Il percorso accidentato dell’adesione della Svizzera all’ONU
Dopo decenni di dibattiti interni, il 10 settembre 2002 la Svizzera è diventata membro delle Nazioni Unite. Nell'anno del 20° anniversario dell'adesione, la Svizzera si prepara a scrivere un'altra pagina della sua storia: l'ingresso nel Consiglio di sicurezza dell'ONU come membro non permanente nel 2023.
“Il compito più grande ci aspetta ancora”, ha dichiarato sabato il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis in occasione della cerimonia per il 20° anniversario dell’adesione della Svizzera alle Nazioni Unite. “Dedicheremo i nostri sforzi alla ragion d’essere dell’ONU, salvare le prossime generazioni dal flagello della guerra”.
L’impegno a cui ha fatto riferimento Cassis è quello della Svizzera come membro non permanente del Consiglio di Sicurezza, un mandato che inizierà in gennaio e che durerà due anni.
La cerimonia si è svolta in Ticino durante l’inaugurazione di un modello in miniatura del Palazzo delle Nazioni, a celebrazione del ventennale.
Dibattito interno
La strada verso l’adesione alle Nazioni Unite non è stata semplice per la Svizzera, uno dei membri più recenti dell’organizzazione internazionale. All’interno del Paese, chi si opponeva sosteneva che l’appartenenza all’ONU avrebbe compromesso la neutralità elvetica.
Chi era a favore, affermava invece che l’adesione avrebbe consentito al Paese di esprimersi sulla scena internazionale e che la Svizzera avrebbe potuto mantenere la sua neutralità – uno statuto acquisito nel 1815 – anche in qualità di membro dell’ONU. La mediazione per la pace e l’aiuto umanitario, due dei principali contributi della Svizzera all’ONU, non avrebbero messo in discussione la sua neutralità, hanno sottolineato.
Nel 2002, dopo dei dibattiti molto accesi, l’adesione è stata approvata in votazione federale con una maggioranza del 54,6%. Dodici cantoni su 23 hanno votato a favore.
L’adesione alle Nazioni Unite significava che la Svizzera, che all’epoca aveva una popolazione di poco superiore ai 7 milioni di persone, avrebbe potuto influenzare le principali decisioni internazionali su sfide globali quali il cambiamento climatico e la sanità.
Consiglio di sicurezza dell’ONU
Due decenni dopo, l’elezione della Svizzera a membro non permanente del Consiglio di sicurezza, avvenuta lo scorso giugno, è stata altrettanto divisiva.
Un terzo della Camera del popolo, la camera bassa del Parlamento federale, non ha appoggiato la sua candidatura. I deputati e le deputate che l’hanno sostenuta hanno affermato che la neutralità è applicabile esclusivamente in caso di conflitto armato internazionale e che il Consiglio di sicurezza non l’avrebbe intaccata.
Nella votazione dell’Assemblea generale dell’ONU dello scorso 9 giugno, 187 dei 193 Stati membri dell’ONU hanno votato a favore della candidatura della Svizzera come membro non permanente del Consiglio di sicurezza per il periodo 2023-24. Nessun Paese si è opposto.
Prima del voto, il Presidente della Confederazione Ignazio Cassis aveva spiegato che le priorità della Svizzera per i prossimi due anni sarebbero state “la pace sostenibile, il cambiamento climatico, la sicurezza e la protezione delle popolazioni civili”.
La Svizzera si batterà inoltre affinché la questione della sicurezza climatica sia maggiormente considerata nel processo decisionale del Consiglio di sicurezza.
La Svizzera ha investito 24,5 milioni di franchi svizzeri per sostenere la sua candidatura e il suo seggio nel Consiglio di sicurezza dell’ONU. Nel 2021, ha contribuito al bilancio ordinario delle Nazioni Unite con 101,67 milioni di franchi. La Svizzera è il 18° maggior contribuente.
Articolo curato da Virginie Mangin
Traduzione dall’inglese di Luigi Jorio
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