Il segreto bancario perde altro terreno
La Svizzera va ulteriormente incontro all'estero nella lotta contro l'evasione fiscale: dal 1° gennaio dovrebbero essere ammesse domande di assistenza raggruppate.
L’assistenza amministrativa contro presunti evasori fiscali è concessa soltanto in casi singoli, con l’indicazione dell’identità del presunto colpevole e se i sospetti sono fondati. Ciò per impedire le cosiddette “fishing expedition”, vale a dire la raccolta indiscriminata di informazioni su contribuenti.
Questa era finora la dottrina ufficiale della Confederazione nella battaglia per la difesa dei clienti esteri degli istituti di credito elvetici, già messi a dura prova da un forte allentamento del segreto bancario svizzero. L’unica eccezione a queste regole è l’accordo di doppia imposizione con gli Stati Uniti, che consente le domande raggruppate, seppur con determinate limitazioni.
Il 18 luglio anche la Svizzera ha approvato lo sviluppo dello standard dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE). Di conseguenza, nell’assistenza amministrativa fiscale devono essere consentite le domande raggruppate.
La paura delle liste grigie
Il nuovo standard OCSE segna un’inversione di tendenza della Svizzera, visto che il governo federale una maggioranza parlamentare si era ancora opposta all’inizio di quest’anno alle domande raggruppate. Ma il timore che l’OCSE avrebbe iscritto la Svizzera su una lista grigia, o perfino nera, dei cosiddetti paradisi fiscali, se non avesse implementato il nuovo standard, ha indotto a cambiare rotta.
Così adesso il parlamento ha concluso i lavori relativi alla nuova legge sull’assistenza amministrativa fiscale, nella quale ha introdotto la possibilità di autorizzare richieste raggruppate.
L’affossamento del segreto bancario
“Non ci fa affatto piacere, ma le domande raggruppate non possono più essere evitate”, ha detto il deputato verde liberale Thomas Maier nel dibattito alla Camera del popolo, riassumendo in pratica l’opinione dei partiti di centro. Per la sinistra rosso-verde si tratta invece di “un passo nella giusta direzione”. Mentre per l’Unione democratica di centro (UDC) questa decisione porta “definitivamente nella tomba il segreto bancario”.
Il parlamento ha lasciato aperta la questione di quali limitazioni dovrebbero essere poste alle domande raggruppate. Quindi, anche dopo la decisione parlamentare non è ancora chiaro su cosa si differenziano le domande raggruppate dalle “fishing expedition”, che ufficialmente la Svizzera rifiuta ancora.
Responsabilità delegata ai tribunali
Peter V. Kunz, professore di diritto economico e di diritto comparato presso l’università di Berna afferma di non avere “francamente alcuna idea” di quale sia la differenza. “Da anni critico il fatto che in questa problematica non è possibile fare una distinzione giuridica chiara. La sfumatura tra domanda raggruppata e “fishing expedition” è totalmente vaga e incerta”, dichiara l’esperto a swissinfo.ch.
L’interpretazione dei criteri precisi per domande raggruppate, secondo Kunz, è una “vera e propria miniera d’oro per i giuristi”. “Si tenta di guadagnare una certa sicurezza tramite degli esempi. Ci sono esempi bianchi ed esempi neri. Il problema però è che nella pratica ci sono più esempi grigi, che portano a conflitti”.
Kunz pronostica che nei previsti numerosi contenziosi, saranno chiamati a decidere i tribunali. “Il principale problema di natura costituzionale è che il parlamento ha scaricato la sua responsabilità legislativa sul potere giudiziario. I tribunali dovranno decidere su casi per i quali non troveranno semplicemente le risposte nella legge”.
Minacce dei socialdemocratici tedeschi
Il parlamento ha discusso, ma non ancora deciso definitivamente, la data d’inizio di applicazione della nuova legge sull’assistenza amministrativa fiscale. Con ogni probabilità, comunque, il governo la porrà in vigore dal 1° gennaio 2013.
La Svizzera, almeno per ora, non ha quindi soddisfatto la richiesta dei socialdemocratici tedeschi di un’applicazione retroattiva. In teoria, l’esecutivo federale potrebbe permettere un effetto retroattivo al 18 luglio scorso, data dalla quale gli Stati membri dell’OCSE devono accettare le domande raggruppate. Kunz giudica comunque la questione “relativamente delicata. Certo sarebbe possibile. Ma alla fine un tribunale dovrebbe decidere se tale retroattività è legale o no”.
Esponenti del partito socialista tedesco criticano la scadenza, affermando che questo termine consentirebbe agli evasori del fisco germanico di trasferire i loro averi non tassati dalla Svizzera verso altri paradisi fiscali. Questo è uno dei motivi per cui al Bundesrat (la Camera dei Länder) vogliono affossare l’accordo sull’imposta liberatoria concluso tra Berna e Berlino.
Nella Camera dei Länder, i socialisti tedeschi hanno la maggioranza. Se la Svizzera non si dichiara disposta ad autorizzare con effetto retroattivo le domande raggruppate, l’accordo fiscale è “morto stecchito”, hanno messo in guardia nei giorni scorsi vari esponenti socialisti di spicco ai media tedeschi. La decisione del Bundesrat tedesco è in calendario in novembre.
Nel 2009, il G20 (gruppo che riunisce le 20 principali economie mondiali) ha posto su una lista grigia la Svizzera e altri paesi, che non si erano conformati agli standard dell’OCSE sullo scambio d’informazioni fiscali.
Per evitare di finire sulla lista nera, il governo elvetico è stato costretto a firmare rapidamente nuove convenzioni di doppia imposizione fiscale, conformi alle norme dell’OCSE.
In base a tali accordi, la Svizzera s’impegna ora a fornire informazioni ad altri paesi anche in caso di sottrazione fiscale – l’omissione, intenzionale o meno, di dichiarare dei redditi al fisco – e non più solo per i casi di frode fiscale – il tentativo di ingannare il fisco falsificando ad esempio dei documenti.
L’OCSE sta elaborando diverse altre norme, alle quali tutti i paesi, membri o non membri, dovranno adeguarsi nei prossimi anni. Tra queste, l’obbligo di concedere assistenza amministrativa anche per gruppi di contribuenti, senza che il paese richiedente debba fornire prove precise.
Tra il 20 marzo e il 13 aprile, la Svizzera ha firmato con Gran Bretagna, Germania e Austria tre nuove convenzioni, denominate Rubik, sulla collaborazione in ambito di fiscalità e mercati finanziari.
In base a tali accordi, Berna si impegna a riversare a questi paesi un’imposta per regolarizzare il passato, prelevata dagli averi depositati nelle banche svizzere dai cittadini dei tre paesi.
Per la Germania e la Gran Bretagna, l’aliquota applicata oscilla tra il 21 e il 41% del valore patrimoniale, a seconda della durata della relazione bancaria e dell’ammontare del patrimonio. Per l’Austria tra il 15 e il 38%.
A partire dall’entrata in vigore della convenzione, la Svizzera riverserà inoltre ogni anno un’imposta alla fonte pari al 26% dei redditi da capitale alla Germania, del 27 – 48% alla Gran Bretagna e del 25% all’Austria.
Questi accordi fiscali, approvati in maggio dal parlamento, sono contestati da un referendum in Svizzera e dovranno ancora essere ratificati dai parlamenti in Germania e Gran Bretagna.
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
In conformità con gli standard di JTI
Altri sviluppi: SWI swissinfo.ch certificato dalla Journalism Trust Initiative
Potete trovare una panoramica delle discussioni in corso con i nostri giornalisti qui.
Se volete iniziare una discussione su un argomento sollevato in questo articolo o volete segnalare errori fattuali, inviateci un'e-mail all'indirizzo italian@swissinfo.ch.