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Fuggifuggi dal Venezuela

due persone saccheggiano una macelleria
Una macelleria nella città di Turmero, 28 giugno 2017. In seguito a manifestazioni antigovernative, decine di negozi sono stati saccheggiati. Keystone

La situazione nella Repubblica Bolivariana del Venezuela è sempre più precaria e un numero crescente di abitanti fugge dal paese latinoamericano, hanno denunciato numerosi oratori durante una conferenza sui diritti umani e la democrazia tenutasi questa settimana a Ginevra. Maria-Alejandra Aristeguieta Alvarez, rappresentante dell’opposizione in Svizzera, esorta Berna a fare di più.

Quella in corso in Venezuela è una tragedia quasi silenziosa. La crisi politica, sociale e sanitaria nel ricco produttore di petrolio – tra le peggiori crisi dei diritti umani della storia recente del paese, secondo il rapporto annualeCollegamento esterno di Amnesty International pubblicato giovedì – sta spingendo alla fuga decine di migliaia di abitanti. Secondo l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (UNHCRCollegamento esterno), dal 2016 sono state depositate oltre 80’000 domande di asilo. Eppure, la crisi appare solo raramente sulle prime pagine ed è messa in secondo piano dalla maggior parte dei governi occidentali.

Presente al Geneva Summit for Human Rights and DemocracyCollegamento esterno, organizzato dall’associazione UN Watch, Maria-Alejandra Aristeguieta Alvarez è coordinatrice dell’Iniciativa Por Venezuela e rappresentante della piattaforma dell’opposizione (MUD).

swissinfo.ch: Il Venezuela non è più in primo piano nei media. Qual è la situazione sul posto?

Maria-Alejandra Aristeguieta Alvarez: Nel corso degli ultimi due anni molte persone hanno attraversato la frontiera per rifornirsi di cibo e di medicamenti in Colombia, per poi tornare in Venezuela. La situazione si è aggravata e ora sempre più persone abbandonano il paese lasciandosi tutto alle spalle, come dei rifugiati di guerra. Purtroppo, qui in Europa, il Venezuela non fa più notizia.

«Chi è rimasto continua a vivere a casa propria, ma i frigoriferi sono vuoti»

Perché la crisi continua ad aggravarsi?

Perché le cause della crisi sono sempre presenti: il malgoverno, la cattiva gestione dell’economia e una corruzione che ha svuotato le casse dello Stato.

È quindi estremamente difficile creare degli impieghi. L’inflazione, che nel 2017 era già del 2’400%Collegamento esterno, è alle stelle. I salari non consentono nemmeno di acquistare dei pannolini, che per altro non si trovano comunque più. La precarietà continua ad aumentare, mentre la crisi si diversifica. Non è soltanto politica, ma pure economica, sociale e sanitaria.

La spaccatura sociale è profonda. Mentre una ristretta cerchia legata al governo si è considerevolmente arricchita, la classe media è scomparsa. Chi è rimasto continua a vivere a casa propria, ma i frigoriferi sono vuoti. Si tratta di una povertà nascosta, ma ben reale. Anche gli abitanti più poveri iniziano a fuggire dal paese. In passato la gente scappava dalla violenza e dalla criminalità per offrire un futuro migliore ai propri figli. Ora i più poveri tentano semplicemente di sopravvivere attraversando le frontiere. Si ritrovano così in situazioni precarie, ma pur sempre migliori rispetto a quelle in Venezuela, uno Stato fallito.

Questi rifugiati approdano non solo in Colombia e in Brasile, ma anche sulle isole vicine alla costa venezuelana, in particolare Curaçao, nazione costitutiva del Regno dei Paesi Bassi. Raggiunte le isole, i venezuelani sono spesso maltrattati e rispediti nel loro paese. Eppure, i Paesi Bassi hanno firmato i trattati internazionali sui rifugiati.

C’è una presa di coscienza degli Stati di fronte all’ampiezza di questa crisi?

Il risveglio dei governi è tardivo. Si manifesta soprattutto attraverso dei discorsi, non mediante azioni. L’eccezione è Luiz Almagro, il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani [tra gli oratori del vertice di Ginevra, ndr], che per noi è il campione della difesa dei diritti dei venezuelani. La maggior parte dei paesi rimane prudente, nell’attesa di un risultato nel dialogo tra l’opposizione e il governo di Nicolas Maduro [candidato all’elezione presidenziale di aprile]. Questo regime sta però diventando una dittatura e non ha alcuna intenzione di abbandonare il potere. Non fa altro che guadagnare tempo, a spese della popolazione.

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Ci aspettiamo delle denunce più decise del regime, come ha appena fatto il presidente del Perù Pedro Pablo Kuczynski, che ha comunicato al suo omologo venezuelano di non essere il benvenuto al prossimo Vertice delle Americhe [a metà aprile a Lima]. Ci vogliono però anche delle sanzioni individuali. Sappiamo ad esempio che a Panama o in Colombia, un certo numero di espatriati venezuelani vicini al governo ha iniziato a fare affari e ha acquistato delle proprietà. Con quali soldi?

I paesi, Svizzera compresa, devono riconoscere che del denaro sporco proveniente dalla corruzione, dall’estorsione o dal traffico di droga finisce nelle loro banche. Sospettiamo ad esempio che dei politici e dei membri del governo abbiano depositato del denaro in Svizzera. Vorremmo che questi conti fossero perlomeno esaminati da vicino per accertare che non si tratti di denaro sporco.

È a conoscenza di casi precisi?

Tramite Luisa Ortega [l’ex procuratrice del Venezuela rimossa dal suo incarico], che di recente è stata in Svizzera, sappiamo che alcuni venezuelani legati allo scandalo dell’azienda brasiliana di costruzioni e lavori pubblici Odebrecht possiedono dei conti in Svizzera.

Siete intervenuti presso le autorità elvetiche?

Ci concentriamo sulle organizzazioni internazionali con sede a Ginevra, in particolare l’Alto commissariato per i diritti umani, che ci sostiene. A Berna abbiamo parlato con dei parlamentari e con il Dipartimento federale degli affari esteri. Rimangono però prudenti.

Troviamo sostegno tra i parlamentari europei, canadesi o latinoamericani, ma non in Svizzera. Il Venezuela non è ovviamente più un paese importante per la Svizzera, malgrado diverse grandi aziende elvetiche vi fossero bene installate.

Ci chiediamo se questo disinteresse in Svizzera sia motivato da ragioni economiche o ideologiche, in particolare da parte del partito socialista, dove alcuni dei suoi rappresentanti di spicco ripetono da anni lo stesso discorso filo-chavista.

Riciclaggio di denaro sporco in Svizzera?

L’Autorità federale di vigilanza sui mercati finanziari (FINMA) sta indagando su diverse banche elvetiche per verificare il rispetto delle regole antiriciclaggio di denaro, anche nel quadro della vicenda PDVSA, il gruppo petrolifero di Stato venezuelano. L’organo di vigilanza «esamina in quale misura sono implicati degli istituti elvetici e come sono state applicate le diposizioni del diritto della vigilanza», ha indicato un portavoce all’Agenzia telegrafica svizzera.

Una riposta che fa seguito alle rivelazioni del quotidiano svizzero Tages-Anzeiger, secondo cui due uomini d’affari avrebbero trasferito su un conto bancario svizzero 27 milioni di dollari di bustarelle destinati ad ex funzionari venezuelani. Questo elemento è contenuto in un atto d’accusa americano emesso nei confronti di cinque ex responsabili governativi venezuelani.

I procuratori americani a Houston sospettano che il gruppo sia coinvolto in un riciclaggio di denaro. Stando all’atto di accusa, 27 milioni di dollari sarebbero stati ridistribuiti dal conto svizzero verso altri conti bancari locali.

Traduzione dal francese di Luigi Jorio

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