Voto più mirato per la parità, “donne alibi, no grazie”
Le elezioni federali del 18 ottobre rimetteranno in moto la lenta avanzata femminile nel parlamento svizzero o confermeranno la battuta d’arresto di quattro anni fa? Le premesse non sono promettenti, ma la lobby delle donne passa all'attacco: invita a votare solo le candidate con chance concrete di elezione e non le "tappabuchi".
I preamboli sono sconfortanti. Certo, con 1’308 candidate alle elezioni del 18 ottobre nei 20 cantoni con sistema proporzionale, in termini assoluti le aspiranti deputate segnano un primato nella corsa al Consiglio nazionale (Camera del popolo), secondo i dati pubblicati dall’Ufficio federale di statistica. Ma questa cifra non deve trarre in inganno. Anche il numero degli uomini in lizza è infatti da record: ve ne sono ben 2’480. La quota femminile è dunque solo del 34,5% e non è affatto un primato.
Ancor più esiguo è lo schieramento femminile in corsa per il Consiglio degli Stati (Camera dei cantoni): con 34 donne su un totale di 160 candidati, il tasso è del 21,2%.
Trovare delle donne disposte a candidarsi è arduo, sottolineano all’unanimità Madeleine Amgwerd, vicepresidente delle Donne PPD (Partito popolare democratico), Claudine Esseiva, segretaria generale delle Donne PLR (Partito liberale radicale) e Judith Uebersax, presidente delle Donne UDC (Unione democratica di centro).
Ciò è in primo luogo legato alla suddivisione tradizionale dei ruoli, che prevale ancora nella società svizzera. “Conciliare lavoro e famiglia è già complicato. Se vi si aggiunge anche la politica diventa veramente molto difficile”, spiega Claudine Esseiva. Judith Uebersax vede invece piuttosto nel processo politico il motivo della carenza di candidate: “nella politica ci sono troppi giochi di potere e ciò intimorisce le donne”.
Il ruolo dei partiti
Ma se la naturale ritrosia femminile a lanciarsi in politica è un dato di fatto, è anche innegabile che i partiti che vogliono veramente fare eleggere delle donne ci riescono. Le cifre lo dimostrano, sottolinea Etiennette J. Verrey, presidente della Commissione federale per le questioni femminili (CFQFCollegamento esterno).
Come si vede nel grafico seguente, infatti, le proporzioni di candidature femminili variano molto a seconda dei partiti. E i partiti in cui donne e uomini partono sul piede di uguaglianza nelle liste di candidatura – ossia Verdi e socialisti – sono gli stessi che hanno raggiunto la parità dei generi tra i loro eletti alla Camera del popolo. Al contrario, il partito con la più bassa quota di candidate – l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) – è anche quello con la più esigua proporzione di deputate.
“Per fare avanzare l’uguaglianza, i partiti hanno una grande responsabilità: dovrebbero reclutare candidate e presentare delle cosiddette liste zebra, ossia con donne e uomini in posizioni alternate. Se le donne sono inserite nelle ultime posizioni delle liste, non hanno praticamente alcuna probabilità di essere elette”, osserva la presidente della CFQF.
Sia le Donne PPD, sia le Donne PLR sensibilizzano in continuazione i responsabili cantonali dei rispettivi partiti a promuovere le candidate sulle liste elettorali, ci assicurano Madeleine Amgwerd e Claudine Esseiva. Ma la parità dei sessi sulle liste di candidati dei due tradizionali partiti borghesi è ancora lontana.
Dal canto loro, le Donne UDC non vogliono sentir parlare di promozione delle candidature femminili: “Il partito ha diverse offerte per la promozione delle candidature, ma tutte sono sempre rivolte a donne e uomini indistintamente”, precisa Judith Uebersax.
Superare gli steccati partitici e “votare donne”…
Il dissenso delle rappresentanti UDC emerge chiaramente anche nei progetti per supportare le candidate, indipendentemente dal partito. A cominciare da Votate donne!Collegamento esterno, lanciato dalla CFQF insieme a una coalizione di organizzazioni femminili. Alla campagna per esortare a votare le candidate alle elezioni federali di ottobre partecipano 52 delle 71 donne di tutti i partiti che siedono attualmente nelle Camere federali. L’operazione di sensibilizzazione dell’elettorato è snobbata dalle deputate dell’UDC: soltanto una vi prende parte.
Il ruolo dei media
Il progetto “Votate donne!” comprende anche uno studio commissionato all’università di Friburgo per analizzare la presenza di candidate e candidati nei media durante la campagna elettorale 2015. Da ricerche analoghe realizzate alle elezioni federali del 1999 e del 2003 era per esempio emerso che le candidate ricevevano meno spazio dei colleghi uomini, ricorda la presidente della Commissione federale per le questioni femminili, Etiennette J. Verrey.
Occorre ora verificare se i media hanno tratto le debite lezioni. Se invece continuano a penalizzare le donne, si dovranno trovare misure per porvi rimedio.
Nonostante la crescente importanza di internet e delle reti sociali, tv, radio e giornali restano infatti primordiali nella campagna, sottolinea Etiennette J. Verrey.
Nonostante l’assenza delle democentriste, Etiennette J. Verrey è soddisfatta dell’adesione al progetto, così come del fatto che se ne parli nei media. “Gran parte dell’opinione pubblica ha l’impressione che l’uguaglianza sia stata raggiunta e che dunque non sia necessario promuovere le donne, non solo in politica, ma nella società in generale. Non si rende conto che la realtà è ben diversa. La nostra azione consente di parlarne e di far prendere coscienza ai cittadini dell’importanza di votare e di sostenere le donne”.
…ma non le “donne alibi”
Per far progredire la quota delle donne in parlamento occorre però votare le candidate in modo mirato, avverte l’Alleanza delle società femminili svizzere, allianceFCollegamento esterno, che nello sprint finale della corsa alla Camera del popolo entra in gioco con un piano d’azione senza precedenti, denominato votare con arguziaCollegamento esterno.
La lobby nazionale – che riunisce oltre 150 organizzazioni e rappresenta complessivamente gli interessi di circa 400mila donne in tutta la Confederazione – ha calcolato scientificamente quali sono le candidate con reali probabilità di essere elette o di giungere al primo posto tra i subentranti.
Ha poi inviato un questionario alle candidate in questione per verificare il loro impegno a favore delle rivendicazioni principali di allianceF per una politica volta a raggiungere la parità dei sessi in tutti gli ambiti. “Per avere il nostro sostegno, devono condividere almeno sette delle dieci rivendicazioni”, precisa la copresidente di allianceF Kathrin Bertschy
Sulla base dei risultati, allianceF ha composto dei ticket femminili per cui raccomanda di votare. Oltre a diffonderli tra le sue organizzazioni membri, che a loro volta li propagano tra i propri soci, allianceF pubblica su internet profili e risposteCollegamento esterno delle candidate sostenute. Non solo: invita esplicitamente a non distribuire voti che avvantaggerebbero uomini a scapito di donne.
“Il sistema elettorale con congiunzioni e sottocongiunzioni di liste è talmente complesso che è difficile vedere in modo chiaro a profitto di chi va effettivamente ogni voto: noi vogliamo far luce e trasparenza”, spiega Kathrin Bertschy. A suo avviso, questo dovrebbe essere “solo l’inizio di un processo di presa di coscienza sul funzionamento del sistema elettorale, che porta poi a votare in modo strategico”.
L’erba dei vicini è più… rosa
Nel parlamento elvetico le donne sono nettamente sottorappresentate: attualmente costituiscono il 31% nella Camera del popolo e il 19,6% in quella dei Cantoni. La Svizzera si colloca così al 36° posto della classificaCollegamento esterno mondiale Donne nei parlamenti nazionali, stilata dall’Unione interparlamentare.
Nel confronto con i grandi paesi vicini fa una magra figura: come si vede nel grafico seguente, solo la Francia fa peggio della Svizzera a livello della prima Camera, ma fa meglio per il Senato.
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