La Svizzera ha l’approccio giusto con la Cina?
Interessi economici o diritti umani? Nelle relazioni con la Cina, la Svizzera si confronta ripetutamente con questo conflitto. SWI swissinfo.ch ha chiesto a quattro esperti se Berna stia blandendo Pechino per non compromettere le buone relazioni economiche.
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Il parlamento svizzero la settimana scorsa ha inviato segnali insolitamente chiari: ha chiesto al governo federale di elaborare le basi legislative per controllare meglio gli investimenti diretti problematici provenienti dall’estero. Nel mirino ci sono soprattutto le acquisizioni di aziende elvetiche da parte di investitori cinesi. Il Regno di Mezzo non sembra più essere visto principalmente come un’opportunità, ma anche come un pericolo.
Ufficialmente definite come una lunga amicizia, le relazioni di Berna con Pechino fin dall’inizio si sono ritrovate in una situazione di conflitto tra interessi economici e diritti umani. Questioni come il Tibet o Taiwan sembrano aver perso peso con il boom economico della Cina. La bilancia si è quindi ribaltata a favore degli interessi economici?
Il fatto è che chi critica la situazione dei diritti umani in Cina fa improvvisamente i conti con l’ira di Pechino. L’estate scorsa, ad esempio, la Cina ha rinviato a tempo indeterminato un incontro programmato nell’ambito del dialogo sui diritti umani. La Svizzera – insieme ad altri Stati – aveva già scritto una lettera al governo di Pechino esortandolo a porre fine alla detenzione arbitraria di uiguri nello Xinjiang.
È però anche un fatto che Berna ha un grande interesse ad avere buoni rapporti con Pechino. La Cina è il più importante partner commerciale della Svizzera in Asia e il terzo a livello mondiale. I due Paesi sono legati dal 2013 da un accordo di libero scambio e nel 2016 Berna è entrata a far parte della Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture (AIIBCollegamento esterno)fondata dalla Cina nel 2015 e nel 2019 la Svizzera è stata uno dei primi Paesi occidentali a firmare un memorandum d’intesaCollegamento esterno nell’ambito dell’iniziativa Belt and Road.
In considerazione di questo dilemma della politica estera svizzera, SWI swissinfo.ch ha rivolto due domande a quattro esperti attivi rispettivamente nei campi della ricerca, del Dipartimento federale degli affari esteri, dell’economia e della politica:
1. La Svizzera pratica una diplomazia accomodante con la Cina?
e
2. La Svizzera come può impegnarsi per i diritti umani in Cina?
Ralph Weber è vicepresidente dell’Associazione europea di filosofia cinese e professore presso l’Istituto europeo dell’università di Basilea:
Barbara Schedler Fischer è vicecapo della Divisione Sicurezza umana del Dipartimento federale degli affari esteri e in questa veste è responsabile, tra l’altro, del dialogo sui diritti umani che la Svizzera conduce con la Cina dal 1991:
Mario Ramò è responsabile supplente del settore Politica estera di economiesuisse, l’organizzazione di categoria delle cerchie economiche svizzere:
Fabian Molina è deputato nazionale socialista, membro della Commissione di politica estera della Camera del popolo. Ha depositato una mozioneCollegamento esterno, lo scorso dicembre, in cui chiede che la Svizzera sospenda l’accordo di libero scambio con la Cina a causa della situazione dei diritti umani nello Xinjiang:
(Traduzione dal tedesco: Sonia Fenazzi)
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