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In viaggio con Henry nella democrazia scozzese

Henry Ferguson e Isobel Shands
L'attivista Isobel Shand e Henry Ferguson ai margini del Saint Fitticks Park, a ridosso del porto meridionale di Aberdeen, in Scozia. Bruno Kaufmann/swissinfo.ch

Originario di un villaggio nei pressi di Glasgow, il revisore dei conti Henry Ferguson, dopo qualche deviazione, è finito a Ginevra. Ora contribuisce con le sue conoscenze della democrazia svizzera al dibattito scozzese sull'indipendenza.

Il messaggio mi ha raggiunto da lontano in uno dei giorni più caldi dell’estate: “In Scozia succedono cose molto interessanti, vale la pensa di farci una visita”, mi ha scritto il mittente, aggiungendo: “Sto cercando di arricchire il dibattito pubblico sul futuro della democrazia scozzese con le mie esperienze svizzere”.

Poche settimane dopo siedo fradicio e intirizzito in un angusto scompartimento ferroviario. Lungo il percorso verso la stazione di Edimburgo piove. Una pioggia orizzontale, come si può trovare solo in Scozia.

Di fronte a me siede un uomo anziano, dal portamento sportivo, con una giacca da pioggia blu e un maglione di lana grigio. Ha grandi progetti: “Per poter diventare davvero indipendenti, noi scozzesi abbiamo bisogno di maggiore decentramento e di più democrazia diretta”.

Questo testo è il risultato di un appello rivolto dal nostro corrispondente per la democrazia agli svizzeri e alle svizzere all’estero affinché lo contattino per raccontare le loro esperienze e osservazioni sulla democrazia nel loro Paese di residenza. Anche voi avete una storia emozionante da raccontare? Mettetevi in contatto con noi e invitate il nostro corrispondente!

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Il compagno di viaggio e autore della mail si chiama Henry Ferguson ed è nato nel 1943 a Uplawmoor, un piccolo villaggio a 25 chilometri a sud di Glasgow. Suo padre era revisore dei conti, la madre casalinga.

Secondo di tre figli, già a nove anni Henry è entrato in un collegio nella cittadina di Dollar, dov’è rimasto per otto anni. Dopo altri sette anni di studio a Glasgow, Henry era pronto ad affrontare il mondo: “La Scozia all’epoca non era il luogo più appassionante per un giovane curioso.”

“Per l’indipendenza con mezzi pacifici”

Il viaggio in treno da Edimburgo ad Aberdeen dura due ore e mezza. Dopo pochi minuti attraversiamo il Forth Bridge, un simbolo nazionale, patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco.

A destra lo sguardo si apre verso il Firth (il nome scozzese dei fiordi) e il Mare del Nord, a sinistra risale il fiume verso Stirling. Lì nel XIII secolo gli scozzesi vinsero una battaglia importante nella loro lotta per l’indipendenza contro gli inglesi. “Oggi ci impegniamo con mezzi pacifici per l’indipendenza”, dice Henry.

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Quel che significa concretamente lo scopriamo in questa fresca giornata d’autunno ad Aberdeen. La terza più grande città scozzese, con oltre 230’000 abitanti, è servita negli anni soprattutto da hub e da porto di approvvigionamento per l’industria petrolifera e del gas.

Ora, in vista di un futuro abbandono delle energie fossili, la città vuole riorientarsi: per esempio attraverso la costruzione di un enorme impianto portuale e industriale per l’energia eolica e la mobilità elettrica, “su una delle ultime aree verdi della città”, come osserva Isobel Shand, dell’associazione degli Amici del parco Saint Fitticks.

St. Fitticks
Le rovine della chiesa di Saint Fittick, risalente al XIII secolo, nel parco di fronte al nuovo porto in costruzione di Aberdeen. Bruno Kaufmann/swissinfo.ch

Al centro del parco, che forma un ampio biotopo, sorgono le rovine della chiesa di Saint Fittick e il sepolcro di un monaco irlandese, sbarcato in questo luogo nel VII secolo per mettersi in salvo da una tempesta e venerato come “santo dei giardinieri”.

Appena dietro si intravvedono le gru del nuovo porto: “A noi – al Paese, alla città e alle persone –mancano gli strumenti politici per contrapporre la nostra voce a quella degli interessi globali e britannici”, dice Shand, scienziata ambientale in pensione.

Dai Caraibi alla Svizzera, e di nuovo in Scozia

Henry Ferguson ascolta attentamente, poi spiega come in Svizzera i Cantoni e i Comuni abbiano grande autonomia decisionale e la cittadinanza abbia l’ultima parola su molte questioni.

Ferguson è arrivato in Svizzera dopo un soggiorno di lavoro alla Bahamas. All’età di 24 anni ha ricevuto da Nassau la telefonata da un suo ex collega di Glasgow e ha seguito la sua chiamata. Lì ha lavorato per una compagnia aerea locale e ha conosciuto la moglie, una donna svizzera.

Così a metà degli anni Settanta Ferguson si è trasferito in Svizzera, nel 1998 a Ginevra ha ottenuto la cittadinanza. Nella città lemanica è diventato partner di una grande società di revisione e ha lavorato nel controllo delle finanze di enti pubblici. Tra i clienti più importanti c’era l’Associazione europea di libero scambio (AELS).

Persone in fila
Henry Ferguson, secondo da sinistra, durante la consegna di una petizione per una nuova costituzione al Parlamento scozzese di Edimburgo. Bruno Kaufmann/swissinfo.ch

Come molti altri scozzesi, Henry Ferguson e Isobel Shand sono stati politicizzati un decennio fa dal dibattito pubblico che ha preceduto il referendum sull’indipendenza del 2014. “Per la prima volta abbiamo percepito cosa significhi poter decidere del proprio destino”, ricorda Shand. “Questo ci ha dato molta forza ed energia.” A differenza del referendum sull’indipendenza organizzato pochi anni dopo dal governo catalano, il referendum scozzese è stato concordato con il Governo centrale britannico.

Dopo il dibattito sull’indipendenza, Henry è giunto alla conclusione che “la Scozia ha bisogno di un rinnovamento democratico e a questo processo posso dare un contributo grazie alle mie conoscenze e alla mia esperienza in Svizzera.”

È una missione che Henry svolge con impegno, partecipando alle procedure di consultazione delle autorità scozzesi, a incontri e colloqui come quello di Aberdeen e a dibattiti su YoutubeCollegamento esterno, in cui spiega con pazienza ciò che la democrazia scozzese potrebbe imparare da quella svizzera.

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E non è tutto. “Ho creato un pacchetto di strumenti didattici sul tema della governance nazionale e dei diritti popolari che metto gratuitamente a disposizione di organizzazioni interessate”, dice Henry. Non si aspetta tuttavia risultati rapidi, “perché il movimento per l’indipendenza in questo momento si sta reinventando”. Tra le organizzazioni in cui Henry si impegna ci sono SalvoCollegamento esterno e LiberationCollegamento esterno. Entrambe le associazioni sostengono la necessità una nuova costituzione per la Scozia.

Nessun nuovo referendum sull’indipendenza in vista

In effetti la forza politica che negli ultimi decenni ha dominato il campo indipendentista, il Partito nazionale scozzese SNP, è al momento in difficoltà. E questo nonostante sieda nel Governo di Edimburgo da 18 anni, pur rappresentando solo una minoranza dei votanti, grazie al sistema elettorale maggioritario britannico.

L’anno scorso l’allora prima ministra Nicola Sturgeon aveva annunciato un nuovo referendum sull’indipendenza per il 2023. Il progetto tuttavia non solo si è visto contrapporre un veto da parte del Governo centrale di Londra, ma è stato anche dichiarato illegale dalla Corte suprema del Regno Unito.

In primavera, a sorpresa, Sturgeon ha dato le sue dimissioni e l’SNP si è ritrovato coinvolto in uno scandalo relativo a presunti finanziamenti illeciti del partito. Nelle recenti elezioni suppletive per occupare alcuni seggi nel parlamento britannico, l’SNP ha subito una cocente sconfitta.

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Henry, il cittadino svizzero di Uplawmoore, ritiene che vi sia una sola via per assicurare un futuro promettente al suo Paese. “Abbiamo bisogno di una cultura del consenso e del dialogo, che superi i conflitti e i monologhi. Per questo il nostro sistema politico deve basarsi sul decentramento e la democrazia diretta”. Lo svizzero di Scozia è consapevole tuttavia che 726 anni dopo la vittoria sugli inglesi a Stirling e 316 anni dopo l’unione con i vicini meridionali, raggiungere questi obiettivi non sarà facile.

A cura di Mark Livingston

Traduzione: Andrea Tognina

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