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Nella campagna elettorale i soldi rimangono un tabù

Spesso per i semplici cittadini è impossibile sapere chi finanzia i partiti e i candidati alle elezioni legislative in Svizzera (qui la campagna del 2011). Un'opacità spesso criticata all'estero. Dominic Steinmann/Keystone

La campagna in vista delle elezioni legislative del 20 ottobre in Svizzera è in pieno svolgimento. I manifesti fioriscono ai bordi delle strade e nelle reti sociali. Ma spesso non si sa chi finanzia partiti e candidati. Alcune spiegazioni.

Abbiamo posto questa domanda alle sette principali formazioni politiche del paese. Dalle risposte emerge che tre dei partiti più rappresentanti in parlamento (Partito socialista, Partito liberale radicale e Partito popolare democratico) sono anche quelli che investono le cifre più importanti.

Il primo partito del paese però, l’Unione democratica di centro, ha di nuovo preferito non rivelare i fondi a sua disposizione per la campagna. Non c’è dubbio tuttavia che il partito della destra conservatrice, come ogni volta in occasione di grandi appuntamenti alle urne, disponga di un tesoretto sufficiente a tappezzare la Svizzera con i suoi manifesti provocatori e controversi e a inviare a tutti i fuochi per posta costosi giornali propagandistici.

  • Unione democratica di centro (UDC): non comunicato
  • Partito socialista (PS): 1,4 milioni di franchi, lo stesso budget del 2015
  • Partito liberale radicale (PLR): da 3 a 3,5 milioni di franchi, più o meno come nel 2015
  • Partito popolare democratico (PPD): 2 milioni di franchi, come nel 2015
  • Verdi (PES): 180’000 franchi, in aumento rispetto al 2015
  • Verdi liberali (PVL): 600’000 franchi, in aumento rispetto al 2015
  • Partito borghese democratico (PBD): 6-700’000 franchi, in leggero aumento rispetto al 2015

In totale, i partiti nazionali spendono circa 8 milioni di franchi. Ma si tratta solo della punta dell’iceberg. Bisogna aggiungere a queste spese quelle delle sezioni cantonali dei partiti. Secondo un’inchiesta della Televisione svizzera, che si basa sulle risposte di oltre l’80% delle sezioni cantonali dei partiti, queste ultime ammontano ad almeno 17 milioni di franchi.

Le spese personali dei candidati sono quelle più difficili da indagare, ma anche quelle che pesano di più sul budget complessivo della campagna. In vista delle elezioni del 2015, ogni candidato ha speso in media 7500 franchi per la sua campagna personale, stando a uno studio dell’istituto FORSCollegamento esterno.

Sempre più sovente donatori privati sostengono in modo mirato delle candidature nella speranza di poter influire e pesare di più sulle decisioni politiche. “Chi fa delle donazioni non lo fa per stimolare il dibattito. Hanno uno scopo: influenzare la politica”, afferma Georg Lutz, politologo all’università di Losanna.

Secondo un’inchiesta della Radio televisione svizzera RTS, molti deputati uscenti dispongono di un budget che oscilla tra i 50’000 e gli 80’000 franchi. Tenendo conto del numero record di candidati – oltre 4000 – e dell’evoluzione osservata dopo il 2003, le spese complessive della campagna elettorale dovrebbero superare quest’anno per la prima volta la soglia dei 50 milioni di franchi.

Tenendo conto del numero record di candidati – oltre 4000 – la somma totale dei soldi spesi per le campagne personali potrebbe dunque superare quest’anno  i 30 milioni di franchi. In totale, se si segue l’evoluzione osservata dal 2003, le spese della campagna elettorale del 2019 dovrebbero oltrepassare ampiamente la soglia di 50 milioni di franchi.

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“Per i partiti una campagna costosa non è per forza di cose una garanzia di vittoria. Quello che conta è di avere un messaggio convincente e di essere presenti nei temi che preoccupano la gente”, ritiene Georg Lutz, politologo all’università di Losanna.

A livello di campagna personale, investire somme importanti per avere il proprio volto ben visibile ai bordi della via o nella timeline Facebook dei propri potenziali elettori può invece rivelarsi vantaggioso. “Prima di tutto i candidati devono farsi conoscere, il messaggio che veicolano è secondario”, afferma Georg Lutz.

L’obiettivo è quello di ottenere un maggior numero di voti individuali e di salire ai primi posti della propria lista elettorale. Questo bisogno di visibilità è essenziale soprattutto per chi si candida per la prima volta e non approfitta della notorietà mediatica dei suoi avversari uscenti.

Distribuiti gratuitamente a tutte le economie domestiche del paese, i giornali propagandistici dell’UDC permettono al primo partito del paese di far passare in modo efficace il proprio messaggio politico. Thomas Kern/swissinfo.ch

I grandi partiti di destra, più vicini agli ambienti economici e che generalmente possono godere di sostegni finanziari più ampi, tendono a minimizzare l’importanza dei soldi a disposizione della campagna. “Naturalmente è un fattore importante. Ma il contatto personale lo è altrettanto”, sottolinea Andrea Sommer, responsabile per la comunicazione dell’UDC.

“I soldi hanno un peso importante, perché la visibilità pubblica è comprata a caro prezzo da certi partiti.” Regula Tschanz, I Verdi

Il discorso è più o meno lo stesso nella destra liberale. “La cosa essenziale in una campagna è andare il più vicino possibile agli elettori. Per farlo non occorrono grandi mezzi finanziari, ma un impegno continuo da parte dei candidati e dei militanti”, sostiene Fanny Noghero, portavoce del PLR.

A sinistra invece si insiste sulla disuguaglianza creata da un finanziamento poco trasparente delle campagne elettorali. “Purtroppo i soldi hanno un peso importante, perché la visibilità pubblica è comprata a caro prezzo da certi partiti”, dice Regula Tschanz, segretaria generale dei Verdi.

“Il fatto di poter coprire la Svizzera di manifesti o di inviare giornali di propaganda a tutte le economie domestiche ha naturalmente un influsso su una campagna elettorale”, osserva anche Gaël Bourgeois, portavoce del PS.

Al momento attuale, il diritto federale non contiene alcuna disposizione sul finanziamento dei partiti politici.

“La cosa essenziale in una campagna è andare il più vicino possibile agli elettori.”
Fanny Noghero, PLR

Fra i 47 Stati membri del Consiglio d’EuropaCollegamento esterno, la Svizzera è il solo paese a non aver adottato una legge in materia e per questo è regolarmente oggetto di critiche da parte del Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione (GRECO). In cinque cantoni – Friburgo, Neuchâtel, Svitto, Ginevra e Ticino – esistono tuttavia regole sul finanziamento dei partiti e delle campagne politiche.

Da quasi mezzo secolo, la maggioranza di destra del Parlamento respinge sistematicamente le proposte della sinistra che mirano a introdurre un minimo di trasparenza. Di fronte a questa assenza di norme legislative, sono paradossalmente le aziende che negli ultimi anni hanno fatto dei passi verso una maggiore trasparenza.

Le tre più grandi banche del paese – UBS, Credit Suisse e Raiffeisen – il gigante dell’industria agroalimentare Nestlé, l’assicuratore AXA Winterthur e la compagnia aerea Swiss hanno deciso di rendere pubbliche le loro donazioni ai partiti politici.

Una maggioranza del Parlamento e del Consiglio federale ritiene che le esigenze di trasparenza siano incompatibili con la democrazia diretta. “Il sistema di milizia funziona bene. Per far sì che sopravviva, deve continuare a dipendere dall’impegno politico e finanziario dei cittadini e delle imprese”, afferma Fanny Noghero del PLR.

“Non è accettabile oggi che Facebook o la Russia possano in teoria finanziare legalmente e in piena riservatezza una campagna elettorale in Svizzera.”
Georg Lutz, politologo

Per l’UDC, ogni cittadino e ogni impresa devono poter decidere liberamente quando denaro donare a un partito o a un’organizzazione. Regole di trasparenza più severe violerebbero il diritto alla confidenzialità e alla sfera privata dei donatori, ritiene il primo partito del paese.

Il PPD biasima dal canto suo il fatto che questa richiesta di trasparenza prenda di mira solo i partiti, “mentre l’influenza diretta di associazioni, sindacati e ONG è altrettanto importante”.

Tutti questi argomenti però non convincono Georg Lutz: “Le piccole donazioni devono senza dubbio essere al riparo dallo sguardo pubblico, ma non è accettabile oggi che Facebook o la Russia possano in teoria finanziare legalmente e in piena riservatezza una campagna elettorale in Svizzera”.

Agli occhi del politologo, questa resistenza si spiega soprattutto con il timore dei partiti di destra di perdere i contributi di alcuni grandi donatori che non vogliono essere associati pubblicamente a una particolare corrente politica.

Come nel caso del segreto bancario, la volontà della destra di difendere fino all’ultimo lo status quo potrebbe soccombere di fronte a una tendenza oggi sempre più forte sia in politica, sia in altri ambiti della società: il dogma della trasparenza.

Un’iniziativa popolare lanciata dalla sinistra e dai piccoli partiti di centro, intitolata “Per più trasparenza nel finanziamento della politicaCollegamento esterno“, è stata consegnata nell’ottobre 2017. Il testo, che potrebbe essere messo in votazione l’anno prossimo, esige che i partiti politici rendano pubblica l’origine delle donazioni superiori ai 10’000 franchi e delle loro spese di campagna per le elezioni e le votazioni quando superano i 100’000 franchi.

Una commissione del Consiglio degli Stati (camera dei cantoni) ha elaborato un controprogetto a questa iniziativa: la proposta prevede di alzare i limiti oltre il quale è richiesta trasparenza a 25’000 e 250’000 franchi.

“Sono ottimista. Tutte queste proposte vanno nella giusta direzione. In molti cantoni la popolazione ha indicato chiaramente il suo sostegno a una maggiore trasparenza nel finanziamento dei partiti politici”, ha detto di recente a swissinfo.ch Gianluca Esposito, segretario esecutivo del GRECO.

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