“Il ‘lusso’ che la Svizzera concede ai suoi cittadini all’estero è unico”
Le schede elettorali e il materiale informativo destinati agli svizzeri all'estero giungono spesso in ritardo. La mancata rielezione di Filippo Lombardi pone i tribunali svizzeri di fronte alla questione di quanto dovrebbe fare lo Stato per garantire il diritto di voto dei cittadini che non risiedono in patria. Secondo esperti di diritto pubblico, quanto sancito dalla legge non è realizzabile.
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Nella bufera il ballottaggio che ha scalzato Lombardi
Alle recenti elezioni in Ticino per il Consiglio degli Stati, la Camera dei Cantoni, la socialista Marina Carobbio si è imposta sul popolare democratico Filippo Lombardi per soli 46 voti di differenza. Numerosi svizzeri all’estero si sono lamentati – anche a swissinfo.ch – di aver ricevuto il materiale elettorale in ritardo.
Se i voti della Quinta Svizzera fossero arrivati in tempo utile, Lombardi sarebbe stato (ri)eletto al posto di Carobbio? Lombardi è vicepresidente dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSECollegamento esterno) e si impegna a sostenere le richieste degli espatriati elvetici.
Gianluca Padlina, avvocato ticinese e politico popolare democratico, ha così deciso di fare chiarezza sul risultato alle urne, presentando un ricorso presso il Tribunale amministrativo cantonale e il Tribunale federale. Padlina chiede l’annullamento e la ripetizione del voto. La motivazione: alcuni comuni avrebbero tardato a inviare le schede o le avrebbero spedite come corrispondenza non prioritaria, sebbene la legge ticineseCollegamento esterno preveda esplicitamente che nel caso di un ballottaggio il materiale di voto dev’essere recapitato dieci giorni prima del voto.
Di chi è la colpa?
Il fatto che la legge ticinese, così come quella federaleCollegamento esterno, fissi un termine entro cui il materiale elettorale deve pervenire agli aventi diritto, è problematico. Lo Stato non ha alcun controllo sul recapito postale, tanto meno all’estero.
“Per quanto concerne i servizi postali, le autorità svizzere non sono responsabili di ciò che succede all’estero”, spiega Pierre Tschannen, professore emerito di diritto ed esperto di questioni relative al diritto di voto. Secondo la giurisprudenza, il fatto che un invio arrivi in ritardo pur essendo stato spedito in tempo rappresenta un rischio che gli svizzeri all’estero devono correre.
Diritto di voto per gli svizzeri all’estero
Esiste dal 1977 e il voto per corrispondenza è consentito solo dal 1992. In precedenza, gli svizzeri all’estero dovevano recarsi in patria per votare.
Ma che cosa succede nel caso in cui – come in Ticino – le autorità lasciano in giro inutilmente delle buste elettorali oppure le affrancano come ‘Economy’ per risparmiare, ciò che per la Posta Svizzera implica un tempo di spedizione fino a 25 giorni a dipendenza dei Paesi? “Non so che cosa succede per i ritardi che si verificano in Svizzera. Di fronte a uno scarto minimo, le cose potrebbero in effetti essere diverse”, afferma Tschannen. Il caso di Lombardi potrebbe dunque creare un precedente.
A seguire con interesse l’esito della controversia giudiziaria in Ticino è anche Andreas Glaser, professore di diritto all’Università di Zurigo e co-direttore del Centro per la democrazia di Aarau. “Nella maggior parte dei casi, i voti sono talmente pochi che non incidono sul risultato. Nella fattispecie, però, i voti giunti in ritardo potrebbero essere rilevanti”, afferma. Le buste elettorali giunte dall’estero in ritardo sono state 200.
I comuni dovrebbero spedire le buste in via prioritaria
Il governo ticinese ha ordinato ai comuni di conservare le buste con le schede di voto giunte dall’estero in ritardo. Tener conto di questi invii in un secondo tempo è tuttavia problematico, sostiene Andreas Glaser.
Per Pierre Tschannen, “il problema può essere risolto soltanto con l’e-voting. È però risaputo che il voto elettronico solleva obiezioni”. “È stato detto che il problema si sarebbe risolto grazie all’e-voting”, rammenta anche Glaser. Tuttavia, questa modalità di voto è stata sospesa in tutta la Svizzera alle ultime elezioni federali per motivi di sicurezza.
Per Glaser, la situazione attuale è insoddisfacente. Da un lato, il diritto di voto degli svizzeri all’estero è sancito dalla Costituzione federale. Dall’altro, esso non può sempre essere esercitato a causa di ostacoli pratici. “Non c’è alcuna soluzione al problema”, ritiene il professore.
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A suo parere, il legislatore deve decidere cosa deve accadere in casi come quello ticinese e stabilire sei i voti vanno contati retroattivamente o stracciati. “I Cantoni dovrebbero elaborare delle leggi e incaricare i comuni di inviare le schede e il materiale di voto per posta A [prioritaria]”.
Obbligare i comuni di spedire il materiale con un certo anticipo è al contrario difficile. Anche il Tribunale federale ha stabilito che i termini non possono essere fissati altrimenti, per motivi di fatto. “C’è un conflitto di obiettivi: il secondo turno di un’elezione al Consiglio degli Stati deve avvenire il prima possibile, così che i deputati eletti possano partecipare alla sessione”, spiega Andreas Glaser. “Agli occhi degli svizzeri all’estero, invece, deve avvenire il più tardi possibile, in modo che la scheda venga spedita loro e rinviata in Svizzera a tempo debito”.
Il diritto di voto degli svizzeri all’estero è scolpito nella pietra?
La Svizzera è davvero tenuta a garantire ai suoi cittadini all’estero il diritto di voto e di elezione? “Non c’è alcun obbligo internazionale di garantire il diritto di votare in patria ai cittadini che risiedono all’estero”, osserva Tschannen. “La Costituzione federale obbliga tuttavia la Confederazione a regolamentare i diritti e i doveri degli svizzeri all’estero, in particolare per quanto riguarda i diritti politici”.
Dalla Costituzione federale consegue quindi implicitamente che gli svizzeri all’estero hanno il diritto di voto e di eleggibilità a livello federale. Un diritto sancito anche dalla Legge sugli svizzeri all’esteroCollegamento esterno, la quale stipula che “il voto può essere espresso deponendo personalmente la scheda nell’urna o per corrispondenza o, purché siano soddisfatte le condizioni previste, per via elettronica”.
Il peso politico degli svizzeri all’estero
In termini numerici, gli svizzeri all’estero hanno un’importanza considerevole: circa l’11% dei cittadini svizzeri vive al di fuori della Confederazione. Di questi, solo circa il 3% è iscritto presso un registro elettorale e può quindi partecipare a votazioni ed elezioni. Le schede degli svizzeri all’estero possono risultare decisive quando lo scarto tra i voti è minimo.
“Con il diritto di voto e di elezione senza restrizioni, la Svizzera si concede un lusso a favore dei cittadini che risiedono all’estero”, dice Glaser. Un lusso che incontra però ostacoli pratici. Secondo il professore, la situazione in Svizzera è particolarmente complicata, non solo per le numerose votazioni, ma anche per il secondo turno di elezioni. “Poiché la Svizzera è così generosa in termini di diritti di voto, non deve fingere di essere un modello per i suoi cittadini che vivono all’estero, ma deve garantire il diritto di voto”, sostiene Glaser. “Ma d’altra parte, stiamo raggiungendo i limiti della fattibilità”.
Non è chiaro in che misura la Svizzera debba impegnarsi a garantire che gli svizzeri all’estero possano effettivamente esercitare il loro diritto di voto. Tocca al legislatore o ai tribunali stabilirlo.
“C’è un chiaro scoraggiamento tra i membri della Quinta Svizzera”, constata Ariane Rustichelli, direttrice dell’OSE. Senza il voto elettronico, la partecipazione al voto degli svizzeri all’estero diminuisce.
“In un certo senso, posso capire la delusione degli svizzeri all’estero, ma non bisogna diventare presuntuosi e occorre guardare ciò che succede negli altri paesi”, reagisce Glaser. “Il ‘lusso’ che la Svizzera concede ai suoi cittadini all’estero è unico”.
A ogni paese il suo diritto di voto
Il diritto di voto concesso agli svizzeri all’estero non è una cosa scontata. Non tutti i paesi permettono ai loro cittadini all’estero di avere voce in capitolo. Albania, Cipro e Malta, ad esempio, non concedono alcun diritto di voto a chi non risiede in patria. I cittadini di Danimarca, Finlandia, Francia, Ungheria, Polonia e Russia possono votare nelle ambasciate o nei consolati.
Alcuni paesi concedono il diritto di voto soltanto durante un certo periodo di tempo dopo l’emigrazione. Il Regno Unito accorda ad esempio 15 anni, la Germania 25. Altri Paesi limitano invece il diritto di voto ai cittadini che si trovano all’estero solo temporaneamente (Bosnia ed Erzegovina, Danimarca, Ungheria, Liechtenstein e Macedonia).
Croazia, Francia, Italia e Portogallo hanno circoscrizioni estere, in modo che i loro cittadini residenti all’estero possano eleggere i propri rappresentanti al parlamento nazionale.
“Ho una visione critica del diritto di voto degli svizzeri all’estero e non sono l’unico” Pierre Tschannen, professore di diritto
Critica al diritto di voto degli svizzeri all’estero
“Ho una visione critica del diritto di voto degli svizzeri all’estero e non sono l’unico”, afferma Pierre Tschannen. La politica si guarda bene dal non cambiare nulla, dal momento che i diritti politici degli svizzeri all’estero sono un tema tabù. “Ciononostante, il diritto di voto degli svizzeri all’estero è contrario al principio fondamentale della democrazia, secondo cui solo chi è direttamente interessato dalle decisioni di una collettività può partecipare a elezioni e votazioni in seno a quella collettività”.
Spesso, gli svizzeri all’estero non sono direttamente toccati dalle decisioni politiche in Svizzera (ad eccezione delle decisioni con effetti esterni diretti, ad esempio l’abrogazione della libera circolazione delle persone). In particolare, gli svizzeri all’estero non pagano le tasse in Svizzera e vengono arruolati nell’esercito svizzero solo in caso di mobilitazione.
Pierre Tschannen è irritato dal fatto che gli svizzeri all’estero abbiano voce in capitolo nelle decisioni su leggi che molto probabilmente non li concerneranno per il resto della loro vita. Trova inoltre strano che i cittadini con la doppia cittadinanza possano votare in due luoghi e quindi avere un doppio diritto di voto.
Riassumendo: “È difficile giustificare il diritto di voto degli svizzeri all’estero in termini di diritto pubblico e di ordinamento democratico”, conclude Tschannen.
Traduzione dal tedesco: Luigi Jorio
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