preoccupata per questa impunità di fronte ai crimini internazionali e alle gravi violazioni dei diritti umani che si sospetta siano stati commessi più di dieci anni fa”.

Lo Sri Lanka continua a “negare il passato”, afferma Berna, che invita il governo del paese asiatico ad attuare le raccomandazioni del rapporto di Michelle Bachelet. “Allo stesso tempo, incoraggia il Consiglio dei diritti umani a fare nuovi passi a favore delle vittime e della giustizia nello Sri Lanka”, si legge nel comunicatoCollegamento esterno svizzero.

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Revisione della politica d’asilo?

Cosa significa tutto per la futura politica d’asilo della Svizzera? Il rapporto Bachelet raccomanda ai paesi di “rivedere le misure di asilo nei confronti dei cittadini dello Sri Lanka, per proteggere coloro che subiscono rappresaglie ed evitare qualsiasi respingimento nei casi che presentano un rischio reale di tortura o di altre gravi violazioni dei diritti umani”.

Ci sono più di 50’000 persone di origine srilankese in Svizzera, molte giunte nel paese a causa della guerra civile durata 25 anni, altre arrivate negli ultimi anni. Questo gruppo rappresenta la più grande comunità diasporica extraeuropea in Svizzera. La maggior parte di queste persone sono di etnia tamil e molte hanno ottenuto la cittadinanza svizzera.

L’Organizzazione svizzera di aiuto ai rifugiati (OSAR) ha chiesto in febbraio al governo svizzero di riesaminare la sua politica sui richiedenti asilo dello Sri Lanka alla luce del rapporto della Bachelet. “A nostro avviso, la Segreteria di Stato della migrazione deve analizzare attentamente il deterioramento della situazione nel paese e adattare di conseguenza la politica d’asilo svizzera”, afferma l’OSAR in un comunicatoCollegamento esterno. “Nel frattempo, non ci dovrebbero essere espulsioni”.

L’OSAR ha anche chiesto di sospendere l’accordo migratorio tra la Svizzera e lo Sri Lanka “finché non sarà chiaro che esistono le condizioni per un tale partenariato”. Questo accordo del 2016 prevede, tra l’altro, il rimpatrio degli abitanti dello Sri Lanka che non soddisfano più le condizioni per continuare a risiedere in Svizzera.

“Nessun piano”

Adrian Schuster, esperto dello Sri Lanka presso l’OSAR, afferma che la politica d’asilo svizzera nei confronti di questo paese si è evoluta nel corso degli anni. Le espulsioni sono state temporaneamente sospese nel 2013, dopo che era stato riferito che due cittadini dello Sri Lanka, rimandati indietro dalla Svizzera, erano stati detenuti e torturati.

L’esperto afferma che la politica è cambiata nel 2014 quando è diventato più facile per i cittadini dello Sri Lanka ottenere l’asilo. Nel 2016 (dopo l’elezione di Sirisena) è cambiata di nuovo ed ottenere asilo è diventato più difficile. Ma ora l’OSAR chiede una rivalutazione di questa politica dopo l’elezione del presidente Gotabaya Rajapaksa nel novembre 2019. “Pensiamo che sia giunto il momento di effettuare nuove analisi che portino a una nuova politica”, afferma Schuster.

Interpellata sull’attuale politica del governo svizzero, la Segreteria di Stato della migrazione (SEM) afferma che attualmente non c’è motivo di supporre che interi gruppi etnici siano a rischio.

“Pertanto, la prassi di rimpatrio dei cittadini dello Sri Lanka, che non rispondono ai criteri di residenza in Svizzera, non è cambiata; la SEM continua a esaminare ogni singolo caso con attenzione e precisione. A causa della pandemia di Covid-19, i rimpatri sono posticipati, ma una sospensione generale non è attualmente prevista.”

Quindi, nonostante le preoccupazioni espresse dalla Svizzera al Consiglio dei diritti umani dell’ONU, la sua politica d’asilo nei confronti delle persone provenienti dallo Sri Lanka per il momento non cambia. I tamil in Svizzera continueranno senza dubbio a fare pressione insieme alle organizzazioni per i diritti umani.

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