In giro per la Tunisia in bici per combattere l’astensionismo
A qualche giorno dalle elezioni, un gruppo di giovani ha percorso, in bus e in bicicletta, le regioni rurali del paese per incitare i cittadini ad andare a votare. L’esito della transizione democratica è legato anche alla partecipazione allo scrutinio.
Un plotone di ciclisti un po’ particolare è partito da Tunisi il 12 ottobre scorso. Per dieci giorni, una ventina di attivisti della rete di associazioni tunisine Lam EchamlCollegamento esterno ha percorso i 24 governatorati del paese – l’equivalente dei cantoni svizzeri – in bus e in bicicletta per spingere i cittadini delle regioni rurali a partecipare alle legislative del 26 ottobre e alle presidenziali, il cui primo turno è previsto il 23 novembre. A quattro anni dalla rivoluzione del 14 gennaio 2011, questi appuntamenti dovrebbero rafforzare la transizione democratica e riportare stabilità nel paese. Ma l’astensionismo potrebbe guastare la festa.
Secondo gli osservatori, il tasso d’astensione potrebbe essere ancora più alto di quello registrato in occasione delle elezioni dell’Assemblea nazionale costituente (ANC) nel 2011, quando oltre la metà degli aventi diritto non era andata a votare. In causa vi è una disaffezione crescente nei confronti del mondo politico e una situazione considerata peggiore di quella precedente alla caduta del dittatore Zine el-Abidine Ben Ali. I tunisini si lamentano dei rifiuti che invadono le strade, dell’aumento del costo della vita, dell’incremento dell’insicurezza. Criticano anche l’egoismo e le “menzogne” dei politici. L’alto numero dei candidati alle legislative (1327 liste) e alle presidenziali (27 pretendenti), l’onnipresenza della politica nei media, gli scandali che si moltiplicano e i toni accesi dei dibattiti hanno contribuito a creare un certo sconforto nella popolazione.
La democrazia ha perso il suo fascino in Tunisia
L’interesse per la democrazia è scemato in Tunisia dopo la rivoluzione del 14 gennaio 2011. Solo il 48% dei cittadini considera che questo sistema politico è preferibile ad altre forme di governo, contro il 63% nel 2012, secondo uno studioCollegamento esterno del think tank americano Pew Research Center, pubblicato il 15 ottobre. Il 51% dei tunisini ritiene che il paese si trovi in una situazione ben più difficile che sotto il regime dittatoriale di Ben Ali.
Coloro che hanno condotto il paese durante la transizione pagano le conseguenze di questo malcontento. Il movimento islamista Ennahdha, così come i due partiti laici di centro-sinistra Ettakatol e il Congresso per la Repubblica (CPR) del presidente provvisorio Moncef Marzouki, che hanno guidato la Tunisia dal dicembre 2011 a gennaio 2014 in seno al governo della troika, prima di lasciare il posto a un’amministrazione di tecnocrati, hanno registrato un forte calo di consensi. La popolarità di Ennahdha, grande vincitore delle elezioni dell’Assemblea nazionale costituente nel 2011, è scesa dal 65 al 31%. Agli islamisti viene rimproverata, tra l’altro, l’incompetenza nel gestire alcuni dossier, la tendenza al clientelismo, il tentativo di strumentalizzare la religione o il lassismo di fronte al pericolo del terrorismo.
Nonostante tutto, Ennahdha dovrebbe comunque ottenere un buon risultato alle legislative del 26 ottobre, secondo Mohamed Kerrou, professore alla facoltà di diritto e di scienze politiche a Tunisi. Il movimento dovrebbe essere superato unicamente dal partito socialdemocratico Nidaa Tounes, creato nel 2012. Da sole, queste due formazioni dovrebbero raccogliere dal 50 al 60% dei voti, contro il 10-20% di una terza forza politica ancora indefinita, afferma il politologo. Il presidente di Nidaa Tounes, Béji Caïd Essebsi, che presenta il suo partito come una «alternativa moderna all’islamismo», è il candidato favorito per la presidenza della Tunisia.
Le conseguenze negative dell’astensionismo sono state sottolineate da più parti. Pubblicato in giugno, un rapporto dell’ONG International Crisis Group – attiva nella prevenzione e la risoluzione di conflitti – indica che un tasso di partecipazione troppo basso favorirebbe i partiti radicali e populisti. In luglio, Farhat Horchani – presidente dell’Associazione tunisina di diritto costituzionale – ha evocato il rischio di disordini, tensioni e di un’interruzione del processo di transizione.
Puntare sulle zone rurali
Sensibilizzare e mobilitare i tunisini rappresenta dunque una sfida cruciale, per la quale si sta battendo Lam Echaml. L’organizzazione, apolitica, è stata creata all’indomani della rivoluzione. Raggruppa associazioni della società civile e cittadini indipendenti che difendono l’idea di una Tunisia «moderna, repubblicana e democratica». In vista delle elezioni dell’ANC, nel 2011, Lam Echaml aveva lanciato una campagna di sensibilizzazione al voto (Vox in Box), alla quale avevano partecipato 120 giovani di tutte le regioni. L’operazione è stata ripetuta quest’anno ed è in questo contesto che è stato organizzato, per la prima volta, il “Tour ciclo-elettorale della Tunisia”. Malgrado il nome, il viaggio si è svolto per lo più in pullman. Le biciclette, trasportate in un camioncino separato, sono state utilizzate solo per percorrere qualche chilometro al giorno.
Se l’operazione Vox in Box si rivolge soprattutto a un elettorato femminile e giovane, i ciclisti puntano invece a raggiungere gli abitanti delle campagne. Stando all’agenzia di ricerche Sigma ConseilCollegamento esterno, nelle regioni rurali il tasso di astensione dovrebbe essere del 60% circa, il 10% in più rispetto alle regioni urbane. E nelle aree più povere del nord-ovest e centro-ovest potrebbe raggiungere il 65%. È proprio in questi governatorati (Kef, Biserta, Béja, Jendouba, Siliana, Kairouan, Sidi Bouzid, Kasserine) che è iniziato il periplo di Lam Echaml, che swissinfo.ch ha seguito per un paio di giorni
Da sempre, queste zone dall’alto tasso di disoccupazione sono state trascurate da Tunisi. Contrariamente alle regioni costiere dell’est, non c’è autostrada che le attraversa. «Questa parte della Tunisia è utilizzata solo per rifornire la capitale di cibo, per l’agricoltura e le miniere. Tutto qui», si lamenta il 25enne Imen Rouahi, architetta indipendente e vicepresidente di Lam Echaml, mentre il bus avanza su una strada accidentata in mezzo a campi brulli e mucche pelle e ossa.
Messaggi nei quaderni dei bambini
Per raggiungere gli abitanti dei villaggi, spesso discosti, Lam Echaml ha scelto di passare attraverso i bambini, o per meglio dire gli alunni delle scuole elementari. Questi istituti sono infatti un luogo di incontro privilegiato. L’organizzazione ha distribuito circa 7mila quaderni con messaggi di sensibilizzazione e 8mila volantini sulle procedure di voto. La quasi totalità delle scuole visitate non è dotata di acqua potabile. Ogni mattina i bambini camminano diversi chilometri per seguire le lezioni, portandosi appresso ciascuno la propria bottiglia.
L’operazione di sensibilizzazione è complicata dal fatto che molti genitori sono analfabeti. «Quasi la metà», stima un professore di una scuola che ospita 280 bambini, poco lontano dalla città di Kairouan. «Inoltre alcuni non hanno più un documento d’identità». Segno del poco interesse per le elezioni, gli spazi destinati ai manifesti dei partiti sono ancora vuoti. «La politica sono solo parole al vento. Per noi, non c’è nulla», afferma un altro professore che insegna nel governatorato di Kasserine, vicino alla frontiera con l’Algeria.
Dal canto loro, i membri di Lam Echaml ritengono invece che «il futuro della Tunisia» sia legato alla coscienza civica, alla «consapevolezza che le elezioni sono l’unico strumento per cambiare il paese», come afferma il 24enne Shady Rabhi, rimasto disoccupato dopo una laurea in biologia medica. Imen, l’architetta, sottolinea comunque che «tutti i problemi non possono essere risolti in soli tre anni. La transizione democratica necessita tempo».
Mohamed Ben Arfa, studente 24enne in sviluppo territoriale sostenibile, identifica due ostacoli maggiori: l’economia e l’educazione. «L’educazione era a livelli scarsi prima della rivoluzione; oggi è ancora peggio». Anche per quanto riguarda l’economia, gli indicatori non sono buoni. Un unico esempio: il tasso di disoccupazione supera il 15%, secondo le cifre ufficiali, contro il 13% nel 2010. Nella fascia d’età 15-29 anni si attesta al 35%.
«Assenza della società civile»
Stando a Mohamed Ben Arfa, la Tunisia ha bisogno anche di «più sicurezza, o stabilità, senza la quale nulla è possibile». Dal 2012, i combattimenti tra gruppi jihadisti e forze di sicurezza hanno fatto decine di morti nel Djebel Chambi, una zona di montagna situata vicino a Kasserine. Una trentina di soldati tunisini sono stati uccisi e gli scontri avvengono ancora regolarmente nella regione. Il paese è stato inoltre scosso lo scorso anno dall’assassinio di Mohamed Brahmi e Chokri Belaïd, due figure politiche della sinistra.
Qual è l’impatto auspicato della campagna di Lam Echaml? «Faremo una valutazione, spiega uno degli organizzatori, Tarak Mahdhaoui. La società civile è la grande assente di questa campagna elettorale, così come l’Istanza superiore indipendente per le elezioni (Isie)». Guarda con fiducia all’avvento della democrazia? «La transizione c’è. È come me l’ero immaginata? No. Ma la realtà è sempre diversa. La Tunisia è uno dei pochi paesi che ha portato avanti con successo la transizione democratica e politica senza troppi morti. Ci avviciniamo alle seconde elezioni, bene o male. Probabilmente non siamo sempre sulla retta via, ma teniamo duro».
Sostegno svizzero alle elezioni
La Confederazione ha stanziato 2,3 milioni di franchi per sostenere le elezioni legislative e presidenziali in Tunisia. Fondi che saranno utilizzati principalmente per l’acquisto di materiale elettorale, l’invio di osservatori e il sostegno a organizzazioni che vegliano al buon funzionamento del processo democratico.
Dopo la rivoluzione del 14 gennaio 2011, la Svizzera ha rafforzato il suo impegno in Tunisia, con un programma di sostegno al processo di transizione democratica. In tre anni, il budget è passato da 10 a 25 milioni di franchi: la metà è destinata alle regioni povere del sud-ovest.
In questo ambito, la Svizzera sostiene in particolare una ventina di associazioni e ONG della nascente società civile tunisina, di cui fa parte Lam Echaml. Il giornale online dell’organizzazione, denominato «Lam-e-news», è stato creato in partenariato con la Confederazione.
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