Dopo Napolitano, l’Italia dovrà cercarsi un nuovo arbitro
All'indomani delle dimissioni di Giorgio Napolitano, la stampa svizzera rende omaggio a un capo di Stato che ha «difeso la centralità delle istituzioni, minate da scandali e populismo», ma solleva anche qualche dubbio sui super poteri del presidente. La grande incognita resta ora la successione e i rischi per l’Italia di sprofondare in una crisi politica e istituzionale.
«Se Giorgio Napolitano è stato o no un buon presidente della Repubblica, abbiate pazienza, non saprei dire, scrive l’editorialista de La Regione Ticino. È stato un capo dello Stato conservatore, senza dubbio. Non che questa sia per definizione una voce negativa; e neppure dovrebbe stupire: da autentico ex comunista costituzionale, Napolitano ha serbato del potere (una volta giuntovi) un concetto di conservazione, di tutela e di rispetto».
Novant’anni a giugno, Giorgio Napolitano era stato eletto alla presidenza nel 2006, sotto il governo Prodi. Nel 2013 aveva assunto controvoglia un secondo mandato, dopo che i Grandi elettori non erano riusciti a trovare un’intesa sulla sua successione. Un incarico che aveva definito «gravoso» e aveva accettato per aiutare l’Italia a portare avanti le riforme necessarie, in un clima di stabilità.
In piena crisi economica e politica, il paese non poteva permettersi di affrontare anche una crisi presidenziale, scrive La Liberté di Friburgo. «E poi, Giorgio Napolitano era anche percepito come un “marchio di garanzia” per i partner europei dell’Italia».
Un grande statista
Avvocato e saggista, Napolitano è stato il primo presidente della Repubblica ad aver militato nel Partito comunista italiano.
Nei suoi nove anni di mandato è stato chiamato a ristabilire, attraverso la propria figura, un rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni, «minato dall’ineludibile e dirompente vicenda berlusconiana (che le ha erose a fondo dall’interno), e poi dal disordine lasciato dalla caduta del suddetto ex cavaliere», scrive La Regione Ticino.Un onere, aggiunge il giornale, «che compete al presidente, ma che da due decenni pare essersi tramutato in necessaria supplenza delle altrui deficienze».
Definito da molti un grande statista, lodato per il suo senso del dovere, Giorgio Napolitano ha saputo «difendere la centralità delle istituzioni, minate dagli scandali e dal populismo», osserva dal canto suo il Corriere del Ticino. «Ha saputo incitare alle riforme, ancora tuttavia sul cammino dell’attuazione, e gestire con fermezza i rapporti con il potere giudiziario».
Troppi poteri per un solo uomo?
Soprannominato “Re Giorgio”, Napolitano è però anche sospettato di aver oltrepassato i suoi poteri, instaurando una sorta di «monarchia repubblicana», nel tentativo di garantire la stabilità del paese. Secondo il Corriere del Ticino, alcuni non gli perdonano il «golpe» con cui avrebbe defenestrato un Silvio Berlusconi legittimamente eletto dal popolo, con la nomina di Monti a capo di un governo tecnico, a cui sono succeduti altri premier non eletti come Enrico Letta e Matteo Renzi.
Ma per lo storico Carlo Moos, intervistato dal Tages-Anzeiger, questa critica è insensata. «Le cerchie che lo accusano di aver oltrepassato i suoi poteri, sono le stesse che ritengono che Napolitano abbia provocato la caduta di Berlusconi. Ciò è assurdo. Berlusconi è caduto perché aveva perso ogni sostegno in patria come in Europa e l’Italia era in uno stato di desolazione. Napolitano ha affrontato questa situazione di crisi in modo energico».
Le critiche provengono però anche dalla sinistra, sottolinea il Corriere del Ticino, e riguardano principalmente il fatto che «Napolitano avallò tutte le leggi a lui presentate, soprattutto a suo tempo da parte del governo Berlusconi, senza opporvi rilievi di incostituzionalità. Critica alla quale si aggiunge quella del presunto coinvolgimento di Napolitano nella trattativa Stato-mafia in merito a cui, sollevando un «conflitto di attribuzioni», il presidente riuscì ad ottenere la distruzione dei file».
Successione e rischio d’impasse
Passata l’ora dei bilanci, la stampa svizzera si interroga sul “dopo” Napolitano, preoccupata che la usa uscita di scena possa innescare una fase di incertezza politica. «L’Italia dovrà cercarsi un nuovo arbitro», sostiene il quotidiano friburghese La Liberté.
Secondo la Costituzione, l’assemblea dei 1’009 Grandi elettori (315 senatori, 630 deputati, 58 delegati regionali e 6 senatori a vita) incaricata di eleggere il nuovo presidente, dovrà riunirsi entro due settimane. Nel frattempo, i diversi capi di partiti dovranno raggiungere un’intesa sul nome di uno o più candidati. Diversi nomi circolano già, come quello di Piero Fassino o Walter Veltroni. «La successione di questo vecchio saggio (…) promette di essere movimentata, tanto i rapporti di forza sono confusi, perfino in seno agli stessi partiti politici», affermano 24 Heures e la Tribune de Genève.
«Uomo o donna, [il nuovo presidente] dovrà essere una figura ampiamente condivisa da tutto l’arco parlamentare, con la necessaria capacità ed esperienza politica ma soprattutto con il pregio di incarnare una persona “super partes”, scrive il Corriere del Ticino. «L’Italia ne ha bisogno e attende, pur sapendo che non si tratta di un Conclave perché, diversamente da quanto avviene in Vaticano, la scelta del dodicesimo inquilino del Quirinale non si compie con l’intercessione dello Spirito Santo».
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