Il governo sarà eletto dal popolo?
La Svizzera potrebbe essere alla vigilia di una riforma istituzionale: l'iniziativa per fare eleggere i membri del governo direttamente dal popolo è formalmente riuscita. Dovrà dunque essere sottoposta a votazione. Gli specialisti accademici sono divisi sulla proposta.
Il testo corredato di oltre 110mila firme è stato depositato giovedì alla Cancelleria federale a Berna. Denominata “Elezione del Consiglio federale da parte del popolo”, l’iniziativa è stata lanciata dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), ma gode anche dell’appoggio del centro sinistra.
Secondo il presidente dell’UDC Toni Brunner, si tratta del tassello che completerebbe il mosaico della democrazia diretta elvetica. A suo giudizio, la modifica del sistema di elezione renderebbe i governanti più responsabili: se eletti direttamente dal popolo, invece che dal parlamento come ora, i membri del governo dovranno anche rendere conto al popolo del loro operato, ha argomentato.
Il presidente dell’UDC si è detto fiducioso sulle sorti dell’iniziativa in votazione popolare e ha auspicato che il nuovo sistema sia introdotto già nel 2015. La raccolta delle sottoscrizioni, però, non è stata un gioco da ragazzi. Ai promotori è occorso quasi tutto il tempo massimo previsto dalla Costituzione federale, ossia 18 mesi, per riunire il numero di firme necessarie per la riuscita formale dell’iniziativa. Il termine, infatti, scade il 26 luglio.
In seno alla stessa UDC serpeggia scetticismo sugli ipotetici vantaggi che il partito potrebbe trarre da questa iniziativa e diversi parlamentari democentristi hanno pubblicamente espresso dubbi in merito.
L’iniziativa è stata lanciata dopo le vicissitudini legate alla non rielezione da parte del parlamento, nel dicembre 2007, dell’allora ministro di giustizia e polizia uscente Christoph Blocher. Un’estromissione che ha portato a una scissione interna dell’UDC.
Cosicché la formazione di Toni Brunner attualmente detiene solo uno dei sette seggi del governo federale, nonostante che in parlamento sia il più grande partito. Infatti, alle ultime elezioni federali, nell’ottobre 2007, aveva conquistato il 29% dei voti, staccando di quasi 10 punti percentuali il secondo classificato, il Partito socialista (PS) che aveva ottenuto il 19,5%, e di oltre 10 punti le formazioni di centro, ossia i partiti liberale radicale (PLR) e popolare democratico (PPD).
I vertici dell’UDC sono convinti che se anche i membri del governo fossero eletti direttamente dal popolo, il partito otterrebbe più seggi. A loro avviso, in altri termini, l’iniziativa “correggerebbe un’ingiustizia”.
In base all’esperienza
L’elezione dei membri del governo federale da parte del popolo è comunque auspicata anche da altre parti. Tra i fautori c’è il professore di diritto dell’università di Zurigo e direttore del Centro di ricerca sulla democrazia diretta (CDR) di Aarau, Andreas Auer, che tuttavia ha una visione diversa rispetto a quella dell’UDC.
“È una proposta giustificata e necessaria. Ma dovrebbe far parte di una riforma generale del sistema governativo e non essere un pretesto per consolidare una formula che da tempo ha perso la sua magia”, ha spiegato in un articolo pubblicato sul quotidiano Neue Zürcher Zeitung.
Secondo l’esperto, il popolo è perfettamente capace di eleggere un governo competente e rappresentativo delle diversità linguistiche e culturali del paese. Le pluridecennali esperienze nei cantoni lo dimostrano, afferma Auer, ricordando altresì che nel sistema di democrazia diretta svizzero, l’elettorato ha l’ultima parola anche nei temi più complessi.
Riforme sì, ma non così
Di parere diverso è Daniel Kübler, pure membro della direzione del CDR di Aarau e professore di scienze politiche all’università di Zurigo. “L’iniziativa non risolve alcun problema. Al contrario li peggiora”, sostiene.
Kübler teme che un’elezione da parte del popolo invece che del parlamento destabilizzerebbe inutilmente il sistema e che singoli membri dell’esecutivo potrebbero essere tentati di fare campagna elettorale in permanenza. “In sintesi, governerebbero il mercoledì – giorno della seduta settimanale del Consiglio federale – ma passerebbero il resto della settimana a cercare di migliorare la propria immagine di fronte all’opinione pubblica”.
Lungi dall’ignorare le carenze dell’attuale sistema politico, Kübler considera che siano necessarie riforme per irrobustire la legittimità democratica del governo. Più precisamente, suggerisce di rafforzare il controllo parlamentare del Consiglio federale e il ruolo della presidenza della Confederazione e di aumentare il numero dei segretari di Stato, invece di promuovere politiche populiste e di stile americano.
Un mezzo di pressione
“L’iniziativa non migliora la qualità della democrazia e non dà nemmeno realmente più voce ai cittadini in politica”, osserva dal canto suo Daniel Bochsler, professore assistente di politica comparata all’università di Zurigo e al CDR, secondo il quale questo cambiamento, comunque, non stravolgerebbe il sistema politico elvetico.
A suo avviso, la stessa UDC non ha un reale interesse a concretizzare questa proposta. Il partito “sta usando l’iniziativa per fare pressione e cercare di intimorire gli avversari”.
Bochsler rammenta che il sistema elvetico basato sulla ricerca del consenso e del compromesso gode di ampio sostegno popolare. È però vero che l’elezione dei membri del governo direttamente da parte del popolo potrebbe funzionare, come lo dimostrano le elezioni dei membri dei 26 esecutivi cantonali.
“Gli elettori sembrano apprezzare il consenso politico. Vogliono che i partiti presentino candidati disposti a fare compromessi. Sarebbe molto improbabile che politici controversi, come la figura carismatica dell’UDC Blocher, riuscissero a raccogliere il sostegno sufficiente dei cittadini”, commenta il politologo.
Secondo i primi sondaggi d’opinione, per i promotori dell’iniziativa “Elezione del Consiglio federale da parte del popolo” sembra profilarsi una dura battaglia per riuscire a conquistare la maggioranza dei consensi. In un’indagine online condotta in febbraio soltanto il 40% dei partecipanti si è detto a favore della proposta.
Altri sviluppi
Iniziativa popolare
La proposta di modifica costituzionale prevede che il Consiglio federale sia eletto tramite votazione popolare, con il sistema maggioritario. L’elezione si svolgerebbe ogni quattro anni assieme a quella della Camera del popolo.
Tutta la Confederazione formerebbe un’unica circoscrizione elettorale. Le regioni e i cantoni francofoni e italofoni avrebbero diritto complessivamente ad almeno due dei sette seggi del governo federale.
I candidati che otterrebbero la maggioranza assoluta, sarebbero eletti già al primo turno. Nel ballottaggio, invece, basterebbe la maggioranza semplice.
D’altra parte, l’elezione del(la) presidente della Confederazione e del(la) suo(a) vice sarebbe di competenza del governo e non più del parlamento.
In passato, due iniziative popolare simili furono lanciate dal Partito socialista. Entrambe furono bocciate in votazione popolare: la prima nel 1900, la seconda nel 1942.
Il governo svizzero è composto di 7 membri, chiamati consiglieri federali, che sono eletti dal parlamento per un mandato di quattro anni. Nel corso del mandato ogni consigliere federale può dimettersi, ma non può essere destituito dal parlamento. Così come il governo non può sciogliere il parlamento.
I sette membri del governo prendono le decisioni in modo collegiale. Non c’è un primo ministro o un capo di governo.
I partiti dovrebbero essere rappresentati in governo proporzionalmente alla propria forza, secondo la cosiddetta “formula magica” introdotta nel 1959. Ma in seguito alla non rielezione dell’UDC Christoph Blocher, nel dicembre 2007, e alla conseguente spaccatura del suo partito, attualmente nell’esecutivo elvetico sono rappresentati cinque partiti, il cui numero di seggi non è più proporzionale alla loro forza in parlamento. Così, dal 1° gennaio 2009 i seggi del Consiglio federale sono suddivisi fra: socialisti (2) liberali radicali (2), popolari democratici (1), democentristi (1) e borghesi democratici, il partito nato dalla scissione dell’UDC (1).
(Traduzione dall’inglese: Sonia Fenazzi)
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