Ecco perché due modelli svizzeri prevedono la vittoria di Trump
Due team di ricercatori in Svizzera affermano che i loro modelli dati, basati sulla frequenza di ricerca e sull'analisi del discorso, prevedono la vittoria del presidente uscente Donald Trump alle elezioni americane di martedì. I modelli di entrambi i team avevano previsto la vittoria di Trump anche nel 2016. Cosa c'è dietro i loro approcci?
Le previsioni dei ricercatori elvetici per la corsa presidenziale del 2020 sono in deciso contrasto con i maggiori sondaggi Collegamento esternoche mostrano lo sfidante democratico, l’ex vice presidente Joe Biden, correre in testa, con margini significativi.
Un team di ricercatori ha utilizzato le ricerche su internet e sui social media per valutare l’interesse dei naviganti sui candidati. L’altro team ha messo a punto un sistema di previsione consolidato, che si basa su dati economici, valutando anche il carisma del candidato.
“Mi sono sentito proprio un idiota ad essere l’unica persona sul pianeta, con forse uno o due altri gruppi di ricerca, che hanno previsto la vittoria di Trump nel 2016”, racconta John Antonakis, professore di comportamento organizzativo all’Università di Losanna. Antonakis, insieme a Philippe Jacquart, professore alla EmLyon Business School in Francia, ha previsto l’esito dell’elezione sulla base del carisma del candidato. “Ho davvero pensato che avessimo ottenuto qualcosa di essenzialmente sbagliato”.
Il problema dei sondaggi
Entrambi i gruppi di ricercatori ritengono che i sondaggi, le tradizionali domande poste ai probabili elettori, devono far fronte a diversi ostacoli per ottenere un quadro accurato dell’elettorato. Citano diverse questioni, tra cui la difficoltà di contattare un campione rappresentativo di elettori a causa del passaggio dalle linee telefoniche fisse ai telefoni cellulari, il fatto che gli intervistati potrebbero non rispondere in modo veritiero e che le persone intervistate potrebbero non votare.
“Chi fa questo lavoro è gente molto seria – afferma Antonakis – ma i sondaggisti hanno un problema molto intricato da risolvere”.
Christoph Glauser, massmediologo e politologo, ricorda di aver iniziato a notare le difficoltà nell’ottenere dati affidabili dai sondaggi almeno 15 anni fa. Glauser è il fondatore dell’Institut für Angewandte ArgumentenforschungCollegamento esterno, IFAAR, un istituto di ricerca privato di Berna che crea sistemi informatici per l’analisi dei media digitali e dei contenuti online.
Glauser, il suo assistente di ricerca Loris Schmid e Jacques Savoy, professore di informatica all’Università di Neuchâtel, guidano un team di scienziati, economisti, informatici e psicologi per sviluppare un metodo di valutazione dei candidati basato su ricerche in Internet e sui social media.
L’inaffidabilità dei sondaggi “è il motivo per cui abbiamo iniziato a sviluppare API (application programming interfaces) per analizzare ciò che gli utenti cercano in internet”, afferma Glauser. “Si tratta di software leggeri che analizzano, ad esempio, ciò che la gente cerca davvero su Google, Twitter e Facebook”.
Le ricerche raccontano la storia
I server dei ricercatori scandagliano Internet raccogliendo quantità inimmaginabili di dati provenienti da ricerche condotte su Internet, l’eCommerce e sui social media di oltre 247 milioni di utenti attivi negli Stati Uniti. Essi raccolgono anche dati sui candidati provenienti da tutto il mondo.
Glauser dichiara che i dati per l’analisi delle elezioni del 2020 provengono da 367 canali, tra cui motori di ricerca, social media e siti di eCommerce, negli Stati Uniti così come da 14’103 canali al di fuori del paese. Insieme alle ricerche condotte su entrambi i candidati, il team monitora più di 2’500 temi d’interesse generale, come il controllo delle armi, Black Lives Matter, la Corte Suprema e il coronavirus.
“Il volume di ricerca per un candidato dà un’idea di quanto sia forte la campagna”, sottolinea Glauser. “Viviamo in una sorta di economia dell’attenzione. Se si ha l’attenzione, e si ottiene anche il feedback attivo degli utenti, è probabile che tu sia più presente nella mente degli elettori”.
Le ricerche non rivelano se le informazioni sono a favore o contro un candidato, o se sono utilizzate per scopi di ricerca piuttosto che per puro interesse. Ma per Glauser vi è una correlazione tra vittoria e volumi di ricerca.
“Quando si dispone di grandi, grandissimi volumi di dati come possediamo noi – aggiunge Glauser – provenienti da tutti i canali più rilevanti, allora si possono identificare le tendenze e questo rende più facile fare previsioni”.
Tutti cercano Trump
Il team ha misurato il volume medio mensile delle ricerche condotte su tutti i canali statunitensi e ha scoperto che su Trump sono state effettuate circa 70 milioni di ricerche, e questo per quasi tutta la durata della campagna. Ha raggiunto più di 100 milioni di persone con il suo tweet che ha rivelato di essere positivo al coronavirus.
Il picco massimo raggiunto da Biden ha sfiorato appena 26,6 milioni a settembre. A cinque giorni dalle elezioni, Glauser ritiene che entrambe le campagne hanno aumentato il volume delle ricerche, ma non in modo tale da modificare la previsione della sua squadra che dà vincente Donald Trump.
Il progetto ha anche valutato l’ingaggio su Twitter. Questo è il campo d’interesse del collega di ricerca di Glauser, Jacques Savoy, il quale rivolge la sua attenzione alla linguistica e al discorso politico, in particolare negli Stati Uniti, visto il suo ruolo centrale a livello mondiale.
In genere, Savoy analizza forme di discorso politico scritte e orali, ma Twitter pone nuove sfide.
“Non è una forma scritta, in quanto è meno formale”, dice Savoy. “Ma non è neppure una forma orale”. Quindi è qualcosa che sta nel mezzo”.
Jacques Savoy ha rilevato che Trump e il suo team sono stati in grado di inviare 43 tweet al giorno rispetto agli 11 di Biden. Trump lo supera notevolmente anche nei follower, con 87 milioni contro circa 11.
“Quando Donald Trump invia un tweet, è chiaramente più visibile”, dice Savoy. “Quindi questa è la seconda fonte (insieme alle ricerche su Internet) che chiarisce il perché è più frequente vedere argomenti a favore di Donald Trump sul social network. … Corrisponderà davvero agli elettori? Questa è una domanda aperta”.
Glauser sviluppa il suo metodo da circa 20 anni, e lo ha utilizzato per valutare circa 50 elezioni in tutto il mondo. Ha iniziato a fare previsioni tre anni fa e da allora ha seguito circa 10 elezioni. Le sue previsioni, se si confronta la percentuale dei voti di un candidato con la percentuale del volume di ricerca effettuate su internet, si allineano strettamente al risultato finale, di solito con un margine d’errore tra l’1 e il 5 per cento, mentre i sondaggi sono spesso molto più distanti dal risultato reale, a volte con un errore che arriva fino al 40 per cento.
Il carisma conta
Il secondo team di ricerca elvetico, guidato da Antonakis e Jacquart, ha sviluppato un programma informatico per valutare il carisma di un candidato – quanto la persona sia attraente agli occhi degli elettori a livello personale.
Durante il soggiorno di Antonakis all’Università di Yale, ha imparato un modello di previsione sviluppato dall’economista di Yale Ray Fair.Collegamento esterno Il modello Fair per la previsione delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti dice che il presidente in carica ha un vantaggio, che gli elettori si stancano di un partito politico dopo due mandati di quattro anni, e che un presidente viene giudicato in base alla forza o alla debolezza dell’economia. Ma secondo Antonakis a questa analisi manca qualcosa.
“Questo modello ignora le differenze tra i due candidati – sottolinea Antonakis – e si parte dal presupposto che ogni partito abbia messo in campo la persona più competente”.
La ricerca ha suggerito che gli elettori giudicano la competenza di un candidato in base alla sua faccia, ma Antonakis non riesce ad accettare che il destino di un governo dipenda dall’aspetto di una personaCollegamento esterno. Così ha esplorato l’idea di considerare il carisma e ha sviluppato un carismometro: un mezzo oggettivo per analizzare il discorso di un candidato attraverso alcuni tratti carismatici.
Il carisma è importante, racconta, perché segnala valori e punti di forza ai potenziali seguaci e segnala una possibile minaccia alla parte avversa. Nel modello di Antonakis, la valutazione del carisma del candidato viene considerata con il tradizionale modello Fair per prevedere l’esito di un candidato.
Chi ha il vantaggio
Secondo Antonakis, mentre Trump ha un vantaggio in quanto uscente, le dure prospettive economiche di quest’anno a causa della pandemia stanno dando a Biden un leggero vantaggio nel modello Fair. Ma Trump ha più carisma, secondo il modello di Antonakis, ed è dunque il favorito.
Il carismometro ha correttamente previsto le elezioni del 2012 e del 2016 prima del voto. E quando i ricercatori applicano il metodo alle elezioni passate, il modello prevede correttamente 20 elezioni su 24. Antonakis crede che la sua previsione della vittoria di Trump possa essere messa in discussione solo da eventuali dati economici statunitensi particolarmente negativi comunicati prima delle elezioni. Al 29 ottobre, i dati sul PIL erano all’altezza delle aspettative.
Antonakis fa subito notare che il carisma è soggettivo e relativo al pubblico di un oratore. Per esempio, l’ex presidente Barack Obama sarebbe probabilmente considerato carismatico dai membri del partito democratico, ma non dai membri del partito repubblicano. Questo perché una persona è spesso giudicata carismatica se i suoi valori sono in linea con quelli del pubblico.
Il carismometro cerca di rimuovere quel giudizio di valore e di determinare il carisma secondo la definizione di Antonakis: “simbolico, emozionale e una leadership basata sul valore”.
Antonakis è chiaro: “Voglio che la macchina mi dica, indipendentemente dai miei valori, se questa persona è carismatica o meno”.
Come funziona il carismometro
Il carismometro valuta il discorso sulla base di nove elementi, tra cui l’identificazione e la fiducia negli obiettivi, l’uso retorico della lista dei tre punti, il parlare per metafore e storie e il porre domande retoriche.
Per valutare un candidato, Antonakis può copiare un discorso e incollarlo in un campo sullo schermo del computer. Il programma valuta poi ogni frase del discorso in base a ciascuno dei nove elementi. Poi calcola la probabilità che l’oratore sia carismatico. Per esempio, basandosi sul discorso di Abraham Lincoln a Gettysburg del 1863, il programma ha dato una probabilità dell’80% che Lincoln fosse carismatico. Nei discorsi di accettazione dei candidati alle nomination presidenziali tra il 1916 e il 2016, c’era in media il 30% di probabilità che il candidato fosse carismatico. Il discorso di accettazione di Trump è stato valutato carismatico al 55,6%, mentre quello di Biden del 52%.
Tuttavia, Antonakis conclude con un avvertimento, che sarà un fattore determinante il 3 novembre.
“Il punto è: la persona che comunica in questo modo stimolerà la base del partito ad andare a votare?”.
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