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Italia: una presidenza dell’UE scomoda per la Svizzera

Mateo Renzi
Crescita e lavoro figurano tra le priorità del premier italiano Matteo Renzi per il suo semestre di presidenza dell'UE AFP

Fiscalità delle aziende, scambio automatico d’informazioni, libera circolazione delle persone: tre importanti vertenze tra Berna e Bruxelles saranno affrontate nei prossimi mesi. Il semestre italiano di presidenza dell’UE non aiuterà probabilmente la Svizzera in questi difficili negoziati. 


“Per la sua presidenza dell’UE, il governo italiano si propone di accelerare la coesione politica dell’Europa, abbordare congiuntamente il problema dell’asilo e favorire una politica economica che possa rafforzare la crescita e l’occupazione. Sono priorità molto importanti per tutta l’Europa, anche per i paesi che stanno un po’ meglio di noi, ma nessuno sta veramente bene”, osserva Claudio MicheloniCollegamento esterno, senatore del Partito democratico, residente in Svizzera, dove è stato eletto nella circoscrizione europea al Senato italiano. 

La Svizzera, chiaramente, non figura tra queste priorità. Ma nel corso del suo semestre di presidenza del Consiglio dell’UE, il governo di Matteo Renzi sarà sicuramente chiamato a chinarsi anche sul dossier elvetico. Tra la Confederazione e i Ventotto rimangono infatti in sospeso tre spinose vertenze, che dovranno essere affrontate nella seconda parte di quest’anno. 

Relazioni economiche 

Superata solo dagli Stati uniti e dalla Cina, la Svizzera rappresenta il terzo mercato d’esportazione per l’UE. Nel 2012 la Confederazione ha assorbito il 7,9% dei prodotti esportati dai Ventotto.

Dopo Cina, Russia e Stati uniti, la Svizzera figura invece al quarto rango per quanto riguarda le importazioni dell’UE. Nel 2012, la Svizzera ha fornito il 5,8% dei beni importati dai paesi dell’Unione. 

Da parte sua l’UE costituisce il primo partner economico per la Svizzera. Nel 2012 i Ventotto hanno assorbito il 56% delle esportazioni svizzere e hanno fornito il 75% dei beni importati. 

(Fonti: Eurostat, Ufficio federale di statistica)

Intesa sulla fiscalità delle imprese 

Un accordo sembra ormai prossimo per quanto riguarda la vertenza sulla fiscalità delle imprese. Il 1° luglio, il governo elvetico ha infatti parafato un’intesa con l’UE, in base alla quale dovrebbero essere soppressi i regimi fiscali speciali concessi dai Cantoni ad aziende internazionali – holding, società miste e società di gestione – che operano all’estero e svolgono quasi solo attività amministrative in Svizzera. 

Gli utili conseguiti da queste aziende all’estero sono tassati con aliquote molto più basse rispetto a quelli delle aziende attive in Svizzera. Secondo i membri dell’Unione, questi regimi fiscali violano l’accordo di libero scambio del 1972. In seguito all’intesa raggiunta pochi giorni fa, l’UE ha annunciato che abbandonerà le previste misure di ritorsione nei confronti delle imprese svizzere. 

“Sul piano internazionale questa intesa è una buona cosa. La Svizzera aveva infatti cercato per anni di ignorare la contrarietà e le pressioni dell’UE, per la quale questi regimi fiscali cantonali distorcono la libera concorrenza”, ritiene Sergio RossCollegamento esternoi, docente di economia presso l’Università di Friburgo. “Sul piano nazionale bisogna però ora vedere quali misure saranno adottate dai Cantoni per trattenere queste imprese, quando saranno soppressi gli statuti fiscali speciali. Molti Cantoni tenteranno di rivedere al ribasso le aliquote fiscali applicate a tutte le imprese. Ciò rischia di inasprire la concorrenza fiscale interna. 

Paradigmi superati 

Appare sempre più vicina un’intesa anche nei negoziati per la revisione dell’accordo sulla fiscalità dei risparmi, avviati in gennaio. La Svizzera aveva finora respinto lo scambio automatico d’informazioni bancarie, richiesto dall’UE per colmare le lacune dell’accordo attuale nella lotta contro l’evasione fiscale transnazionale. Ma, in seguito alle pressioni esercitate anche dal G20 e dall’OCSE, il governo elvetico si appresta ormai a voltare la pagina del segreto bancario.

Il mese scorso, il governo svizzero ha firmato una dichiarazione elaborata dall’OCSECollegamento esterno, in base alla quale i 34 membri e 13 paesi associati si impegnano ad adottare i nuovi standard internazionali sullo scambio automatico d’informazioni, che dovrebbero venir approvati già in settembre dai ministri del G20. Da parte sua l’UE vuole giungere ad un accordo con la Svizzera entro la fine dell’anno. 

In cambio della sua adesione allo scambio automatico, Berna chiede all’UE l’apertura dei mercati europei alle banche svizzere. Ma ormai questa merce di scambio sta diventando insignificante, osserva Sergio Rossi: “La Svizzera ha cercato a lungo di ottenere il massimo dando il minimo nei vari negoziati internazionali, seguendo però paradigmi ormai superati, come quello del segreto bancario. I tempi sono tuttavia cambiati e ora rischiamo di perdere dei treni che stanno passando molto velocemente nell’economia globale”. 

Contingenti per la manodopera straniera 

Lo scorso 20 giugno, il governo svizzero ha presentato il piano per l’attuazione dell’iniziativa sul freno all’immigrazione, approvata di stretta misura dal popolo svizzero il 9 febbraio di quest’anno. 

Il Consiglio federale rinuncia a fissare un obbiettivo rigido per ridurre l’afflusso di lavoratori stranieri. Intende però introdurre dei tetti massimi e dei contingenti, basandosi su diversi indicatori riguardanti l’economia e il mercato del lavoro. 

Secondo l’UE, la reintroduzione di contingenti violerebbe l’accordo sulla libera circolazione delle persone tra la Svizzera e i paesi dell’Unione, entrato in vigore gradualmente dal 2002. 

Questo accordo, che figura tra gli elementi fondamentali del primo pacchetto di trattati bilaterali conclusi tra Berna e Bruxelles nel 1999, garantisce ai cittadini svizzeri e a quelli dell’UE il diritto di lavorare e risiedere in ognuno dei paesi firmatari. 

In caso di disdetta di un accordo, tutto il pacchetto di trattati bilaterali rischia di cadere.

Interessi contrastanti 

Ancora più difficili si preannunciano i nuovi negoziati con l’UE sulla libera circolazione delle persone, che la Svizzera dovrà affrontare dopo l’approvazione da parte del popolo dell’iniziativa sul freno all’immigrazioneCollegamento esterno lo scorso 9 febbraio. Per rispettare la volontà popolare, il governo elvetico intende reintrodurre dei contingenti per regolare l’afflusso di manodopera dall’estero. Una soluzione inaccettabile per l’UE. 

“Qui vedo veramente un problema ancora più grosso degli accordi fiscali”, dichiara Claudio Micheloni. “Credo che l’UE non possa e non debba accettare l’introduzione di contingenti, perché rimette in questione il concetto di fondo della libera circolazione e dello scambio con la Svizzera. Se Berna vuole applicare questa misura, dovrà anche assumerne le conseguenze”. 

Il semestre italiano di presidenza dell’UE non agevolerà molto probabilmente il compito dei negoziatori svizzeri. L’Italia ha degli interessi da difendere, che contrastano con quelli svizzeri, in tutte le tre principali vertenze in sospeso tra Berna e Bruxelles: numerose aziende italiane si sono trasferite negli ultimi anni in Svizzera, la maggior parte dei fondi evasi al fisco italiano si trovano nelle banche elvetiche e l’emigrazione di manodopera italiana verso la Svizzera è di nuovo ripresa dalla recente crisi economica. 

Clima diverso 

Senza dimenticare che l’Italia è stata l’unico paese europeo a porre la Svizzera su delle liste nere dei paesi non cooperativi a livello fiscale. Secondo Claudio Micheloni, che appartiene al partito di Renzi, il nuovo governo è però molto più disponibile al dialogo. “Il clima attuale è sicuramente diverso da quello che abbiamo vissuto alcuni anni fa, quando l’allora ministro dell’economia Giulio Tremonti si era addirittura rifiutato d’incontrare la presidente della Confederazione. Credo che ci sia la volontà di sopprimere queste liste nere, che non penalizzano solo le aziende svizzere, ma anche quelle italiane, dal momento che complicano il commercio tra i due paesi”. 

Secondo Sergio Rossi, la presidenza italiana dell’UE non dovrebbe però incidere molto sui negoziati in corso tra la Svizzera e i Ventotto. “Da un lato si tratta di una presidenza rotante, che può avere un certo prestigio ma che non corrisponde ad una vera e propria leadership. Dall’altro lato la situazione politica in Italia rimane piuttosto tesa e la crisi continua a fare vittime sul piano dell’occupazione e tra le piccole e medie imprese. Numerosi problemi interni ancora irrisolti rischiano quindi di distogliere l’attenzione della squadra di Renzi chiamata a gestire il semestre europeo”.

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