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Come dovrebbe reagire il mondo alle minacce contro la libertà di stampa?

Varie ONG sono scettiche sulle verbose dichiarazioni dei governi sulla libertà di stampa e chiedono piuttosto aiuto per liberare giornalisti imprigionati e per indagare casi di omicidio di esponenti della stampa. Keystone / Lynn Bo Bo

La libertà di stampa diventa un banco di prova per la neutralità svizzera. Quando l'anno scorso è stato ucciso un importante giornalista saudita, la Svizzera ha rinunciato a una condanna congiunta dell'assassinio, lasciando i giornalisti e i loro sostenitori a chiedersi quanto Berna sia seria nei suoi sforzi politici a favore della libertà di stampa globale.

L’aspro rimprovero nei confronti dell’Arabia Saudita relativo al rispetto dei diritti umani, sei mesi dopo l’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi presso il consolato saudita di Istanbul, è stato un evento internazionale inconsueto. Tutti i paesi membri dell’Unione europea, insieme a diversi altri, hanno firmato la dichiarazione di Ginevra in cui si chiedeva allo Stato del Golfo di cooperare con un’inchiesta sull’omicidio del relatore delle Nazioni Unite. La Svizzera ha però rifiutato di aderire.

La sede svizzera di Reporters Sans FrontièresCollegamento esterno (RSF) ha fermamente condannato questa decisione, afferma il segretario generale Denis Masmejan: “La Svizzera è tradizionalmente un Paese che difende i diritti umani, in particolare la libertà di espressione e di stampa”.

Il caso rispecchia l’esercizio d’equilibrio delle autorità svizzere tra i valori della nazione, gli interessi economici e la sua tradizionale neutralità. Berna, a quanto pare, preferisce ancora i rimproveri privati alle pressioni pubbliche, ma nuove iniziative a tutela della libertà dei media potrebbero spingere la Confederazione ad assumere un ruolo più visibile sulla scena mondiale. 

Non molto tempo dopo l’uccisione di Khashoggi nel 2018, la Svizzera ha rilasciato una dichiarazione congiunta con altri Paesi al Forum di pace di Parigi per esprimere preoccupazione per le minacce alla libertà di stampa e segnalare l’intenzione comune di lavorare su un progetto relativo al tema “informazione e democrazia” e ispirato da un’iniziativa guidata dal FSRCollegamento esterno. E proprio quest’estate, la Svizzera ha firmato un impegno globale sulla libertà dei mediaCollegamento esterno caldeggiato dal Canada e dal Regno Unito.

L’impegno, che è stato presentato alla prima Conferenza globale per la libertà dei media a Londra in luglio, “intende affrontare le continue violazioni e abusi della libertà dei media in tutto il mondo, spingendo i Paesi a lavorare insieme”, afferma Kristen Ambler, consigliere politico presso l’ambasciata canadese a Berna.

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Circa 26 paesi hanno firmato l’impegno, con un elenco aggiornato dei firmatari da rilasciare a margine della prossima Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York questo mese, aggiunge Ambler.

“Crimini simili saranno ripetuti”

I critici, tuttavia, continuano a diffidare dell’impatto di tali testi, viste le reazioni internazionali in casi come quello di Khashoggi. Il suo assassinio, come altri casi di violenza contro i giornalisti e di imbavagliamento dei media, ha messo alla prova la reale volontà e la capacità dei paesi di difendere la libertà dei media in casi specifici, oltre a rilasciare dichiarazioni generiche. 

“C’è stata una risposta internazionale poco efficace” alla morte del giornalista saudita, ha scritto Agnès Callamard, la relatrice speciale delle Nazioni Unite sulle esecuzioni extragiudiziali, ha scritto sul Washington Post. Le sanzioni comminate da alcuni paesi contro individui legati all’omicidio “non affrontano la responsabilità della dirigenza saudita”.

“Senza un’azione internazionale, è chiaro che crimini simili si ripeteranno”, ha aggiunto Callamard, sostenendo che il Segretario Generale delle Nazioni Unite dovrebbe aprire un’indagine, come è stato fatto in casi di omicidi politici.

Ritiene inoltre che l’ONU dovrebbe istituire una procedura indipendente per “indagini penali su omicidi mirati di giornalisti e difensori dei diritti umani”.

Mentre a Londra veniva firmato l’impegno globale per la libertà dei media, un gruppo di ONG, tra cui RSF International, ha esortatoCollegamento esterno i paesi ad adottare e finanziare la proposta della Callamard relativa a tale procedura. Esprimendo un certo scetticismo sull’impegno globale, le ONG hanno elencato una serie di misure che gli stati dovrebbero adottare per poter “perseguire se stessi e le loro controparti responsabili” per l’incarcerazione, l’uccisione e l’attacco di giornalisti e per “mostrare progressi dimostrabili”.

Rimprovero privato

Alla domanda su come la Svizzera abbia reagito all’uccisione di Khashoggi e della giornalista Daphne Caruana Galizia a Malta nel 2017, Pierre-Alain Eltschinger del Dipartimento degli affari esteri afferma che, quando si tratta di singoli casi, la nazione alpina “affronta la questione a livello bilaterale” e in forum multilaterali per le “situazioni più preoccupanti”. Eltschinger aggiunge che i funzionari hanno sollevato il caso del dissidente saudita “a livello bilaterale in diverse occasioni, così come al Consiglio dei diritti umani di Ginevra”.

Per onorare l’impegno nei confronti della libertà dei media, “azioni concrete sono nell’interesse della Svizzera”, afferma il portavoce per gli affari esteri. Egli sottolinea la creazione di una “coalizione per la libertà dei media” che permetterà agli Stati che hanno firmato l’impegno di coordinare i loro sforzi internazionali.

La Svizzera partecipa a diverse altre iniziative per la libertà di stampa, afferma Eltschinger, come un partenariato con l’UNESCO per rafforzare la libertà di espressione nell’Africa francofona o un progetto dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa per migliorare la sicurezza online delle giornaliste.

Salvaguardare il processo democratico

Oltre a garantire il rispetto dei diritti della stampa, le ONG si preoccupano anche di preservare uno “spazio di comunicazione e informazione che consenta l’esercizio dei diritti e della democrazia”, come afferma una dichiarazione Collegamento esternoche accompagna l’Iniziativa per la democrazia e l’informazione di RSF. Le minacce attuali, secondo gli autori della dichiarazione, includono il controllo politico dei media e la cosiddetta “disinformazione” online.

Il mese scorso, l’iniziativa di RSF ha ottenuto un sostegno di alto profilo quando il gruppo di Stati del G7 ha supportato all’unanimità un processo politico, il cosiddetto Partenariato sull’informazione e la democrazia, che, secondo RSF InternationalCollegamento esterno, “renderebbe possibile l’attuazione di garanzie concrete”.

Eltschinger dice che il Ministero degli Affari Esteri sta “studiando la possibilità” di adesione della Svizzera al partenariato, che sarà firmato da alcuni Paesi a margine dell’Assemblea generale dell’ONU alla fine di questo mese.

Fino a quando il partenariato non sarà presentato a New York, non è ancora chiaro cosa comporti effettivamente in termini di impegni concreti. Masmejan di RSF Svizzera non ha dubbi su quale direzione debba prendere la decisione svizzera. “Questo testo, che non è giuridicamente vincolante, pone le basi per garantire che i cittadini ricevano informazioni gratuite e affidabili, che è un prerequisito per il buon funzionamento di una democrazia”, scrive in un’e-mail.

In occasione della Giornata internazionale della democrazia (15 settembre), l’ambasciata canadese a Berna, insieme all’ambasciata britannica e a swissinfo.ch, organizza una tavola rotonda sulla disinformazione e il suo impatto sul processo democratico. La tavola rotonda, che si terrà il 12 settembre, vedrà la partecipazione degli esperti Samantha Bradshaw, ricercatrice dell’Oxford Internet Institute, e Fabrizio Gilardi, professore di analisi politica all’Università di Zurigo. La discussione sarà moderata dalla giornalista di swissinfo.ch Geraldine Wong Sak Hoi. L’ingresso è gratuito e aperto al pubblicoCollegamento esterno.

Traduzione dall’inglese: Mattia Lento

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