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Votazione federale 27.9.2020: iniziativa per un’immigrazione moderata

Impatto della libera circolazione delle persone: cosa dicono le cifre

Des frontaliers frontaliers traversent le lac Léman pour se rendre au travail en Suisse.
Transfrontalieri francesi giungono ogni giorno in Svizzera anche attraverso il Lago Lemano . Keystone / Jean-Christophe Bott

L'immigrazione europea in Svizzera risponde nell’insieme alle esigenze del mercato del lavoro e l'abolizione della libera circolazione delle persone costerebbe caro all'economia svizzera: queste le conclusioni di diversi studi effettuati negli ultimi anni.

L’Unione democratica di centro (UDC) vuole un’immigrazione “moderata”, senza libera circolazione delle persone. Con un’iniziativa popolare, che sarà sottoposta a votazione federale il 27 settembre, il partito conservatore di destra esige l’abrogazione dell’Accordo sulla libera circolazione delle persone in vigore con l’UE e vuole vietare la conclusione di nuovi trattati che garantiscano un regime analogo a cittadini stranieri.

Qual è la valutazione economica degli effetti avuti da questo accordo a vent’anni dalla sua conclusione? La Svizzera ha beneficiato dell’apertura del suo mercato del lavoro ai lavoratori europei? La risposta può essere data in cifre.

Vent’anni di libera circolazione delle persone

Firmato il 21 giugno 1999 tra la Svizzera e l’Unione europea, l’Accordo sulla libera circolazione delle persone facilita le condizioni di soggiorno e di lavoro sul territorio elvetico per i cittadini degli Stati dell’Unione europea (UE) e dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). L’accordo è in vigore dal 1° giugno 2002 ed è stato esteso nel 2006, 2009 e 2017 ai cittadini dei nuovi Stati dell’UE. Il diritto alla libera circolazione delle persone è completato da disposizioni sul reciproco riconoscimento dei diplomi, sull’acquisizione di beni immobili e sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.

In che modo l’accordo sulla libera circolazione delle persone ha influito sull’immigrazione?

L’accordo ha fatto aumentare l’immigrazione dai membri dell’UE e dell’AELS (Associazione europea di libero scambio). Nel 2002, quando l’accordo è entrato in vigore, poco meno di 900’000 cittadini di questi paesi risiedevano in Svizzera. Da allora il loro numero è salito di quasi il 60% a 1,4 milioni.

La Svizzera è il secondo paese europeo con la più alta percentuale di stranieri provenienti dall’UE/AELS tra la popolazione attiva (quasi il 20%), dopo il Lussemburgo. Il numero di frontalieri che lavorano in Svizzera è più che raddoppiato tra il 2002 e il 2019, passando da 162’000 a quasi 330’000.

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L’immigrazione netta di residenti dall’UE – la differenza annuale tra arrivi e partenze – è però in calo dal 2013 e attualmente supera di poco le 30’000 unità. La migrazione netta è strettamente legata agli sviluppi ciclici: le fasi di crescita sono generalmente accompagnate da un aumento delle eccedenze migratorie e viceversa, osserva l’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone, il cui ultimo rapporto è stato pubblicato a fine giugno.

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In quali settori lavorano i cittadini dell’UE/AELS?

L’industria, le cure mediche, il commercio e le professioni tecnico-scientifiche sono i principali settori dell’economia svizzera in cui operano gli immigrati europei. Sono molto numerosi negli alberghi/ristorazione e edilizia, dove rappresentano rispettivamente il 30% e il 25% del numero totale di persone impiegate. Sono invece meno presenti nell’amministrazione pubblica e nell’agricoltura.

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Si integrano nel mercato del lavoro a spese degli svizzeri?

Il lavoro è il motivo principale dell’immigrazione per la maggior parte degli immigrati dell’UE/AELS, ciò che si riflette in una partecipazione al mercato del lavoro superiore alla media. L’anno scorso il loro tasso di occupazione – ossia la percentuale di occupati e disoccupati calcolata dall’Ufficio internazionale del lavoro (UIL) – è stata dell’87,7%, contro l’84,3% in media e l’84,6% per i cittadini svizzeri.

Un altro indicatore dell’integrazione nel mercato del lavoro è il tasso di disoccupazione. Per i cittadini dell’UE, questo tasso si è evoluto dal 2012 in linea con la situazione economica ed è rimasto al di sopra della media svizzera (ma notevolmente al di sotto della media UE). Ciò si spiega anche con il fatto che parte di questa immigrazione sia concentrata in settori più minacciati dalla disoccupazione e più soggetti a rischi stagionali.

Nello stesso periodo, il tasso di disoccupazione dei cittadini svizzeri è variato poco e si è mantenuto ad un livello basso.

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Questi indicatori portano l’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone a dire che l’immigrazione dall’UE/AELS “sembra aver soddisfatto le esigenze del mercato del lavoro”. Secondo la sua sintesi, “non vi sono prove che l’immigrazione abbia avuto un impatto negativo sulle prospettive occupazionali della popolazione indigena”. Al contrario, gli immigrati europei hanno contribuito alla flessibilità del mercato del lavoro.

Diversi studi condotti negli ultimi anni su incarico della Segreteria di Stato dell’economia (SECO) hanno esaminato i possibili effetti di esclusione dal mercato del lavoro della popolazione locale. La maggior parte è d’accordo sul fatto che sono praticamente impercettibili a livello globale e che la manodopera straniera è più un complemento alla forza lavoro locale che una concorrenza.

Alcuni, tuttavia, individuano sottogruppi di popolazione che sarebbero leggermente penalizzati, come le persone altamente qualificate nate in Svizzera, secondo uno studio pubblicato nel 2013.

Gli immigrati provenienti dall’UE/AELS sono più o meno qualificati?

Secondo questo studio, gli immigrati europei altamente qualificati “possono sostituire persone residenti in Svizzera che hanno lo stesso livello di istruzione”, ma questo viene compensato a livello globale dal fatto che possono anche “creare posti di lavoro per altri con qualifiche inferiori”.

La percentuale di persone con un’istruzione superiore è effettivamente elevata tra la forza lavoro dell’UE/AELS, ma all’altro capo del ventaglio, un quarto di loro si è fermato al livello della scuola dell’obbligo.

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L’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone ritiene che questi diversi livelli di formazione soddisfino le esigenze dell’economia: l’immigrazione altamente qualificata “ha contribuito alla transizione strutturale dell’economia svizzera verso attività ad alto valore aggiunto”, mentre per i posti di lavoro poco qualificati che non sono occupati dagli svizzeri, “le aziende soddisfano le loro esigenze di personale utilizzando principalmente manodopera UE/AELS”.

L’immigrazione ha fatto scendere i salari?

Una serie di studi condotti negli ultimi anni, per lo più commissionati dalla SECO, hanno identificato gli impatti sui salari di alcuni gruppi professionali, ma le loro conclusioni variano. Alcuni ricercatori hanno costatato pressioni sui salari di persone altamente qualificate, altri hanno concluso che le restrizioni salariali hanno colpito soprattutto le persone poco qualificate.

Uno studio attribuisce all’immigrazione la crescita dei salari degli svizzeri altamente qualificati, un altro ritiene che siano stati i lavoratori svizzeri poco qualificati a beneficiare dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. Infine, alcuni studi non rilevano alcun effetto statisticamente significativo dell’immigrazione sui salari.

A livello globale, il salario mediano degli svizzeri e di tutti gli stranieri (non sono disponibili i dettagli per l’UE/AELS) è comunque aumentato costantemente e quasi in ugual misura tra il 2008 e il 2018 (rispettivamente 0,84% e 0,87% all’anno).

L’Osservatorio sulla libera circolazione delle persone ritiene pertanto che non vi sia stato “alcun impatto negativo” dell’immigrazione sull’andamento generale dei salari.

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Quanto costerebbe all’economia svizzera la fine della libera circolazione?

In seguito all’accettazione il 9 febbraio 2014 dell’iniziativa dell’UDC “contro l’immigrazione di massa”, che ha indotto le autorità a temere una rimessa in discussione dell’accordo sulla libera circolazione, la SECO ha commissionato due studi per valutare le conseguenze economiche a lungo termine di un tale scenario.

Questi rapporti, pubblicati nel 2015, affermano in particolare che la crescita della popolazione attiva indotta dall’accordo sulla libera circolazione ha portato sia ad una crescita del potenziale produttivo dell’economia che ad un aumento complessivo della domanda, ciò che ha favorito la crescita.

Gli economisti sono unanimi nel ritenere che la fine della libera circolazione costerebbe caro alla Svizzera. Entro il 2035, prevedono che il PIL sarà inferiore del 3 al 4%, il commercio estero sarà indebolito e il reddito da lavoro della popolazione attiva sarà inferiore di circa 400 milioni di franchi rispetto a un futuro in cui la liberà circolazione sarebbe ancora in vigore.

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Traduzione di Armando Mombelli

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