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I giovani ignorano i media pubblici?

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Channel-hopping in the good old days. But has anything really changed? Keystone / Ayse Yavas

Un anno fa gli elettori hanno respinto l'idea di abolire il canone dell'emittente pubblica e ora la SSR affronta la sfida di assicurarsi un pubblico per il futuro. 

Comodo, al caldo, con il cervello morto, ti ritrovi sotto le coperte sul divano dopo un altro giorno. In TV, o su qualche altro schermo, la tua ultima serie di Netflix passa da un episodio all’altro; non devi nemmeno alzare un dito.

Controlli il tuo telefono: sono le 20.00. Da qualche parte, in qualche altro angolo dell’universo, inizia il telegiornale della radiotelevisione svizzera RSI. Cambi programma? 

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Secco No ad abolizione canone radio-tv Billag

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Un anno dopo la scelta degli elettori svizzeri di non smantellare il servizio pubblico finanziato dallo Stato, la questione rimane aperta. E siccome la tecnologia, i media, le abitudini e i contenuti continuano a cambiare più velocemente rispetto ai tempi di reazione di qualsiasi giornalista, la risposta non è ancora chiara. 

Da un lato, come ha affermato la settimana scorsa la Berner Zeitung, alcune cose non sembrano cambiare. Il programma più visto attraverso il servizio di streaming online svizzero Zattoo (che rappresenta il 53% di tutte le attività di streaming online in Svizzera) rimane, infatti, il telegiornale; The Big Bang Theory è il secondo, dice il giornale. Tuttavia, il rapporto non dice niente rispetto alle caratteristiche anagrafiche dei pubblici dei diversi programmi. Dove sono sintonizzate le giovani generazioni? Sebbene sia sbagliato sopravvalutare il divario generazionale, altri studi che descrivono le mutevoli abitudini ricettive giovanili non lasciano tranquilli i responsabili delle emittenti pubbliche in Svizzera e in altri paesi. 

Non è nei loro pensieri

Da un lato, secondo il Reuters Digital News ReportCollegamento esterno, i giovani tra i 18 e i 34 anni in Svizzera ignorano in gran parte le trasmissioni televisive come fonti di notizie a favore dei siti online e dei social media; un numero crescente di persone è inoltre disposto a pagare abbonamenti mensili ai servizi di intrattenimento, in particolare Netflix.

Ma la SSR è presente anche online e sui social; perché fa fatica ad attirare nuovi utenti? Dopo tutto, i giovani sono generalmente a favore del servizio pubblico (l’80% degli under 30 si sono schierati contro l’iniziativa “No Billag”, risultando come i più forti oppositori dell’iniziativa); il rapporto Reuters ha anche rilevato che i contenuti delle emittenti pubbliche erano considerati i più “affidabili” nel paese. Per la dott.ssa Ulla AutenriethCollegamento esterno, ricercatrice nel campo dei media all’Università di Basilea, che si occupa di questo argomento, è soprattutto una questione di incentivi e promozione.

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Dai giovani il più forte affondo dell’iniziativa “No Billag”

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Il contenuto del servizio pubblico non è nei pensieri dei giovani, dice. Sono finiti i giorni in cui SRF o RTS erano al centro dell’universo dei media; nel contesto attuale, altamente competitivo, non riescono a rispondere alle richieste dei giovani. Abituati a consultare direttamente Google o YouTube (in modo interessante, percepito come fonte diretta piuttosto che come aggregatore di contenuti), oppure contenuti suggeriti dai social media, gli utenti più giovani semplicemente non considerano i media pubblici, dice. Quando lo fanno, inoltre, non hanno la pazienza di navigare attraverso siti web come SRF.ch, che non è strutturato per offrire un’esperienza personalizzata come Netflix.

In breve, la strategia pubblicitaria tradizionale, che consiste nell’attrarre passivamente i lettori/spettatori attraverso contenuti di qualità, non è più possibile. Promuovere attivamente i contenuti – con tutti i filtri della rete e i problemi che comporta – è l’unica strategia. Se il tuo atteggiamento è quello di dire “qui siamo qui, vieni a trovarci”, non stai lavorando nel XXI secolo, dice Autenrieth. Anche il confronto tra informazione e intrattenimento è un fattore. Immerse in un flusso di serie e post sui sociali, le nuove generazioni sono meno disposte, e meno obbligate, a confrontarsi con le caratteristiche informative più sobrie che i media pubblici hanno il compito di produrre.

Il contenuto del servizio pubblico è noioso? Naturalmente, la “noia” è un sentimento soggettivo. Di solito sono le persone noiose a fare questa osservazione; ed è probabile che per molti – giovani e meno giovani – Breaking Bad sia più interessante della notizia, ad esempio, di un accordo commerciale svizzero con l’Indonesia. E questo si riflette nel fatto che la gente in Svizzera è sempre più propensa a pagare per Netflix e servizi di streaming, ma lo è meno, anche rispetto ad altri paesi europei, rispetto a notizie e informazioni (che si possono ottenere comunque gratuitamente alla fermata dell’autobus la mattina, per gentile concessione del quotidiano nazionale 20 Minuti). 

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microfoni davanti a una persona intervistata

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Riconnettersi con i pubblici

Niente di tutto questo è completamente nuovo. Ma verso cosa sta portando? Una situazione in cui le generazioni più giovani accettano di finanziare i media pubblici e l’informazione per poi ignorarla? I media pubblici cercheranno di aggiornarsi giocando sul sensazionalismo di contenuti altrimenti anodini? Nessuna delle due opzioni sembra l’ideale.

La prima comporta uno spreco di risorse nel breve termine e un percorso verso l’obsolescenza nel lungo periodo. La seconda alimenterebbe il timore che la democrazia e il dibattito razionale siano messi a repentaglio da media superficiali. Uno studioCollegamento esterno dell’Università di San Gallo ha recentemente scoperto che periodi di frenesia mediatica negli Stati Uniti intorno a questioni sensazionali coincidevano con decisioni politiche significative, ma meno entusiasmanti, che passavano attraverso il Congresso).

Autenrieth non ha una ricetta chiara. Per ora, può solo indicare alcuni esempi di innovazione e successo nella stampa cartacea e online, dove le “comunità” stanno iniziando a mobilitarsi per finanziare i reportage giornalistici e i progetti per loro interessanti. Un esempio è quello di Republik, progetto lanciato in Svizzera da poco, oppure quello del tedesco Krautreporte.

Come Gilles Marchand, direttore generale della SSR (di cui swissinfo.ch fa parte), la studiosa cita anche la possibilità di investire in contenuti svizzeri di produzione locale che potrebbero essere messi a disposizione degli spettatori su piattaforme di streaming più innovative e su misura. Se non puoi competere direttamente con Netflix, allora diventa una versione alternativa di Netflix, sembrerebbe suggerire la logica. A prescindere da tutto ciò, su una cosa i più sono d’accordo, cioè che “solo chi è ben informato può prendere decisioni ragionate”, come afferma uno studio prodotto dal Politecnico di Zurigo nel 2017. In una democrazia come quella svizzera, dove gli elettori sono chiamati alle urne fino a quattro volte all’anno, questo è ancora più importante.

Il 4 marzo, un anno dopo la sconfitta dell’iniziativa popolare No Billag, la SSR organizza l’International Public Media Conference (IPMC) a Berna. I relatori, tra cui professionisti dei media svizzeri e stranieri, parleranno del ruolo dei media pubblici nel fornire informazioni di qualità e nel garantire la democrazia, e del modo in cui tali media devono adattarsi per affrontare le sfide future. 

Tra i relatori, la dott.ssa Ulla Autenrieth presenterà i primi risultati del progetto interuniversitario “Public service: audience acceptance and future opportunities”, che mira a raccogliere dati e tendenze sulla percezione della SSR da parte dei giovani.

swissinfo.ch offrirà l’accesso in live-streaming alla conferenza il 4 marzo. Il programma e l’iscrizione sono disponibili quiCollegamento esterno.


Traduzione di Mattia Lento

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