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Il finanziamento dei partiti rimane un tema tabù

I partiti politici hanno speso almeno 50 milioni di franchi per propaganda e marketing nella legislatura 2007 - 2011 Keystone

La Svizzera figura tra i pochissimi paesi democratici senza trasparenza nel finanziamento dei partiti. Una situazione criticata perfino da organizzazioni internazionali. Ma anche l’ultimo tentativo di introdurre delle regole è stato respinto recentemente dal Parlamento.

“Siamo veramente un’isola in Europa, assieme alla Svezia. In questo paese i partiti hanno concordato perlomeno alcune regole. In Svizzera, invece, non vi è nessuna trasparenza: è come se vi fosse una grande cassa nera”, osserva Martina Caroni, docente di diritto pubblico e internazionale all’Università di Lucerna.

È dagli anni ’60 che i tentativi si moltiplicano. Ma finora senza esito: ancora oggi manca la trasparenza non solo sul finanziamento dei partiti, ma anche sui contributi raccolti dai comitati attivi nelle votazioni federali e sui sostegni finanziari percepiti dai singoli politici.

A battersi sistematicamente contro ogni regolamentazione sono in prima fila i tre grandi partiti di centro e di destra, il Partito popolare democratico (PPD), il Partito liberale radicale (PLR) e l’Unione democratica di centro (UDC). Un fatto non sorprendente: questi schieramenti, in particolare l’UDC, ricevono le fette nettamente più grandi dei fondi versati da aziende e privati.

Oasi di virtù

“A differenza di altri paesi, in Svizzera non si ama parlare di soldi e specialmente di redditi: gli svizzeri preferiscono non dire quanto guadagnano. I partiti borghesi hanno respinto finora ogni tentativo di creare trasparenza con l’argomento che non si parla di soldi in politica”, rileva Martina Caroni.

“Vi è inoltre la percezione che in Svizzera tutto vada bene, che tutti si attengano a dei comportamenti etici e che quindi non siano necessarie delle regole. Ma, come abbiamo ben visto nel settore economico e finanziario, le cose sono cambiate anche in Svizzera: non siamo più un’oasi di virtù”.

Tra le ragioni invocate vi è anche quella che la trasparenza spingerebbe molti donatori a ridurre o a stralciare i loro contributi. Le esperienze fatte in altri paesi dimostrano però che questi timori sono infondati, afferma la specialista di diritto internazionale. Secondo Martina Caroni, la mancanza di trasparenza contravviene invece i principi della Costituzione federale.

“In base all’articolo 34, i diritti politici devono essere garantiti in modo da ‘proteggere la libera formazione della volontà e l’espressione fedele del voto’. Per formare liberamente la loro volontà politica, gli elettori devono essere a conoscenza di tutte le informazioni. E un’informazione fondamentale consiste nel sapere chi c’è dietro un partito, chi lo finanzia”.

Critiche dall’estero

Denunciata finora soprattutto dalla sinistra, la mancanza di trasparenza ha attirato anche l’attenzione di diverse organizzazioni internazionali. Il paese modello della democrazia è stato criticato dall’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce) e dal Gruppo di Stati contro la corruzione (Greco), che hanno seguito le ultime elezioni federali. Rimproveri giungono regolarmente anche da Transparency International.

“Se decidiamo di cambiare qualcosa non è di certo per le pressioni che pervengono dall’estero, ma solo se vi è una volontà comune all’interno del paese”, afferma il deputato del PLR Christian Wasserfallen. “Secondo me, non vi è però un grande bisogno di cambiamenti con un sistema di concordanza come il nostro: in Svizzera i maggiori partiti sono rappresentati in governo e nessuno è dominante. Nei paesi con un partito dominante al governo è invece importante sapere come viene finanziato questo schieramento”.

“Nelle elezioni del 2011, l’UDC aveva a disposizione il budget più grande, ma ha perso un 3%. Questo dimostra che i soldi non sono tutto in politica e che gli svizzeri non vogliono un partito troppo forte”, dichiara Christian Wasserfallen. Secondo il deputato del PLR, dovrebbero essere dapprima i parlamentari a fare trasparenza sui loro introiti.

Campagne sempre più care

La forte crescita elettorale dell’UDC negli ultimi 20 anni aveva spinto anche diversi esponenti del PLR e del PPD a rivendicare la trasparenza dei finanziamenti durante la campagna elettorale del 2011. Dopo la sconfitta subita l’anno scorso dal partito di destra, le loro richieste si sono però attenuate. Così, molti parlamentari dei due partiti di centro hanno contribuito in marzo a bocciare l’ultima proposta volta a introdurre delle regole: una mozione del deputato PPD Urs Schwaller in favore di finanziamenti trasparenti delle campagne per le votazioni federali.

Una decisione sbagliata secondo Martina Caroni. “Tutto il sistema politico è molto cambiato in questi ultimi decenni. Le campagne vengono realizzate con strumenti di marketing sempre più costosi. I fondi diventano sempre più importanti e quindi anche la necessità di una trasparenza”.

“Un tempo i partiti erano finanziati soprattutto con i contributi dei membri. Da alcuni anni l’identificazione dei membri nei confronti dei partiti è scemata e le forze politiche sono sempre più dipendenti da aiuti esterni”, rileva anche Hilmar Gernet, ex segretario generale del PPD e autore di un libro in cui propone un modello di finanziamento trasparente, con la partecipazione dello Stato.

Rifiuto paradossale

“La situazione attuale non è soddisfacente per nessuno. Né per i partiti, che ricevono soldi di nascosto e hanno quindi un problema di credibilità, né per le aziende, che rischiano di essere accusate di corruzione in mancanza di trasparenza, e neppure per i cittadini, che dovrebbero sapere in che modo vengono finanziate le forze politiche”, afferma Hilmar Gernet.

Il rifiuto da parte del Parlamento d’introdurre finanziamenti trasparenti è paradossale, se pensiamo che una maggioranza di partiti vuole spingere le banche ad accettare maggiore trasparenza e sostiene le proposte del governo in favore di una strategia del denaro pulito e dichiarato per il settore finanziario.

Proprio due banche hanno colto però di sorpresa recentemente i politici: la Raiffeisen – su iniziativa dello stesso Gernet, membro della direzione della banca cooperativa – e il Credit Suisse hanno deciso di finanziare in futuro in modo trasparente le maggiori forze politiche. L’iniziativa delle due banche, che potrebbe far scuola, ha messo sotto pressione e in un certo imbarazzo i partiti. “È il mondo alla rovescia”, osserva Hilmar Gernet.

In Svizzera, né la Confederazione né la maggior parte dei Cantoni impongono misure di trasparenza nel finanziamento di partiti e campagne politiche. Solo due Cantoni – Ginevra e Ticino – hanno introdotto finora alcune regole.

La ministra socialista di giustizia e polizia Simonetta Sommaruga vuole presentare delle proposte nel corso dell’anno per garantire trasparenza a livello federale. A tale scopo ha commissionato uno studio, presentato recentemente dall’Università di Zurigo.

In base allo studio, l’Unione democratica di centro ha impiegato il 40% dei fondi di propaganda dei partiti nella legislatura 2007 – 2011. Seguono il Partito liberale radicale 25%, il Partito popolare democratico 16% e il Partito socialista 13%. Gli altri partiti si sono spartiti il 16%.

Maggiore trasparenza è rivendicata anche da un’iniziativa popolare lanciata da un comitato interpartitico. Il testo chiede più chiarezza sui redditi dei politici.

La politica svizzera è dominata da oltre un secolo da quattrograndi partiti di governo, che  si spartiscono circa l’80% dell’elettorato. Si tratta dell’Unione democratica di centro, il Partito socialista, il Partito liberale radicale e il Partito popolare democratico.

Dagli ’80 è emersa una nuova forza politica, il Partito ecologista svizzero, che nelle elezioni del  2011 ha raggiunto l’8,4% dei voti. Gli ecologisti non sono stati  finora ammessi nell’esecutivo.

Negli ultimi anni si stanno ritagliando un certo spazio due nuovi partiti emergenti, che hanno superato il 5% dei voti nel 2011: i Verdi liberali (separatisi dagli ecologisti nel 2004) e il Partito borghese democratico (separatosi dall’Unione democratica di centro nel 2008). 

In parlamento sono inoltre presenti quattro partiti minori, che complessivamente rappresentano il 5% dell’elettorato: Partito evangelico, Partito cristiano-sociale, Lega dei ticinesi e Mouvement citoyens romands.

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