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Frontalieri svizzeri residenti in Francia alla riscossa

Keystone

Più di ventimila svizzeri vivono ufficialmente in Francia e ogni giorno vanno a Ginevra a lavorare. Creata nel 2014, l'associazione "Genevois sans frontières" (Ginevrini senza frontiere) si batte per difendere i loro diritti. Per la prima volta tenta di fare eleggere al parlamento cantonale ginevrino uno svizzero domiciliato nella fascia di confine francese.

Un “esiliato immobiliare”: è così che si definisce Paolo Lupo. Come molti ginevrini, l’impiegato del Dipartimento della pubblica educazione di Ginevra e membro del Partito popolare democratico (PPD, centro destra) ha scelto di stabilirsi nella regione di confine in Francia per trovare un alloggio per la sua famiglia “ad un prezzo decente”.

Installatosi più di 35 anni fa nel dipartimento francese dell’Ain e poi in quello dell’Alta Savoia, Paolo Lupo non riscontra “alcuna differenza di mentalità e di stile di vita” dai due lati del confine franco-elvetico. Tuttavia, i frontalieri svizzeri residenti in Francia si sentono sempre più discriminati, soprattutto quando cercano lavoro a Ginevra.

Per tutelare i loro diritti e far progredire la causa transfrontaliera, insieme ad altri quattro membri del PPD, Paolo Lupo tre anni fa ha fondato “Genevois sans frontièresCollegamento esterno“.

“Il Cantone di Ginevra ha più di 100 chilometri di confini con la Francia e solo 5 con il resto della Svizzera”.

swissinfo.ch: Perché è necessaria un’associazione di questo tipo?

Paolo Lupo: Il Cantone di Ginevra ha più di cento chilometri di confini con la Francia e solo cinque con il resto della Svizzera. L’espansione naturale del cantone può quindi avvenire solo nel territorio confinante. Il nostro obiettivo è di creare una dinamica per superare l’effetto frontiera e vigilare sulla situazione particolare dei frontalieri svizzeri residenti nella cosiddetta “Grande Ginevra”.

swissinfo.ch: C’è però anche un chiaro obiettivo politico, poiché la vostra associazione intende essere una rappresentanza del PPD nella zona di confine francese.

P. L.: “Genevois sans frontières” è fondata sulla legge del 1901 sulle associazioni francesi. Dunque non perseguiamo un obiettivo politico in senso stretto. Ma è vero che ci battiamo per una migliore rappresentanza dei frontalieri svizzeri residenti in Francia. E in seno al PPD ginevrino abbiamo trovato un occhio di riguardo per le nostre richieste.

Sui 25’000 elettori che vivono al di fuori del cantone di Ginevra, 20’000 risiedono in Francia e in gran parte sono lavoratori frontalieri. Questa situazione è unica in Svizzera. Attualmente, il tasso di partecipazione alle elezioni e alle votazioni dei ginevrini residenti nella zona di confine francese è del 37% circa. Si tratta di quasi 10 punti percentuali in meno del tasso medio del cantone di Ginevra. Vogliamo che ciò cambi.

swissinfo.ch: Come spiega questo fenomeno, considerato che il cantone di Ginevra è un pioniere del voto per posta e del voto online?

P. L.: Finora la classe politica ginevrina non si è sufficientemente rivolta ai frontalieri svizzeri. Al contrario, sono stati spesso additati come approfittatori. Svalutando e colpevolizzando queste persone, si crea in loro un sentimento di esasperazione, che si traduce in un disinteresse per la vita pubblica.

Che siano francesi o svizzeri, i lavoratori frontalieri a Ginevra si sentono sempre più discriminati. Keystone

Per noi, sarebbe essenziale che nel Gran Consiglio (parlamento) ginevrino vi fossero deputati che abitano dall’altra parte del confine o che rappresentano i frontalieri svizzeri. Ciò consentirebbe di affrontare la questione in modo molto più aperto e di evitare il rifiuto sistematico.

Abbiamo buone speranze di riuscirvi nelle elezioni legislative cantonali che si terranno nell’ aprile 2018. Per la prima volta,”Genevois sans frontières” presenta cinque candidati sulla lista PPD, due dei quali, Houda Khattabi ed io, risiediamo in Francia. Anche i Verdi e il Partito liberale radicale (PLR, destra) presenteranno dei candidati residenti oltre confine.

swissinfo.ch: Con quali problemi sono oggi confrontati i frontalieri svizzeri residenti in Francia?

Paolo Lupo è candidato alle elezioni cantonali ginevrine dell’aprile 2018. Aïda Magic Noël

P. L.: Sebbene le situazioni siano spesso simili a quelle dei frontalieri francesi, gli svizzeri che vivono nella fascia di confine francese subiscono discriminazioni specifiche. Ecco un esempio: il lavoratore frontaliero svizzero paga gli oneri sociali a Ginevra, ma non beneficia di alcuna prestazione per l’aiuto al reinserimento professionale e per la formazione in caso di disoccupazione. A tal fine, deve rivolgersi alle strutture omologhe in Francia. Si tratta di un caso concreto di disparità di trattamento con i residenti di Ginevra.

swissinfo.ch: Ma ciò vale anche per i frontalieri francesi. Perché mai si dovrebbe fare un caso a parte?

P. L.: È del tutto normale che un frontaliere francese che ha seguito la scolarità, la formazione e forse anche la maggior parte del suo percorso professionale in Francia sia considerato competitivo sul mercato del lavoro francese. Invece, un ginevrino costretto a vivere nella fascia di confine francese perché non riesce a trovare un alloggio nel suo cantone non ha alcuna possibilità di trovare un impiego in Francia. Dovrebbe perciò poter beneficiare di tutto l’aiuto per il reinserimento da parte dell’Ufficio ginevrino del lavoro. Si tratta di un vero e proprio abbandono che incita molti ginevrini ad avere un indirizzo fittizio a Ginevra.

swissinfo.ch: Con la direttiva sulla preferenza cantonale per l’assunzione, estesa nel 2013 a tutti gli enti sovvenzionate dallo Stato, anche gli svizzeri residenti in Francia hanno più difficoltà a farsi assumere a Ginevra?

P. L.: Ovviamente. La preferenza cantonale per l’impiego ha solo accentuato il divario tra residenti e non residenti del cantone. Una persona con un permesso di rifugiato (L) a Ginevra oggi ha più facilmente accesso al mercato del lavoro di un frontaliere svizzero. Conosco molte persone, tra cui della mia famiglia, che cui è stato rimproverato il loro domicilio francese durante i colloqui di assunzione.

Fondamentalmente, l’idea di favorire i ginevrini per abbassare il tasso di disoccupazione nel cantone mi sembra assolutamente coerente e accettabile. Ma al posto di una preferenza cantonale, si avrebbe dovuto sceglier una preferenza regionale per l’impiego, che comprenda anche gli svizzeri residenti in Francia.

«Un rifugiato a Ginevra ha più facilmente accesso al mercato del lavoro di un frontaliere svizzero.»

swissinfo.ch: Nel 2015 ha lanciato l’idea di creare uno status di doppia residenza per queste persone. A che stadio è questo progetto?

P. L.: La proposta non ha ricevuto sufficiente sostegno all’interno del PPD. Perciò riesamineremo i termini, affinché si possa tenere la discussione nel Gran Consiglio. L’obiettivo rimane tuttavia lo stesso, vale a dire la creazione di uno status di cittadino transfrontaliero per tutte le persone che si dichiarano residenti in modo indifferente da una parte o dall’altra del confine.

Ciò consentirebbe, per esempio, alle autorità cantonali di rimborsare alle autorità francesi l’imposta prelevata sul reddito, come avviene per i frontalieri francesi. Secondo uno studio commissionato dal sindaco di Divonne, Etienne Blanc, oltre ai 20’000 residenti ufficiali, quasi altri 20’000 svizzeri abiterebbero illegalmente nella zona di confine francese, ciò che comporta notevoli mancate entrate fiscali per questi comuni.

swissinfo.ch: In tale contesto, pensa che il progetto riesca ad ottenere una maggioranza politica?

P. L.: Le mentalità dovranno pur bene cambiare. Il fatto che Ginevra non riesca ad alloggiare i suoi abitanti non è un fatto recente. Sta di fatto che la situazione dovrebbe peggiorare ulteriormente nei prossimi anni, poiché le riserve di terreni edificabili sono esaurite dalla fine del primo decennio degli anni 2000. Per poter accedere a un alloggio a un prezzo decente, i ginevrini del ceto medio e le famiglie non hanno quasi altra scelta che spostarsi dall’altra parte del confine.

Ma è vero che con l’avvento del Mouvement citoyens genevois (MCG, Movimento dei cittadini ginevrini), tutta la classe politica è diventata timorosa sulla questione transfrontaliera. E anche se l’MCG ha sempre detto di non vedere i frontalieri svizzeri, appena si affrontano problemi concreti, nessuno vuole muovere un dito, per paura di urtare i suoi elettori. Purtroppo, in questo settore, è ancora l’emozione a parlare prima di tutto.

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Macron vuole alloggi a buon mercato al confine

In un’intervista al settimanale “Le Point” pubblicata alla metà di ottobre, il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che “sarà istituito un sistema eccezionale per ridurre i costi [del mercato immobiliare] nelle zone tese”. Tra quelle che ha menzionato esplicitamente c’è la fascia di confine con la Svizzera.

Il sistema che sarà applicato a queste zone consisterà essenzialmente in una riduzione straordinaria delle plusvalenze immobiliari prima del 2020, in vista della costruzione di alloggi. Questo piano, che mira a mettere in vendita più rapidamente dei terreni edificabili, non piace però a tutti gli eletti nella regione.

“Il nostro obiettivo è completamente diverso, perché vogliamo calmare le acque, ridurre la costruzione per controllare il nostro sviluppo e il nostro ambiente di vita”, afferma Antoine Vieillard, sindaco di Saint-Julien-en-Genevois, intervistato dal quotidiano di Ginevra Le Temps. Il sindaco francese ritiene che la responsabilità della crisi immobiliare nell’area franco-ginevrina sia delle autorità ginevrine e delle loro politiche dell’alloggio “che hanno cacciato gli abitanti fuori dal cantone e condotto alla paralisi dei trasporti”.


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(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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