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Imposizione minima dell’OCSE: “Con un no ci si darebbe la zappa sui piedi”

Monika Rühl
Monika Rühl è direttrice dell''organizzazione mantello delle imprese svizzere (economiesuisse) dal 2014. © Keystone / Peter Klaunzer

Approvando l'imposizione minima dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, le ulteriori entrate fiscali rimarrebbero in Svizzera. È quanto afferma chi sostiene l'oggetto in votazione il 18 giugno. Monika Rühl, direttrice di economiesuisse, illustra gli argomenti a favore del progetto dell'OCSE.

SWI swissinfo.ch: È sicuramente in grado di spiegare in tre frasi perché l’elettorato deve approvare l’oggetto in votazione. Quali sono le motivazioni principali?

Monika Rühl: Bisogna votare sì affinché le ulteriori entrate fiscali rimangano in Svizzera e non defluiscano verso altri Paesi. Inoltre, grazie alla perequazione finanziaria tutti i Cantoni approfittano in ugual misura di queste imposte. Infine, anche in futuro la Svizzera deve rimanere una piazza economica attrattiva: tutti traggono benefici se le grandi imprese hanno la loro sede e pagano le loro imposte nella Confederazione.

La Svizzera non rischia di aver un ulteriore problema di immagine se non rispetta gli standard internazionali in materia fiscale?

In questo caso, le entrate fiscali defluirebbero semplicemente verso altri Paesi. Permettendolo ci daremmo la zappa sui piedi. Solo se approviamo l’oggetto in votazione, i soldi rimarranno in Svizzera.

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L’imposizione minima dell’OCSE è stata modificata riducendo l’aliquota dal 21 al 15%. Cosa risponde a chi sostiene che è troppo poco?

Circa 140 Paesi si sono accordati sull’imposizione del 15%. Tutti questi Stati attuano questo progetto ed è ciò che vuole fare anche la Confederazione. È nel nostro interesse fare in modo che il 15% dell’aliquota dei grandi gruppi di imprese attivi a livello internazionale rimanga in Svizzera e che queste entrate possono essere investite qui.

Non applicando l’imposizione minima, le ulteriori entrate finirebbero semplicemente all’estero e noi rimarremmo con un pugno di mosche. Anche chi è contrario si è reso conto del rischio. Ad esempio, i Verdi non hanno dato alcuna indicazione di voto e alcune sezioni del Partito ecologista si sono espresse a favore dell’oggetto in votazione. Anche alcuni ed alcune esponenti di spicco del Partito socialista sostengono il progetto.

Ma proprio la Svizzera si era adoperata affinché l’aliquota fosse più bassa. Qual è la sua opinione al riguardo?

Imposizioni fiscali attrattive per le imprese sono un importante fattore di successo che ha permesso alla Svizzera di aumentare costantemente le sue entrate fiscali. L’obiettivo è ora di accordarsi a livello internazionale su un’imposizione minima del 15% per le grandi multinazionali per garantire pari condizioni. Le linee guida dell’OCSE per l’attuazione di questo progetto sono molto chiare e sono uguali in tutti i Paesi.

Chi si oppone sostiene che le imprese attive a livello internazionale generano i loro profitti nel Sud globale. Per questo motivo, una parte delle imposizioni fiscali dovrebbero essere versata in questi Paesi. È un argomento che la convince?

Anche se lo sviluppo del Sud globale è una questione molto importante, non credo vada sostenuto con le imposizioni sull’utile. Ci sono strumenti più adeguati.

Quali? Ci può fare qualche esempio?

I Paesi del Sud globale devono diventare più attrattivi per gli investimenti. Devono migliorare la certezza del diritto e le condizioni quadro. Da questo punto di vista, la Confederazione sostiene questi Stati con progetti promossi nell’ambito della cooperazione allo sviluppo.

Non a caso, la maggior parte delle imprese di cui stiamo parlando ha scelto di avere la propria sede nei Paesi industrializzati, dove si applica l’imposizione minima. L’attrattiva dei Paesi in via di sviluppo è decisamente minore. Questi approfittano però degli investimenti diretti delle multinazionali.

A far discutere è anche la distribuzione delle entrate fiscali in Svizzera. I Cantoni ne beneficiano in maniera diversa. Non sarebbe meglio far confluire una quota maggiore nella perequazione finanziaria nazionale?

Ma è proprio ciò che sta avvenendo. Prima di tutto voglio ricordare che la chiave di ripartizione è sostenuta dalla Confederazione, da tutti i Cantoni, dalle Città e dai Comuni. Grazie alla perequazione finanziaria tutti i Cantoni traggono beneficio dalle ulteriori entrate dell’imposizione minima. Più soldi finiscono nella perequazione finanziaria, più soldi ricevono i Cantoni.

immagine che illustra la chiave di distribuzione delle entrate fiscali supplementari
Kai Reusser / swissinfo.ch

E poi va considerato che l’aumento dell’aliquota comporta una perdita d’attrattiva per alcuni Cantoni. Per continuare ad attirare imprese attive a livello internazionale devono poter adottare altre misure e sviluppare una nuova strategia. Potrebbero, ad esempio, sostenere le attività di ricerca e di sviluppo o la creazione di asili nido.

In questo modo viene però promossa la concorrenza fiscale tra Cantoni…

È proprio il contrario. La concorrenza fiscale viene ridotta. L’imposizione minima del 15% è uguale ovunque.

I Cantoni economicamente più forti possono però investire le ulteriori entrate per ridurre le imposte in altri ambiti. E ciò aumenterebbe la concorrenza fiscale.

Se un Cantone vuole puntare su una simile strategia, l’elettorato sarà chiamato a votare su questi progetti di sgravio fiscale. L’ultima parola spetterà quindi al popolo.

Le voci contrarie parlano di scappatoie e sostengono che il sistema fiscale svizzero permette alle imprese di compensare le imposizioni minime dell’OCSE. Come controbatte a questa argomentazione?

L’OCSE definisce come va applicata l’imposizione minima ed è l’organo di controllo, un aspetto, me lo lasci dire, che non mi entusiasma. Ciò significa che c’è una supervisione sulla sua applicazione e per questo motivo non è possibile aggirare il sistema.

Traduzione di Luca Beti

Fabian Molina, consigliere nazionale del Partito socialista svizzero, ci spiega perché è contrario all’imposizione minima dell’OCSE:

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