Dove la Svizzera ha saputo portare la pace
La Svizzera ha assunto spesso un ruolo di mediazione nell'ambito di conflitti internazionali. In alcuni casi la sua azione è stata decisiva per giungere ad accordi di pace. Ma in un mondo multilaterale, la Confederazione è solo un attore tra tanti.
Esempi del contributo svizzero alla soluzione di conflitti armati si ritrovano già nel XVIII secolo. Il caso forse più noto è quello della pace di BadenCollegamento esterno del 1714, ultimo dei tre trattati, dopo quelli di Utrecht e Rastatt, che misero fine alla guerra di successione spagnola.
Le due potenze coinvolte nelle trattative, Francia e Sacro Romano Impero, scelgono la cittadina argoviese perché si trova in territorio neutrale e dispone delle infrastrutture necessarie per accogliere gli oltre 300 delegati, che vi trascorrono l’intera estate tra negoziati e sontuosi banchetti.
Il risultato dei colloqui è piuttosto modesto: il trattato firmato il 5 settembre dal principe Eugenio di Savoia in rappresentanza dell’Impero e dal marchese di Villars in nome del re di Francia si limitò sostanzialmente a confermare l’accordo di pace di Rastatt.
L’episodio diplomatico di Baden fornisce tuttavia alla memoria storica della Confederazione un evento da porre alle origini di una tradizione dei “buoni uffici”, che assumerà però i suoi contorni moderni solo un secolo e mezzo dopo, nell’ambito di uno Stato federale ormai profondamente cambiato.
Dall’arbitrato alla neutralità attiva
A Baden, la Confederazione ha il ruolo di ospite di uno spettacolo orchestrato dalle grandi potenze, nel quadro delle loro logiche dinastiche. È solo nella seconda metà del XIX secolo, con l’intensificarsi della collaborazione internazionale indotta dallo sviluppo tecnologico, che sorgono i presupposti per una moderna politica dei “buoni uffici”.
La Svizzera diventa sede di organizzazioni internazionali come l’Unione telegrafica internazionale (1865) e l’Unione postale universale (1874). Nel 1872 un tribunale arbitrale internazionale con sede a Ginevra condanna la Gran Bretagna a pagare una multa agli Stati Uniti per aver fornito navi da guerra agli Stati del sud durante la guerra di secessione.
Il cosiddetto arbitrato dell’AlabamaCollegamento esterno è considerato uno degli eventi che segnano l’inizio del moderno ruolo elvetico di mediazione. Il conflitto tra i due Stati è risolto per via giuridica. Negli anni successivi, la Svizzera ha un ruolo di primo piano nei dibattiti sulla giurisdizione arbitrale internazionale, sfociati nelle Convenzioni dell’AjaCollegamento esterno.
Se la Prima guerra mondiale mette bruscamente fine alla via arbitrale per la risoluzione dei conflitti, nel periodo tra le due guerre Berna è coinvolta su incarico della Società delle Nazioni in difficili mandati di mediazione, per esempio nell’Alta Slesia e nella città libera di Danzica.
In Svizzera vengono organizzate anche importanti conferenze di pace, come quella di Locarno (1925), che cerca di disinnescare i conflitti postbellici tra le potenze europee. A Losanna (1923) e Montreux (1936) sono raggiunti accordi relativi ai confini della moderna Turchia e alla navigazione sul Mar Nero.
Dall’isolamento postbellico al mito di Evian
La Seconda guerra mondiale cambia le carte in tavola. Nell’immediato dopoguerra, la Svizzera è circondata dai sospetti delle potenze vincitrici per le sue relazioni economiche con la Germania nazista. Non facendo parte delle Nazioni Unite, la Confederazione si ritrova ai margini degli sforzi per costruire un nuovo ordine internazionale.
La presenza di una sede ONU a Ginevra e la scelta del nuovo ministro degli esteri Max Petitpierre di coniugare la neutralità elvetica a una più attiva presenza internazionale permettono nel volgere di pochi anni alla Confederazione di superare l’impasse.
Un riconoscimento importante del ruolo di Berna è la partecipazione dal 1953 alla missione neutrale di vigilanza sulla linea di demarcazione tra le due Coree. Nel 1954 la Svizzera ospita inoltre la conferenza sull’Indocina e nel 1955 il primo vertice tra le potenze vincitriciCollegamento esterno della Seconda guerra mondiale.
Ma l’operazione che più contribuisce al prestigio dei “buoni uffici” della Svizzera è senza dubbio il suo ruolo di mediazione nella fase finale della guerra d’Algeria.
Sollecitata nel 1960 dal Governo provvisorio della Repubblica algerina e con il benestare della Francia, Berna apre dei canali di comunicazione tra i belligeranti. In seguito è associata ai negoziati per il cessate il fuoco in Algeria, sancito dagli Accordi di EvianCollegamento esterno. Gli emissari algerini risiedono in Svizzera e parte dei colloqui con gli omologhi francesi avviene su suolo elvetico.
Il successo di Evian, che assurge a una sorta di mito dei “buoni uffici” svizzeri, è tuttavia seguito da una serie di insuccessi nei tentativi di mediazione in Afghanistan, nel Sudafrica dell’apartheid e durante la guerra delle Falkland tra Gran Bretagna e Argentina. D’altro canto, Ginevra ospita nel 1985 un vertice tra il presidente statunitense Ronald Reagan e il leader sovietico Michail Gorbačëv.
Cercare la pace in un mondo multilaterale
La fine della guerra fredda, di cui il vertice ginevrino è un primo segnale, apre una nuova fase nelle relazioni internazionali, segnata da un ruolo sempre più importante degli organismi multilaterali nell’ambito dei “buoni uffici”. Per la Svizzera si tratta di riorientarsi in un mondo in via di rapida trasformazione.
Messa in difficoltà dalle relazioni complesse con l’Unione Europea e dal dibattito internazionale nel corso degli anni 1990 sul suo ruolo durante la Seconda guerra mondiale, Berna cerca nuovamente di ritagliarsi spazi di manovra attraverso una politica estera più attiva, inserita tuttavia in un contesto di collaborazione multilaterale.
La diplomazia svizzera coglie alcuni successi importanti, come la firma nel 2002 sul Bürgenstock, presso Lucerna, di un accordo di cessate il fuoco nel conflitto nei monti Nuba in Sudan. Nel 2009 Turchia e Armenia firmano grazie alla mediazione svizzera i protocolli di Zurigo, che mirano alla normalizzazione dei rapporti diplomatici tra i due paesi. Gli accordi rimangono tuttavia lettera morta.
Altre iniziative di pace elvetiche negli anni 2000 riguardano, con risultati alterni, i conflitti in Nepal, Burundi, Colombia e sull’isola di Cipro. Neppure gli sforzi svizzeri nell’ambito del conflitto israelo-palestinese (Iniziativa di Ginevra) riescono sortire effetti duraturi, provocando anzi l’irritazione di Israele.
Un risultato positivo è colto invece dalla diplomazia elvetica nel 2019, dopo anni di negoziati, con l’accordo di pace tra governo e ribelli in Mozambico.
Altri sviluppi
Uno svizzero in aiuto del Mozambico in crisi
Un attore tra tanti
L’intensa opera di mediazione portata avanti dalla diplomazia elvetica non deve tuttavia condurre a sopravvalutare il ruolo della Svizzera nell’ambito della promozione della pace.
La maggiore parte degli sforzi per risolvere in via negoziale i conflitti avvengono oggi nel quadro delle Nazioni Unite e di altri organismi internazionali. Un esempio è l’azione condotta dalla Svizzera durante il primo conflitto in Ucraina nel 2014, quando a Berna spetta la presidenza di turno dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (OSCE).
La Svizzera è un attore tra tanti, che può contare su una diplomazia plurilingue e ben preparata e un ampio “savoir faire”, ma sconta sovente il suo relativo isolamento internazionale. Oggi ancora meno che un tempo, i “buoni uffici” possono supplire alla necessità di solide alleanze.
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