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“Tre volte no e una vincitrice: la Svizzera”

La stampa svizzera esprime sollievo per il massiccio rifiuto popolare dell'iniziativa Ecopop che chiedeva limitare drasticamente l'immigrazione per frenare la crescita demografica. Keystone

La stampa svizzera si rallegra all'indomani del massiccio no all'iniziativa Ecopop, che chiedeva di frenare la crescita demografica limitando l'immigrazione. I commentatori ricordano però anche i problemi ancora irrisolti con l'UE.

A tirare un sospiro di sollievo sono in primis i commentatori dei quotidiani ticinesi, poiché i sondaggi della vigilia pronosticavano che il cantone italofono sarebbe stato in controtendenza e avrebbe approvato anche l’iniziativa Ecopop. Forti erano i timori che dopo il primato di sì all’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, i ticinesi che lamentano tergiversazioni nella concretizzazione della decisione popolare del 9 febbraio avrebbero replicato in segno di protesta contro il governo federale.

“Ebbene no, questa volta la gran maggioranza dei ticinesi –come degli altri svizzeri- si è rifiutata di praticare questa «democrazia obliqua» e di usare il voto su di una iniziativa popolare per lanciare messaggi politici indiretti. È un bel… segnale di maturità. La democrazia semidiretta è uno dei beni più preziosi del patrimonio costituzionale svizzero, che il tempo a mio parere non usura ma potenzia. Va usato però per quello che è, anche se richiede una maturità e una fatica di documentazione e di ragionamento”, scrive il commentatore del Giornale del popolo.

Sulla stessa lunghezza d’onda il Corriere del Ticino (CdT), per il quale la decisione del 30 novembre della larga maggioranza dei ticinesi e del resto degli svizzeri “ha sconfessato sia l’iniziativa sia chi, cavalcandola senza minimamente credere alle sue motivazioni eco-politiche, puntava solo a consolidare il risultato del 9 febbraio”. Per il quotidiano di Lugano, “il popolo non ha voluto scherzare col fuoco. Ha capito che approvando Ecopop avrebbe messo in gravi difficoltà l’economia, rischiato di pregiudicare servizi pubblici essenziali (a cominciare dalla sanità che conta su un grosso apporto di personale straniero) e compromesso irreparabilmente i non già facili rapporti con l’UE. Questo non significa che il popolo abbia cambiato idea sulle relazioni con Bruxelles e voglia tornare sui propri passi”, puntualizza tuttavia il CdT.

Altri sviluppi

Un parere condiviso dal vodese Le Matin, per il quale “se i cittadini non hanno auspicato una chiusura totale delle frontiere, nondimeno non hanno sepolto l’idea di un’immigrazione controllata”. È “la ragione o l’intimidazione che ha parlato nelle urne? “, s’interroga il quotiano, osservando che “all’inizio dell’anno, la zampata dell’UE contro la Svizzera ha raggelato più di un euroscettico”.

La Liberté vede nel risultato del voto di ieri una “pacificazione di novembre”, dopo la “bomba uscita dalle urne: l’accettazione dell’iniziativa Contro l’immigrazione di massa” in febbraio. Ma anche il commentatore del quotidiano di Friburgo mette in guardia i “numerosi ottimisti” che vedono in questo voto un plebiscito popolare delle relazioni bilaterali con l’UE. “Il ritorno a un sistema di contingenti per la manodopera estera e il principio della priorità nazionale restano iscritti nella Costituzione”, ricorda.

Sullo stesso tono, la Tribune de Genève avverte che “il popolo non tollererebbe una rimessa in causa dei nuovi tetti all’immigrazione”, posti dall’iniziativa approvata il 9 febbraio.

La palla nel campo del governo

Per il Tages-Anzeiger, il popolo si è reso conto che un nuovo sì dopo quello del 9 febbraio avrebbe definitivamente compromesso le relazioni della Svizzera con i suoi vicini. L’approvazione dell’iniziativa Contro l’immigrazione di massa rende già sufficientemente pessimi i rapporti tra la Svizzera e l’UE, commenta il giornale di Zurigo, che aggiunge: adesso “ci si deve aspettare che il governo federale dica chiaramente come si immagina l’applicazione” di quella iniziativa.

In proposito, il ginevrino Le Temps prevede che “la severità del risultato non dovrebbe cambiare nulla nella strategia” del governo. A suo avviso, sarebbe grave pensare che si tratti “di una retromarcia degli elettori, di un voto correttivo”. Se lo si facesse, si commetterebbe “un grave errore. Se il popolo ha rifiutato il testo di Ecopop, è perché il governo è riuscito a persuaderlo che è determinato ad agire nel senso della volontà popolare”. La fiducia del popolo è però “fragile”.

L’iniziativa EcopopCollegamento esterno, dal nome dell’associazione che l’ha promossa, chiedeva che la popolazione residente non crescesse di oltre lo 0,2% all’anno per effetto dell’immigrazione. In pratica, circa 17’000 persone l’anno, a fronte di un saldo migratorio di circa +80’000 registrato negli ultimi anni.

Inoltre, il testo stipulava: «la Confederazione investe in provvedimenti volti a promuovere la pianificazione familiare volontaria almeno il 10% dei mezzi destinati alla cooperazione allo sviluppo».

Quest’anno era la seconda volta che il popolo svizzero era chiamato alle urne per esprimersi su una proposta volta a frenare l’immigrazione. Il 9 febbraio scorso, il 50,3% dei votanti aveva accettato l’iniziativa dell’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice) intitolata «contro l’immigrazione di massa», che prevede l’introduzione – entro tre anni – di tetti massimi per i permessi di dimora e contingenti annuali per tutti gli stranieri. La decisione, che rimette in causa l’accordo di libera circolazione, ha creato attriti con l’Unione Europea.

“Evidentemente, la popolazione non auspica ancora la fine completa della via bilaterale. Sarebbe stato disastroso se il sovrano avesse sottratto al governo federale tutto il margine di manovra per cercare un compromesso con l’Unione europea”, scrive la Neue Zürcher Zeitung (NZZ). Ma il quotidiano di Zurigo avverte: “lo schianto dell’iniziativa Ecopop non può nascondere né lo scetticismo della politica estera né le riserve significative circa l’UE e la sua burocrazia a Bruxelles”.

Con questo rifiuto di dimensioni inattese dell’iniziativa Ecopop, il popolo svizzero ha certo “evitato una cura da cavallo”, ma “la fiducia nelle autorità è tutt’altro che illimitata”, prosegue la NZZ, avvertendo che il potenziale di protesta contro il governo e il parlamento continua a covare sotto le ceneri.

“Nessuno avrebbe in mente di mettere fondamentalmente in discussione le regole del gioco della nostra democrazia diretta. È giusto che sia così. Ma questo non deve impedire ai decisori di riflettere sul perché il divario tra le istituzioni e il sovrano si allargato è negli ultimi anni”.

Il commentatore della RegioneTicino vede invece la possibilità che si aprano le porte a chi sta valutando il lancio di una nuova iniziativa per correggere il tiro di quella “Contro l’immigrazione di massa”. “Potrebbe anche darsi che le cittadine e i cittadini o una parte importante di loro abbiano compreso che non è con un ritorno al passato che si possono risolvere i problemi posti dall’immigrazione. Le strade da percorrere sono altre, insomma, e sono ben diverse da quelle contenute nei richiami di una certa destra”, afferma il quotidiano di Bellinzona.

Forfait fiscali e federalismo

La stampa elvetica saluta anche il rifiuto delle altre due iniziative popolari che erano in votazione il 30 novembre: quella che chiedeva di abolire l’imposizione forfettaria per ricchi stranieri in tutta la Svizzera e quella che voleva obbligare la Banca nazionale svizzera a detenere riserve auree pari almeno al 20% della massa monetaria. Come l’iniziativa Ecopop, “se approvate, avrebbero avuto un effetto devastante: con la fuga all’estero di contribuenti facoltosi a scapito delle finanze di molti Cantoni e Comuni e con la messa sotto tutela della Banca nazionale, per la gioia degli speculatori pronti a scommettere sul rialzo delle quotazioni dell’oro”, commenta il Corriere del Ticino.

Il foglio luganese pone l’accento sulla bocciatura dell’iniziativa “Basta ai privilegi fiscali dei milionari” anche in quattro dei cinque cantoni che hanno abolito i forfait fiscali a livello cantonale, un sistema invece molto praticato nei cantoni latini e alpini. “Il messaggio è chiaro: la giustizia fiscale, ottenuta a buon mercato in qualche cantone, non deve pregiudicare il senso pratico e l’efficacia di certe misure, col rischio di compromettere entrate importanti per molte comunità”.

Parzialmente sorpreso del rifiuto anche in quei cantoni che hanno soppresso questo sistema si dice invece il commentatore della RegioneTicino. A suo avviso, “il ‘tam-tam’ propagandistico ha avuto il suo effetto proprio mentre il Consiglio federale, non più tardi di venerdì scorso, ha ribadito che tutti i contribuenti sono uguali davanti alla legge (pardon, al fisco). Le eccezioni stanno però diventando la regola”.

Al nord delle Alpi, la maggior parte della stampa interpreta questo risultato come il rispetto del federalismo e della sovranità dei cantoni in materia di imposte. La NZZ vede in questo risultato la volontà dei cittadini di lasciare libero il campo ai cantoni in materia fiscale, rinunciando a far applicare una giustizia fiscale di facciata. Secondo il quotidiano di Zurigo, l’importante di questo voto è soprattutto che si è così evitato “di mettere sotto tutela” dei cantoni.

Per il 24heures, il chiaro rifiuto “si iscrive nella preoccupazione di equilibrio”. “Per la Svizzera, la più grande posta in gioco resta la riforma della fiscalità delle aziende. Il popolo ha capito che sarebbe stato controproducente aggiungervi la soppressione dei forfait fiscali”, afferma il giornale vodese, ossia del cantone che ha introdotto per primo questo sistema d’imposizione e che detiene saldamente il primato di beneficiari.

“Oggi il Vallese deve dire grazie al federalismo”, come gli altri cantoni che traggono vantaggio dal sistema dei forfait fiscali, sottolinea il Nouvelliste. Per il quotidiano vallesano, c’erano infatti tutti i timori per preoccuparsi: pochi cantoni direttamente interessati, una posta in gioco vitale solo per questi cantoni e per alcuni comuni e un’immagine dei ricchi approfittatori.

In un commento comune, i neocastellani L’Express e L’Impartial, invece, rilevano che una campagna “molto aggressiva” degli oppositori è riuscita a sedurre i votanti.

In controtendenza il Tages-Anzeiger, che sottolinea come l’iniziativa lanciata dal piccolo movimento La Sinistra, con i mezzi finanziari più scarsi, sia stata quella che ottenuto il miglior risultato delle tre sottoposte al voto popolare il 30 novembre. Questo testo ha colto nel segno una popolazione sensibilizzata nel corso degli anni a queste iniquità, commenta il quotidiano zurighese.

Echi all’estero

La votazione del 30 novembre in Svizzera è stata seguita anche da diversi media all’estero. Soprattutto l’iniziativa Ecopop.

“La democrazia diretta riserva sempre sorprese”, commenta la Süddeutsche Zeitung, sottolineando che la chiarezza del responso popolare all’iniziativa Ecopop indica che i cittadini non devono essere sottovalutati. Secondo il giornale tedesco, l’elettorato elvetico “si è potuto fare un quadro della situazione” durante la campagna per il voto grazie al fatto che l’iniziativa è stata a lungo in primo piano nei dibattiti nei media. Perciò “è stata respinta dopo matura riflessione”

“Saggi svizzeri”: così la Frankfurter Allgemeine titola il proprio commento, nel quale sottolinea il cambiamento rispetto al sì del 9 febbraio all’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”. “Questa volta i cittadini non volevano più scherzare. Gli svantaggi per l’economia erano evidenti; di noie con l’UE ce ne sono già abbastanza. Con il voto di domenica, per il governo sarà un po’ più facile trovare il modo di applicare l’iniziativa di febbraio, senza mettere in pericolo l’insieme degli importanti accordi con l’UE”.

In Italia, La Repubblica parla di “una sonora batosta inflitta a chi voleva limitare, in modo estremamente rigido, l’immigrazione”.

In Francia, La Croix commenta che “gli svizzeri sono attaccati ai tranquilli pascoli che fanno giustamente la fama del loro paese, ma non al punto da recintarli con filo spinato”.

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