Diritto nazionale e internazionale: una contrapposizione artificiosa?
«Il diritto svizzero, legittimato democraticamente, deve prevalere sul diritto internazionale», chiede l’Unione democratica di centro (UDC). Poiché la Costituzione dà però la precedenza al diritto internazionale, l’UDC minaccia di lanciare un’iniziativa popolare. Secondo gli esperti di diritti umani, la contrapposizione è artificiosa.
In concreto al centro dell’attenzione c’è soprattutto la Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che la Svizzera ha ratificato 40 anni fa. Di recente l’UDC, con vari interventi, ha cercato di mettere in discussione la precedenza della CEDE sul diritto nazionale.
Governo, giudici e professori di diritto costituzionale e internazionale avrebbero contribuito massicciamente negli ultimi anni – questa la tesi dell’UDC – a far prevalere il diritto internazionale su quello nazionale. «Le iniziative popolari non sono più applicate. L’ordinamento democratico dello Stato è sempre più scardinato», accusa il presidente del maggiore partito svizzero.
A differenza del diritto internazionale, quello nazionale sarebbe legittimato democraticamente. Questo è, secondo l’UDC, il motivo della sua azione contro la «crescente sostituzione del diritto svizzero con diritto straniero».
«La CEDU non è diritto straniero, ma anche diritto svizzero», risponde Alex Sutter dell’organizzazione per i diritti umani Humanrights.chCollegamento esterno. «La Svizzera ha ratificato la CEDU, questa è ora parte del sistema giuridico svizzero». La contrapposizione tra diritto svizzero e diritto internazionale sventolata dall’UDC sarebbe un artificio creato per motivi politici. «In questo campo l’UDC vede la possibilità di ottenere il sostegno di quelle persone che di tutto questo non hanno alcuna idea», afferma Sutter.
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Cos’è il diritto internazionale cogente?
«Constatiamo un ampliamento strisciante del diritto internazionaleCollegamento esterno cogente», sostiene Brunner. Si riferisce alla decisione del governo federale e del parlamento di dichiarare parzialmente invalida la cosiddetta «iniziativa per l’attuazione». Con questa iniziativa popolare l’UDC pretende l’applicazione rigida della sua iniziativa per l’espulsione degli stranieri criminali, approvata dall’elettorato svizzero nel 2010.
Con l’iniziativa di attuazione, l’UDC vuole che nella Costituzione federale siano elencati i delitti per i quali gli stranieri dovrebbero essere automaticamente espulsi dalla Svizzera, sempre che non siano violate norme cogenti del diritto internazionale. Ma l’iniziativa non si limita a questo: definisce anche in modo definitivo quali norme debbano essere ritenute cogenti: il divieto della tortura, il genocidio, la guerra d’aggressione, la schiavitù, il divieto di espulsione verso uno Stato in cui c’è il rischio di tortura o pena di morte.
«Vogliamo avere chiarezza sul diritto internazionale cogente», dice Toni Brunner. «È strano che il Consiglio federale dica che il diritto internazionale cogente non possa essere definito in base al suo scopo originario»
Secondo la consigliera federale Simonetta Sommaruga, il diritto internazionale cogente riguarda i diritti fondamentali universali. La comunità internazionale si è accordata su di essi e non possono essere definiti o limitati da un singolo Stato. Con questo argomento la ministra della giustizia aveva motivato in novembre la sua richiesta al Consiglio federale di dichiarare parzialmente invalida l’iniziativa di attuazione.
Il governo ha anche elencato ciò che a suo avviso va considerato parte del diritto internazionale cogente. «È un elenco più differenziato e più ampio di quello che l’UDC vorrebbe fissare», afferma l’esperto di diritti umani Alex Sutter.
«Criminali protetti»
L’UDC non condivide gli argomenti del Consiglio federale: «Constatiamo sempre più spesso che si deducono norme cogenti di diritto internazionale dalla giurisprudenza della Corte europea per i diritti dell’uomo». Anche il Tribunale federale di Losanna si farebbe influenzare, talvolta preventivamente, dalla possibile revisione di una sentenza da parte della corte di Strasburgo.
«Prendiamo atto di sentenze che disattendono revisioni della costituzione riferendosi a norme del diritto internazionale. Stranieri condannati per numerosi delitti sono stati protetti dall’espulsione con la scusa del ricongiungimento familiare e hanno ottenuto anche un risarcimento», si indigna Brunner.
La sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo dell’aprile 2013 sul caso del cittadino nigeriano K. U. è continuamente citata dall’UDC. La biografia di K. U.Collegamento esterno e l’elenco dei suoi delitti sono pubblici. «Sul grado di criminalità di questa persona non mi esprimo, perché sarebbe un’interpretazione puramente soggettiva», dice Alex Sutter. Il caso riguarda l’articolo 8 della CEDU, che sancisce «il diritto al rispetto della vita privata e familiare», quindi il diritto di avere una vita di famiglia con i propri bambini.
A. U. è espulso
La Svizzera potrà espellere il cittadino kosovaro A. U., colpevole di gravi delitti. Il 24 giugno 2014 la Corte europea per i diritti dell’uomo ha confermato all’unanimità l’espulsione. Secondo la corte non ci sono le premesse per parlare di una violazione illecita del diritto alla vita privata e familiare.
A. U. è fuggito in Svizzera nel 1998 insieme alla madre e ai suoi fratelli e sorelle. In seguito a numerose condanne comminate dal tribunale per i minori, A. U. era stato avvertito del rischio di espulsione.
Nel 2005 è stato condannato a due anni e mezzo di detenzione per vari furti, furti con scasso e danneggiamenti di proprietà. Durante la detenzione ha sposato una cittadina svizzera.
Dopo l’approvazione dell’iniziativa popolare per l’espulsione di stranieri criminali da parte nel 2010, le autorità svizzere hanno espulso A. U. dal paese. Il Tribunale federale ha respinto il ricorso di A. U., mettendone in rilievo l’energia criminale, il potenziale di violenza e la carente integrazione.
(Fonte: Corte europea dei diritti dell’uomo)
Ponderazione di interessi contrastanti
«In questi casi i tribunali – anche il Tribunale federale – procedono a una ponderazione tra l’interesse pubblico di un paese a espellere una persona e l’interesse della sua famiglia», spiega Sutter. Questa ponderazione può essere in certi casi molto complessa, perché entrano in gioco molti fattori: situazione biografica, durata del soggiorno, integrazione sociale, prognosi e in particolare il rapporto con i suoi figli. «In primo piano c’è il diritto dei bambini», sottolinea Sutter.
Il presidente dell’UDC Brunner sostiene però che questo permette altri abusi. «Conosco un caso avvenuto nel canton Turgovia o Basilea-Campagna, dove un condannato ha messo in fretta incinta una donna. Quando c’è un bambino in arrivo, il reo è protetto e può restare in Svizzera per il ricongiungimento familiare. Non può essere espulso», afferma Brunner.
«I bambini non evitano l’espulsione»
«Questa è una favola», controbatte Alex Sutter. Tutti i tribunali si occupano di casi individuali. Il fatto che ci sia un figlio non vuole ancora dire che il padre possa rimanere nel paese. «Ci sono molti esempi di persone espulse nonostante ci siano dei bambini, persino con il benestare della Corte europea per i diritti dell’uomo. I bambini sono un fattore importante, ma non c’è nessun automatismo».
Negli ultimi 40 anni, da quando la Svizzera fa parte della CEDU, nell’ambito del diritto alla vita privata e familiare solo in 27 casi Strasburgo ha criticato sentenze svizzere, una media di 0,675 sentenze l’anno.
traduzione dal tedesco di Andrea Tognina
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