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Il freno svizzero all’immigrazione inquieta l’Europa

Le restrizioni alla libera circolazione delle persone decise dal popolo svizzzero suscitano interrogativi in tutta Europa RDB

Decidendo di limitare l’immigrazione, la Svizzera ha aperto un dibattito in tutta Europa sugli effetti della libera circolazione delle persone. Secondo molti commentatori, problemi analoghi sono sentiti anche in altri paesi europei e vanno presi sul serio da Bruxelles, ma l'UE non può rinunciare al principio di solidarietà.

“Un doppio schiaffo a Bruxelles”, così la Repubblica interpreta la decisione del popolo svizzero di porre freno all’immigrazione. Il primo è “nel merito della questione”. “Un milione e duecentomila cittadini europei, di cui quasi trecentomila italiani, attualmente lavorano in Svizzera. A questi bisogna aggiungere più di duecentomila ‘frontalieri’, pendolari che ogni giorno ne varcano le frontiere. Per popolazione, è come se fosse il ventiquattresimo stato dell’Unione, superiore all’Estonia. Questo esercito di nuovi emigrati sarà d’ora in poi sottoposto a un regime di quote su cui Bruxelles non avrà voce in capitolo”.

“Il secondo schiaffo che arriva dal referendum elvetico è di tipo politico. Ed è quello che fa più male. Alla vigilia di elezioni europee in cui si prevede un’onda di piena dei partiti populisti, anti-europei e anti-sistema, il voto svizzero ha fornito un assaggio eloquente di quello che verosimilmente ci aspetta”, avverte l’editorialista Andrea Bonanni.

“Se l’Europa si dovesse avviare sulla stessa strada, segnerebbe inesorabilmente la propria fine. Un continente che si è ricostruito sulle ceneri del dopoguerra proprio grazie all’immigrazione di massa e che della libera circolazione di beni e persone ha fatto la propria bandiera e la propria ragion d’essere, non potrebbe sopravvivere se la paura dello straniero dovesse diventare il suo sentimento politico prevalente”.

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Gli svizzeri mettono un freno all’immigrazione

Questo contenuto è stato pubblicato al L’elettorato si è spaccato a metà: il 50,3% dei votanti ha detto sì, contro il 49,7% di no. Meno di 20mila voti hanno diviso fautori e oppositori. Quanto ai cantoni, il risultato è più netto: 17 l’hanno accettata, mentre 9 l’hanno respinta. Come in passato su temi simili, si è creato un evidente fossato linguistico,…

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Diritti e doveri comuni

Per il Corriere della sera, con questa voto gli svizzeri hanno affrontato un problema comune ai loro vicini. “Non sarebbe giusto sostenere che il loro ‘sì’ abbia necessariamente una nota razzista e xenofoba. L’opinione pubblica xenofoba esiste e si riconosce nell’Unione democratica di centro, oggi maggioranza relativa. Ma parecchi elettori della Confederazione (…) hanno espresso preoccupazioni diffuse anche altrove”.

“Sappiamo ciò che ogni Paese vorrebbe fare, anche se non osa sempre confessarlo: aprire le sue porte a personale specializzato, quale che sia la sua provenienza, e chiuderle di fronte a lavoratori non qualificati, anche se cittadini di membri dell’Unione. Ma di tutte le soluzioni possibili, questa è la più inaccettabile”, dichiara Sergio Romano nel suo editoriale.

“Abbiamo il diritto di essere realisti, ma non sino al punto di calpestare il principio di solidarietà. Se vuole essere qualcosa di più di una semplice aggregazione utilitaria, l’Europa non può voltare le spalle alle persone maggiormente colpite dalla crisi. Anche questo è realismo. Non si fa nulla di serio e duraturo se la costruzione non è fondata su diritti e doveri comuni”.

Percentuale di stranieri molto alta

Anche La Stampa sottolinea il fatto che la Svizzera non è la sola in Europa a sollevare la questione dell’immigrazione. “Anche in paesi membri dell’Unione, in tempi recenti, non sono mancate minacce di restrizione alla libera circolazione”. In Gran Bretagna e Germania, come in Svizzera, “sono i lavoratori nazionali a temere la concorrenza al ribasso da parte degli stranieri. E i cittadini in generale non hanno solo paure economiche: conta pure la paura di essere spodestati, di non ritrovare più il proprio panorama urbano, le proprie consuetudini di vita”.

“Al di là delle esagerazioni dei promotori del referendum, non si può negare che la percentuale di stranieri in Svizzera sia decisamente alta: in Italia si mugugna per un dato che si colloca a meno di un terzo del loro”, sottolinea Giovanna Zincone, secondo la quale il voto di domenica in Svizzera avrà conseguenze anche sui frontalieri lombardi e piemontesi, visto che il cantone dove l’iniziativa ha avuto maggior successo è stato proprio il vicino Ticino. “A dimostrazione del fatto che siamo tutti ‘terroni’ di qualcun altro”.

Entrato in vigore gradualmente dal 2002, l’accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e l’UE figura tra i punti fondamentali del primo pacchetto di trattati bilaterali.

Questo accordo garantisce ai cittadini svizzeri e a quelli dell’UE il diritto di lavorare e risiedere in ognuno dei paesi firmatari.

Il popolo svizzero si è già espresso tre volte su questioni relative alla libera circolazione delle persone. Nel maggio 2000, gli accordi bilaterali I sono stati approvati da una chiara maggioranza di cittadini.

Nel 2005, il popolo elvetico ha accettato di estendere gli accordi ai 10 paesi che hanno aderito nel 2004 all’UE.

Nel 2009 è stata accettata anche l’estensione dell’accordo ai due nuovi membri dell’UE, la Romania e la Bulgaria.

I rapporti tra la Svizzera e l’UE sono regolati da una ventina di accordi bilaterali e da un centinaio di altri trattati. In caso di disdetta di un accordo, tutto il pacchetto di accordi bilaterali rischia di cadere.

Aperto il vaso di Pandora

Pure a detta della Süddeutsche Zeitung, gli svizzeri “hanno articolato un problema, che assilla anche i cittadini dell’UE”. “Se si lasciasse votare anche olandesi, tedeschi o francesi sull’immigrazione, il risultato non sarebbe molto diverso da quello emerso in Svizzera. Anche all’interno dell’UE si sentono i rischi e gli effetti collaterali della libera circolazione delle persone. Ciò non è una sorpresa in un continente, come quello europeo, con un divario talmente forte a livello di benessere”.

“Gli svizzeri hanno aperto il vaso di Pandora, di cui potranno ora approfittarne anche altri oppositori alla libera circolazione delle persone. Adesso Bruxelles non può più limitarsi a ribadire il principio della libera circolazione e a respingere ogni critica. Vi sono dei problemi e i cittadini chiedono che vengano risolti”, aggiunge il giornale tedesco.

E soprattutto, prosegue la Süddeutsche Zeitung, “le critiche alla libera circolazione non possono essere equiparate automaticamente a xenofobia. L’immigrazione viene vista piuttosto come il sintomo di un malessere generale nel quadro di uno sviluppo che sta diventando incontrollabile: una crescita senza limiti, che produce più svantaggi che benessere”.

Capro espiatorio

Gli svizzeri vogliono rinegoziare l’accordo sulla libera circolazione concluso con l’UE, osserva Le Monde, ma “il problema è che questo accordo fa parte di un insieme non separabile: senza libera circolazione non vi è accesso al mercato interno dell’UE. Bruxelles deve tener conto di questo principio, il negoziato sarà quindi difficile.

“Questi accordi hanno notevolmente aumentato l’immigrazione”, prosegue il giornale francese. “Ma hanno anche dopato l’economia svizzera. Oggi una delle più brillanti del Continente europeo, l’economia elvetica deve buona parte del suo successo alle sue relazioni con l’UE. Alla Svizzera quindi di scegliere e a Bruxelles di difendere i suoi principi”.

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Perplessità e preoccupazione per la scelta svizzera

Questo contenuto è stato pubblicato al “Rispettiamo certamente la volontà espressa dal popolo svizzero. Come Unione Europa (UE) non siamo però felici per questo risultato. Vi è una posizione comune da parte dell’UE di delusione e di preoccupazione per le conseguenze che questo risultato potrà portare per i negoziati sull’accordo istituzionale tra Berna e Bruxelles”, la reazione dell’ambasciatore d’Italia a Berna, Cosimo…

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A detta di Le Monde, la Svizzera ha espresso “un voto contro l’élite, il padronato e i sindacati. Un voto di irrigidimento identitario, suscitato da un partito populista che manipola senza scrupoli la tattica del capro espiatorio”. Questo voto, aggiunge il quotidiano francese, “traduce però una realtà alla quale non sfugge nessun paese occidentale: a torto o a ragione, una buona parte dell’opinione pubblica è vinta dalla percezione di un’immigrazione incontrollata, che mette in difficoltà le frange più deboli della società. Non bisogna lasciare la riflessione su questi temi soltanto ai demagoghi dei partiti di protesta”.

Tema di polarizzazione in Europa

“Il risultato del voto potrebbe avere ripercussioni attraverso l’Europa”, scrive il Financial Times, visto che “l’ostilità nei confronti degli immigranti si sta sempre più ancorando nelle maggiore economie del continente”. Lo scrutinio elvetico fornirà inoltre nuovi argomenti agli euroscettici – in Gran Bretagna come altrove – “che invitano a restringere l’immigrazione e a rimpatriare i poteri”.

“L’immigrazione è diventata un tema di polarizzazione attraverso l’Europa”, osserva anche il New York Times. “Nei paesi più prosperi cresce l’inquietudine sul fatto che il sistema sociale non può più assorbire l’afflusso di lavoratori dai paesi economicamente più deboli dell’Europa orientale”.

Dibattito irrazionale

“Il voto in Svizzera è un chiaro esempio dell’irrazionalità che si sta impossessando del dibattito sull’immigrazione in tutta Europa”, ritiene El Pais. “L’economia svizzera ha tratto grande profitto dall’entrata in vigore della libera circolazione delle persone, anche perché i prodotti svizzeri hanno potuto così accedere al mercato unico europeo. La disoccupazione si è mantenuta su un modestissimo 3%, i salari hanno registrato una crescita annuale dello 0,3% e il controllo delle condizioni di lavoro non è mai stato così grande”.

Da parte sua El Mundo si inquieta per la sorte dei circa 100’000 cittadini spagnoli che lavorano in Svizzera. “L’Ufficio federale della migrazione ha spiegato che, per principio, la decisione adottata domenica dal popolo non tocca gli stranieri già residenti in Svizzera. Ma nel contempo non ha voluto fornire delle garanzie”.

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