Globalizzazione tra sfide e opportunità
La Svizzera dispone di diverse carte per far fronte alle sfide della globalizzazione. Bisogna però saperle giocare nel modo giusto e al momento opportuno, ha affermato la ministra Eveline Widmer-Schlumpf in occasione del 91° Congresso degli svizzeri all’estero. Tra gli atout più importanti della Confederazione: una rete di 720'000 espatriati.
«La globalizzazione non è né buona né cattiva. Bisogna saper cogliere le opportunità e ridurre i rischi», ha dichiarato sabato Eveline Widmer-Schlumpf, a capo del Dipartimento federale delle finanze.
Ospite d’onore al tradizionale appuntamento annuale degli svizzeri all’estero, la consigliera federale ha sottolineato che la Svizzera ha in mano ottime carte per far fronte a un mondo sempre più interdipendente. «Sicurezza giuridica, stabilità politica, prodotti e servizi di qualità, infrastrutture performanti e buone condizioni quadro per le aziende sono atout che ci possono far guadagnare punti», ha detto Eveline Widmer-Schlumpf, paragonando la strategia elvetica agli Jass, il popolare gioco di carte svizzero.
Secondo la ministra, è nel settore della finanza che la Svizzera ha tratto i maggiori benefici dalla globalizzazione. «Siamo tra i più grandi gestori patrimoniali, ciò che contribuisce alla nostra prosperità», ha sottolineato, rammentando che nel 2011 la piazza elvetica gestiva patrimoni per un valore di 2’100 miliardi di dollari, circa il 30% del mercato globale.
Come per gli Jass, ci sono però altri attori in gioco e regole da rispettare, ha avvertito la ministra, in governo dal 2007. «Il settore finanziario evolve in modo molto dinamico. La Svizzera collabora a livello internazionale per lo sviluppo delle norme».
Il ruolo della collaborazione internazionale è anche quello di evitare gli effetti negativi della globalizzazione, ha aggiunto. Ad esempio nell’ambito della protezione dell’ambiente o del crescente fossato tra ricchi e poveri.
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Le sfide della globalizzazione
Il titolo del 91° Congresso degli svizzeri all’estero – “La Svizzera contro la globalizzazione?” – è volutamente provocatorio, ha affermato Jacques-Simon Eggly, presidente dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE), aprendo l’assemblea plenaria di Davos, nei Grigioni. Il tema di quest’anno intende infatti suscitare la riflessione sul ruolo e l’attitudine che la Svizzera deve adottare in un mondo sempre più globalizzato.
Una riflessione ancor più giustificata dal fatto che la Svizzera non possiede risorse naturali e non è membro dell’Unione europea. Sempre più isolato sulla scena internazionale, il paese è inoltre confrontato alla progressiva perdita del suo segreto bancario, ha osservato il presidente dell’OSE. «Le sfide da affrontare in un contesto di concorrenza globalizzata tra le nazioni sono numerose».
Non è un caso, ha aggiunto Eggly, che l’OSE abbia scelto la località grigionese per organizzare il suo incontro annuale. Davos ospita infatti il Forum economico mondiale (WEF), un evento che attira personalità da tutto il mondo e durante il quale vengono discussi i grandi temi dell’economia e della politica internazionale.
L’immagine che molti hanno degli svizzeri all’estero è sostanzialmente sbagliata, ha spiegato a Davos Rudolf Wyder, direttore dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero (OSE).
La diaspora è oggi formata da persone giovani, dinamiche, ben formate e molto flessibili.
Gli svizzeri all’estero non corrispondono quindi al classico cliché dei pensionati, che si godono la vita su una spiaggia esotica, ha detto Wyder. «Molti svizzeri all’estero sono figli della globalizzazione».
La Quinta Svizzera è per la maggior parte tinta di rosa: il 57% delle persone espatriate sono donne, ha sottolineato il direttore dell’OSE.
La diaspora conta poco meno di 720’000 persone. La comunità più ampia (circa 180’000) si trova in Francia.
Il volto del mondo globale
Su scala decisamente più ridotta rispetto al WEF, anche i circa 400 partecipanti al congresso si sono chinati su aspetti teorici e pratici legati alla globalizzazione, nel quadro di tre atelier di discussione. Esponenti del mondo politico e scientifico hanno risposto agli interrogativi degli espatriati concernenti le istituzioni, le migrazioni e l’economia.
«Siamo uno dei paesi più globalizzati, non solo a livello economico, ma anche in ambito sociale e politico», ha commentato Tiana Angelina Moser, rappresentante dei Verdi liberali alla camera bassa del parlamento. «Dobbiamo lavorare con i nostri alleati, non solo in Europa, per mantenere valori quali la democrazia, i diritti umani o la protezione dell’ambiente».
Viviamo ogni giorno una vita più globalizzata e voi siete il «volto di questo mondo globale», ha detto l’ex segretario di Stato Franz von Däniken rivolgendosi agli svizzeri che vivono all’estero.
«La migrazione degli svizzeri è un elemento importante della globalizzazione, visto che dai 30’000 ai 40’000 svizzeri partono e quasi altrettanti ritornano ogni anno», ha rilevato il consigliere agli Stati (camera alta) Filippo Lombardi. Dal 1980, il numero di persone che formano la diaspora svizzera è raddoppiato, ha aggiunto il direttore dell’OSE Rudolf Wyder, in carica da 25 anni.
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Favorire la mobilità internazionale
Come sottolineato da Jacques-Simon Eggly, la soluzione alle sfide della globalizzazione risiede nell’azione individuale, abbinata a quella collettiva dello Stato, delle aziende e delle organizzazioni internazionali.
Le reti individuali diventano pure loro internazionali e contribuiscono così al movimento generale di globalizzazione. E in tale processo, «le reti umane sono fondamentali», ha spiegato il presidente dell’OSE.
La Svizzera, ha osservato, ha la straordinaria opportunità di poter contare su una rete di circa 720’000 cittadini svizzeri che vivono all’estero, ovvero il 10% della popolazione elvetica. Una diaspora che costituisce un vero e proprio «atout» nel mazzo di carte della Svizzera, secondo Eveline Widmer-Schlumpf.
Per poter utilizzare le risorse della Quinta Svizzera, il governo deve però sostenere la mobilità internazionale degli espatriati, ha ribadito Jacques-Simon Eggly. In quest’ottica, la legge sugli svizzeri all’estero attualmente in consultazione rappresenta un tassello essenziale.
Il peso politico, economico e sociale della Quinta Svizzera non è più da provare. Ma deve ancora essere riconosciuto attraverso un testo legislativo, ha insistito Jacques-Simon Eggly.
Il progetto di legge, sul quale il Consiglio degli svizzeri all’estero ha adottato venerdì una posizione comune, sarà discusso verosimilmente ancora quest’anno durante la sessione invernale delle camere. Di certo, sarà nuovamente sull’agenda del prossimo congresso dell’OSE, in programma dal 15 al 17 agosto 2014 a Baden e Aarau.
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