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Il cambiamento climatico spinge a ripensare il lavoro umanitario

Humanitarian aid being distributed in Pakistan after the country faced unprecedented floods
Inondazioni, ma anche estrema siccità. Per le organizzazioni umanitarie è difficile decidere su quali eventi concentrarsi, specialmente in Paesi come il Pakistan. Copyright 2022 The Associated Press. All Rights Reserved.

A causa della crisi climatica, l'aiuto umanitario affronta sfide senza precedenti. Le agenzie del settore promuovono una maggiore anticipazione delle catastrofi prevedibili in modo che gli aiuti siano forniti prima che i disastri si verifichino; un messaggio che hanno lanciato alla COP27.

Nel Corno d’Africa, le Nazioni Unite stimano che siccità senza precedenti abbiano portato sull’orlo della carestia quasi 21 milioni di persone. La scorsa estate, gigantesche inondazioni in Pakistan hanno ucciso 1’700 persone e distrutto dozzine di strutture mediche, lasciando centinaia di migliaia di abitanti senza accesso alle cure mentre l’acqua contaminata aumentava il rischio di focolai di malaria e colera.

Il cambiamento climatico rende tali eventi estremi sempre più frequenti e intensi. Sommato alle guerre e alla pandemia di coronavirus, sta portando le necessità umanitarie dei Paesi più vulnerabili a livelli mai visti.

“La maggior parte del denaro a disposizione delle agenzie umanitarie, confrontate con problemi di una dimensione mai affrontata prima, viene fornita solo dopo che il disastro ha colpito, come reazione”, spiega Mark Lowcock, membro del Center for Global Development, un think tank con sede a Washington.

Il clima che cambia ha spinto le organizzazioni umanitarie a ripensare il modo in cui operano. Il Comitato internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (CICR) e le agenzie dell’ONU stanno chiedendo un cambio di strategia: una transizione dalla risposta alle catastrofi prevedibili a un’anticipazione del loro impatto. In altre parole: fornire supporto alle comunità locali prima che il disastro colpisca.

“Dobbiamo spingere l’intero sistema umanitario ad agire più frequentemente sulla base di ciò che sappiamo succederà anziché reagire a eventi già verificatisi”, dice Lowcock, che è stato anche sottosegretario generale dell’ONU incaricato degli affari umanitari tra il 2017 e il 2021.

La tecnologia attuale rende questo nuovo approccio – chiamato azione anticipata o azione rapida – più facile da mettere in pratica rispetto al passato. I modelli di intelligenza artificiale permettono migliori previsioni meteorologiche, i telefoni cellulari di ricevere avvisi d’allarme precoci e i droni di cartografare e sorvegliare le zone vulnerabili.

“Il fattore particolare del cambiamento climatico è che i fenomeni gravi si possono spesso prevedere. Nel caso di un terremoto, si può essere avvertiti solo qualche secondo in anticipo. Quando si formano delle tempeste che minacciano certe isole, invece, grazie alla qualità delle tecnologie si può ormai sapere diversi giorni prima la traiettoria”, spiega Lowcock. Lo stesso vale spesso anche per le inondazioni e le siccità.

Agire presto

Come funziona l’azione anticipata? Catherine Jones, che lavora con l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) nella regione Asia-Pacifico, una delle più colpite dal cambiamento climatico, ci dà un esempio concreto: “Poco prima che il tifone Noru si abbattesse sul Vietnam alla fine di settembre, la FAO ha distribuito denaro e taniche a tenuta stagna a varie comunità suscettibili di essere colpite  dalla tempesta”.

Le comunità che vivono di agricoltura e pesca hanno potuto così preservare le derrate, i cereali e l’acqua potabile. Il denaro è stato usato per acquistare prodotti di prima necessità prima della chiusura dei mercati.

Questo piano d’azione anticipata era stato preparato dalla FAO in collaborazione con il Governo prima dell’inizio della stagione dei tifoni nella regione. Il finanziamento era stato deciso in precedenza nell’ambito di un partenariato tra la FAO e l’Unione Europea. Le previsioni che indicavano che alcune province del Vietnam centrale sarebbero state molto probabilmente colpite da venti di una forza superiore a quella di un tifone di categoria 1 hanno fatto scattare il piano tre giorni in anticipo.

Chi sostiene tali approcci ritiene che salvino più vite e che siano anche un metodo economicamente più efficace e rispettabile di fornire aiuti. Si evitano le conseguenze che possono essere evizate e si dà la facoltà alle comunità locali di agire da sole.

Secondo l’ONU, intervenire presto permette di ridurre della metà il costo per persona assistita. Nel 2020, durante un intervento anticipato per le inondazioni in Bangladesh, l’organizzazione ha speso 13 dollari per persona. In un’operazione tradizionale – ovvero dopo la catastrofe – per inondazioni simili il costo è stato di 26 dollari per persona.

Un compito delicato

Prepararsi a una catastrofe naturale richiede una comprensione approfondita dell’’impatto che avrà sulle popolazioni locali. È un lavoro che necessita l’implicazione dei governi locali, delle organizzazioni umanitarie e del personale sul posto.

“Nelle Filippine, la Croce Rossa locale ha introdotto dei piani d’azione anticipati per i tifoni. Su un’isola, l’azione si concretizza con la distribuzione di kit per rinforzare le abitazioni in modo che non vengano distrutte. Ma se lo stesso tifone si dirige verso un’altra isola, la Croce Rossa fa qualcosa di completamente diverso. Organizza ad esempio raccolti precoci perché in quell’isola l’agricoltura è la principale fonte di reddito della popolazione”, spiega Raymond Zingg, che lavora con il CICR a Bangkok e coordina i partenariati di azione anticipata e il supporto tecnico nella regione Asia-Pacifico.

Durante lo sviluppo di un piano di azione anticipata, è spesso difficile decidere su quale rischio meteorologico concentrarsi. “Penso che la principale sfida con cui siamo confrontati è la molteplicità dei rischi che si presentano simultaneamente. Puoi passare tutto il tuo tempo a prepararti su un rischio e poi ne capita un altro”, dice Catherine Jones della FAO. Paesi come il Pakistan o il Sudan del Sud, colpiti da storiche inondazioni negli ultimi mesi, illustrano questa difficoltà. Entrambi i Paesi hanno trascorso periodi di grave siccità in passato.

Per agire il più rapidamente possibile quando una previsione meteorologica fa scattare un’azione anticipata, le organizzazioni umanitarie locali devono avere pronto il materiale necessario e le persone volontarie devono essere già formate. I fondi devono quindi essere disponibili ogni anno per permettere la preparazione, anche senza un’emergenza, il che rischia di scoraggiare alcuni donatori.

“È difficile trovarsi nella situazione di doversi chiedere: ‘devo investire ora in qualcosa che rischia di verificarsi più tardi o voglio donare per qualcosa che sta succedendo ora?’, ma è una domanda del tutto legittima”, dichiara Nazira Lacayo, del CICR a Ginevra. È responsabile dell’esame dei piani di azione anticipata che le società nazionali dalla Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa presentano per ottenere un finanziamento.

Prossima tappa

Nel novembre del 2022, il CICR ha approvato 32 piani di azione anticipata di 22 società nazionali della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, ognuno dei quali raggiunge tra le 1’000 e le 20’000 persone. In ottobre, il Fondo di emergenza per la risposta alle catastrofi (DREF) del CICR ha stanziato 4,2 milioni di franchi (il 9% dei sussidi totali) all’azione anticipata. Il resto (43,3 milioni di franchi) è stato versato per interventi di emergenza classici. L’organizzazione spera di aumentare gli stanziamenti del DREF a 100 milioni, un quarto dei quali sarebbe usato per finanziare l’azione anticipata.

“Sarebbe meraviglioso aumentare la dimensione della torta e non solo tagliare le fette in modo diverso. Purtroppo, nel mondo di oggi, bisogna sia anticipare che reagire alle situazioni di emergenza. L’impatto di catastrofi naturali di un’ampiezza simile a quella delle inondazioni in Pakistan può essere attenuato, ma è impossibile evitarlo totalmente”, spiega Lacayo.

In fin dei conti, l’azione anticipata non è una soluzione univoca per affrontare le conseguenze del cambiamento climatico. Altri sforzi più a lungo termine che rafforzino la resilienza e riducano i rischi sono necessari. Anche se questo approccio permette di salvare delle vite, in concreto resta una risposta agli effetti dei cambiamenti climatici. Bisogna fare di più per agire sulle cause profonde.

“Se si vuole evitare perdite massicce di vite umane in queste tragedie, non c’è altra soluzione che dare più denaro alle agenzie umanitarie. Ma sarebbe preferibile agire sulle cause sottostanti, come i conflitti, le pandemie, il cambiamento climatico. È questo il messaggio da tenere a mente”, sottolinea Lowcock.

A cura di  Imogen Foulkes

Traduzione: Zeno Zoccatelli

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