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I referendum falliscono

Le firme consegnate il 27 settembre dal presidente della sezione giovanile dell'Unione democratica di centro Erich Hess si sono rivelate insufficienti Keystone

I promotori dei tre referendum lanciati contro gli accordi fiscali con Germania, Regno Unito e Austria non sono riusciti a raccogliere le 50'000 firme necessarie. I cittadini svizzeri non dovranno quindi pronunciarsi su questi temi il 25 novembre prossimo.

La Cancelleria federale ha reso noto martedì che mancano almeno 1’500 firme per l’accordo con Berlino (48’533), oltre 2’500 per quello con Londra (47’554) e più di 3’000 per quello con Vienna (46’848).

Un ulteriore controllo sarà effettuato per il trattato con la Germania. I risultati saranno poi notificati ai comitati, che potranno ancora presentare ricorso.

Solo la legge sulle epizoozie sarà quindi sottoposta al verdetto popolare il 25 novembre. La legge sull’imposizione alla fonte in ambito internazionale, che precisa l’applicazione degli accordi, non è stata combattuta tramite referendum.

A scendere in campo contro gli accordi fiscali erano stati l’Azione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI), la Lega dei Ticinesi, i Giovani UDC, la Gioventù socialista svizzera (GISO) e il Bund der Steuerzahler (Alleanza dei contribuenti).

La destra rimprovera al governo di aver fatto troppe concessioni. In particolare critica la mancanza di garanzie chiare per quanto riguarda la non utilizzazione di dati bancari rubati, la possibilità offerta alle autorità fiscali tedesche di indagare in Svizzera e un’imposizione troppo elevata. La sinistra, dal canto suo, chiede una strategia chiara in materia di denaro ‘pulito’ e non vuole che gli accordi siano utilizzati come alternativa.

Con questi accordi la Svizzera si impegna a versare un’imposta per regolarizzare il passato, prelevata dagli averi depositati dai cittadini dei tre paesi, e a tassare le future rendite da capitale. In cambio Berna preserva il segreto bancario.

Nuove critiche di Steinbrück

Con il fallimento dei referendum, gli accordi fiscali sono quindi accettati da parte svizzera e dovrebbero entrare in vigore in gennaio. Quello con la Germania rischia però di essere affondato ancora prima oltre Reno dal Bundesrat, la camera dei Länder, dove la coalizione diretta dalla cancelliera Angela Merkel non dispone della maggioranza.

Il candidato socialdemocratico Peer Steinbrück, che alle legislative del 2013 affronterà la cancelliera uscente Angela Merkel, ha espresso lunedì severe critiche all’accordo. Secondo Steinbrück, l’accordo non è accettabile nella sua forma attuale, ha dichiarato dopo essere stato nominato ufficialmente candidato dal suo partito.

La Svizzera deve impegnarsi di più per combattere la frode fiscale. E la Germania deva far sì che i suoi cittadini diventino più onesti. Ne va dell’equità sociale, ha affermato, aggiungendo che per il suo partito la frode fiscale non è un problema aneddotico.

Malgrado l’opposizione della camera dei Länder, dominata da SPD e Verdi, il ministero delle finanze ritiene che l’accordo fiscale con la Svizzera ha ancora una possibilità di essere ratificato dal Bundesrat. Quando il ‘mercato’ dei CD rubati sarà esaurito, i Länder avranno infatti bisogno di altri mezzi per recuperare i beni depositati illegalmente in Svizzera dai cittadini tedeschi.

Se sarà ratificato, l’accordo tra Berna e Berlino dovrebbe portare circa 10 miliardi di euro nelle casse del fisco tedesco. Il ministero delle finanze stima in circa 280 miliardi di euro i capitali tedeschi attualmente depositati nelle banche svizzere.

Tra il 20 marzo e il 13 aprile, la Svizzera ha firmato con Gran Bretagna, Germania e Austria tre nuove convenzioni, denominate Rubik, sulla collaborazione in ambito di fiscalità e mercati finanziari.

In base a tali accordi, Berna si impegna a riversare a questi paesi un’imposta per regolarizzare il passato, prelevata dagli averi depositati nelle banche svizzere dai cittadini dei tre paesi.

Per la Germania e la Gran Bretagna, l’aliquota applicata oscilla tra il 21 e il 41% del valore patrimoniale, a seconda della durata della relazione bancaria e dell’ammontare del patrimonio. Per l’Austria tra il 15 e il 38%.

A partire dall’entrata in vigore della convenzione, la Svizzera riverserà inoltre ogni anno un’imposta alla fonte pari al 26% dei redditi da capitale alla Germania, del 27 – 48% alla Gran Bretagna e del 25% all’Austria.

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