In Francia viviamo un cambiamento di mentalità
Joachim Son Forget sarà probabilmente eletto domenica prossima, al secondo turno delle legislative francesi, quale rappresentante all’Assemblea Nazionale dei cittadini francesi residenti in Svizzera. Incontro con uno dei "nuovi" politici della République en marche, il partito del neoeletto presidente Emmanuel Macron.
Il candidato della République en marche pour la Suisse LREM è uscito vincitore del primo turno delle elezioni legislative francesi per il seggio di deputato che spetta ai francesi residenti in Svizzera e nel Liechtenstein. Avendo raccolto ben il 64.93% dei voti, Joachim Son-Forget (34 anni) dovrebbe imporsi facilmente nel ballottaggio di questa domenica.
swissinfo.ch: Perché ha deciso di entrare in politica e di unirsi al movimento lanciato da Emmanuel Macron?
Joachim Son Forget: È la stessa volontà che mi ha spinto a scegliere la mia professione di medico. Vi è una dimensione umanistica in questi due mestieri. E si tratta anche di comunicare con gli altri con una volontà di aiutare. Ma, mentre un medico aiuta una persona dopo l’altra, con l’azione politica si ha la possibilità di aiutare un maggior numero di persone.
È la sua prima esperienza in politica?
Ero interessato al Partito Socialista. Ma l’esperienza in seno a questa formazione mi ha profondamente deluso. Come probabilmente in molti altri partiti, i politici trascorrono più tempo a combattersi tra di loro che a difendere delle idee comuni e a cercarne delle buone, che siano di sinistra o di destra. E, questo, per dogmatismo.
Emmanuel Macron, che ha cercato di promuovere nuovi profili, mi ha veramente sedotto. Per questa ragione, abbiamo creato un anno fa En Marche, un movimento al quale mi sono unito dai suoi inizi, nell’aprile 2016.
Un medico esegue delle diagnosi. Qual è la sua diagnosi per la Francia?
La mia prima diagnosi è che la Francia non è di certo in stato di morte clinica e che dispone di tutte le premesse per essere in buona salute. Ma soffre di anosognosia. Non si rende conto dei suoi disturbi.
So che il mio mandato sarà difficile, se sarò eletto domenica prossima, poiché partiamo su basi complesse. Ma abbiamo grandi risorse. E, in questo momento, i francesi hanno veramente voglia di agire per il bene comune. Vi è una volontà di consenso e un desiderio di rimboccarsi le maniche insieme.
È stato l’approccio positivo verso i problemi sviluppato da Emmanuel Macron durante la campagna elettorale ad aver giocato in suo favore?
Emmanuel Macron ha ridato fiducia a dei francesi stanchi dei blocchi politici. Invia segnali forti. I francesi sono di nuovo fieri di se stessi e vogliono andare avanti. Questo slancio segnerà la ripresa della Francia e dell’Europa e avrà un ruolo centrale nella diplomazia mondiale.
Emmanuel Macron rappresenta una nuova generazione di politici. Ma la novità è stata quello di tornare ai fondamenti della repubblica, fino ai suoi simboli e rituali, senza scivolare nel nazionalismo e nel conservatorismo. È sorprendente!
Trovo tutto questo molto positivo. Personalmente non difendo l’idea di un progressismo contro un conservatorismo. Progredire significa anche tener conto delle lezioni del passato per meglio anticipare il futuro.
Tornando ai fondamenti della Quinta Repubblica: Emmanuel Macron segue un esercizio della presidenza un po’ gollista, ma con nuove persone, per porre finalmente la Francia nel ventunesimo secolo. Non vi è quindi un culto della giovinezza a tutti i costi.
La politica può essere dura. Se però riusciremo a portare una ventata d’aria fresca, vi sarà una maggiore volontà di lasciare da parte quei piccoli giochetti politici in cui c’è solo volontà di nuocere. Grazie alle mie esperienze in ospedale e in campo internazionale, nei Balcani e in Medio Oriente, sono però anche pronto a queste eventuali brutalità.
In che contesto sono maturate queste esperienze all’estero?
In un contesto completamente indipendente e per interesse verso le diverse culture del mondo. In Svizzera, degli amici kosovari mi hanno parlato del loro paese. Ci sono andato per lavorare come medico. Ciò mi ha permesso di incontrare ogni sorta di persona: giornalisti, politici, musicisti. Ho imparato la lingua, poi altre. È un’esperienza arricchente, che permette di saperne di più rispetto ad alcuni rappresentanti internazionali.
Essendo immerso nella società civile, nella realtà del terreno, a volte si può essere più utili di un tecnico internazionale. I Balcani sono ai confini dell’Europa. Ed è il futuro di questa regione tampone che determinerà il successo o meno dell’esperienza europea.
Faccio della politica basandomi su questa esperienza di ascolto e di comprensione delle altre culture.
La République en Marche dovrebbe ottenere una forte maggioranza all’Assemblea nazionale, mentre gli altri partiti hanno perso pezzi. Non vi è il rischio di egemonia?
Questa maggioranza rappresenterà tendenze diverse, ma unite nella volontà di rispettare il contratto con la nazione e di applicare il programma di Emmanuel Macron. Vi sarà una diversità di opinioni, ma saremo mossi da spirito costruttivo. Veniamo da orizzonti diversi, vi sono molti novizi della politica, ma lavoriamo assieme da un anno.
Non saremo comunque una maggioranza che segue il leader senza battere ciglio. La République en Marche non è contraddistinta dal pensiero unico. Abbiamo instaurato una cultura del dibattito e del consenso, un po’ come in Svizzera.
Per andare oltre, assistiamo a un cambiamento di mentalità, che permetterà ad esempio di valorizzare le filiere professionali, di mostrare che vi sono numerose strade per avere successo. Contrariamente agli svizzeri, i francesi hanno tendenza a dimenticarlo.
Quali insegnamenti ha tratto dalla sua esperienza in Svizzera che potrà utilizzare per il suo incarico di deputato?
Se il risultato verrà confermato, la mia elezione permetterà di superare certi stereotipi sulla Svizzera presenti in Francia. Voglio anche essere l’ambasciatore delle belle idee attuate in Svizzera e che possono aiutare la Francia a cavarsi fuori dalla situazione difficile. Penso al sistema d’apprendistato, alla cultura del consenso, all’attaccamento profondo a un sistema educativo di qualità e alla transizione energetica intrapresa dalla Svizzera.
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