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L’utilità delle assemblee cittadine nella lotta per il clima

Aktivist ist mit Aufruf für Bürgerpanels auf einem Zaun vor dem Westminster Palast
Un attivista di Extinction Rebellion e il suo manifesto davanti al Palazzo di Westminster, a Londra. Keystone / Tolga Akmen

Il politologo Rikki Dean ha condotto ricerche sull'impatto delle assemblee cittadine contro la crisi climatica. Secondo lui, le democrazie non possono affrontare il riscaldamento planetario unicamente tramite tali strumenti partecipativi.

 SWI swissinfo.ch: Nel corso delle Giornate della democrazia ad Aarau, lei discuterà del tema “Meno o più democrazia nella protezione del clima?”. C’è un’argomentazione a favore di meno democrazia?

Rikki Dean: Secondo me, non ci sono buoni argomenti per meno democrazia. Il totalitarismo ecologico rappresenta un pericolo come risposta alla sfida climatica. In una situazione di emergenza, anche le democrazie sospendono le procedure democratiche ordinarie. Ne abbiamo fatto esperienza durante la pandemia di Covid-19.

La Cina è un regime non democratico che alcune persone trovano interessante. Si pone quindi la seguente domanda: ridurremo le nostre emissioni di gas a effetto serra in un contesto democratico oppure la politica, in Europa, prenderà una direzione più autoritaria? È importante riflettere al modo in cui migliorare la politica climatica in una prospettiva democratica.

Il politologo Rikki Dean in posa
Rikki Dean conduce studi sulle innovazioni democratiche all’Università Goethe di Francoforte. Nelle sue ricerche unisce la teoria della democrazia, la teoria dell’amministrazione pubblica e le scienze sociali empiriche allo scopo di comprendere la governance partecipativa. Ha conseguito il dottorato alla London School of Economics. La sua tesi, Democratising Bureucracy gli è valsa il riconoscimento “Richard Titmuss Prize for Outstanding Scholarship”. / Uwe Dettmar

I Paesi autoritari gestiscono meglio la lotta al cambiamento climatico?

No, sicuramente no. Ma neanche le nostre istituzioni rappresentative riescono a gestirla. I partiti fanno sempre campagna con l’idea che una buona governance significhi garantire la crescita economica e che i consumi possano aumentare indefinitamente.

Ebbene, sappiamo che la crescita nuoce all’ambiente. Il regime rappresentativo non ha raccolto la grande sfida politico-economica dei prossimi anni: come costruire legittimità democratica per uno stile di vita che rispetti i limiti ecologici?

Alcune persone scommettono sulle assemblee cittadine (chiamate anche comitati cittadini, riuniscono un gruppo di persone scelte casualmente in seno alla popolazione. Lo scopo è discutere di un tema di interesse pubblico e stilare delle raccomandazioni). Lei svolge ricerche su questi strumenti della democrazia partecipativa. Perché un tale entusiasmo?

In Europa, i risultati della Convenzione costituzionale irlandese sono stati interpretati in modo da suscitare tale entusiasmo. L’assemblea cittadina in Irlanda ha raccomandato l’introduzione del matrimonio omosessuale e di una legge liberale sull’aborto. Durante un referendum, la maggioranza ha votato secondo le indicazioni dell’assemblea.

Questo risultato progressista in un Paese a maggioranza cattolica è coinciso con l’ascesa di Donald Trump e della Brexit. Questo ha ispirato molte persone. Le assemblee cittadine deliberative hanno riacceso la speranza in una gestione della polarizzazione. 

Tuttavia, una minoranza importante ha comunque votato contro la liberalizzazione. È probabile che l’opinione della maggioranza sia cambiata a causa dell’assemblea cittadina. I partiti non avevano mutato posizione prima della votazione unicamente perché c’era ancora un grande blocco di elettrici ed elettori conservatori e religiosi di cui non volevano perdere il sostegno.

L’assemblea e il referendum sono riusciti a sbloccare il sistema politico e ad aggiornare la legge conformemente all’opinione della maggioranza. Ma non è solo questo che ha reso popolari le assemblee cittadine: sono considerate una soluzione ai grandi problemi della politica rappresentativa, come il populismo e la polarizzazione.

Lei ha partecipato a uno studioCollegamento esterno che ha messo a confronto le sei prime assemblee climatiche nazionali sulle questioni ambientali in Francia, Germania, Regno Unito, Scozia, Irlanda e Danimarca. Quali insegnamenti ne avete tratto?

Abbiamo rimesso in questione l’idea di ciò che è considerata un’assemblea cittadina di successo. L’idea che le assemblee siano efficaci solo se riescono a modificare direttamente la politica è molto diffusa.

Era anche la mia opinione.

Di primo acchito sembra logico. Ma questa riflessione si basa su un’idea illusoria della politica. La gestione e l’elaborazione delle politiche sono un processo lungo e complesso su cui diversi gruppi di interesse hanno influenza. Un solo evento con delle raccomandazioni che cambiano tutto: non è così che funziona la politica. Dobbiamo essere realisti sul vero impatto delle assemblee cittadine.

Le sei assemblee climatiche sono state integrate nel sistema politico in modi molto diversi. Quella danese, per esempio, è stata istituita da un ministero e non si differenzia in modo particolare da una procedura di consultazione normale. È strano trattare questi organi in modo diverso. Non ci aspettiamo che le procedure di consultazione modifichino il dibattito pubblico e non pensiamo che falliscano se non ci riescono.

L’assemblea climatica tedesca, invece, non è stata istituita dal Governo, ma dalla società civile. Non è ragionevole aspettarsi che queste iniziative della società civile abbiano grande influenza sulla linea del Governo.

In Svizzera, Extinction Rebellion ha chiesto l’istituzione di assemblee climatiche cittadine. Perché questi attivisti e attiviste domandano dei dibattiti partecipativi?

È ovvio che Extinction Rebellion ha già una chiara idea su quale debba essere la politica climatica. Perché quindi il gruppo vuole organizzare delle assemblee cittadine? Si tratta di un tentativo di cambiare la politica.

Extinction Rebellion è un gruppo che ha già una chiara direzione in ambito di politica climatica e sa che il Governo può respingere le sue rivendicazioni argomentando che si tratta solo dell’opinione di una minoranza radicale che non parla a nome del grande pubblico.

Tuttavia, se si organizza un’assemblea di cittadine e cittadini scelti a caso che esprimono le stesse rivendicazioni, è più difficile per le istituzioni asserire che il popolo non le sosterrà mai.

Il centro di studi per la democrazia di Aarau (ZDA) organizza per la quindicesima volta le Giornate della democrazia. L’evento avrà luogo nell’arco di un solo giorno, malgrado il nome, il 30 marzo. I temi principali saranno la crisi climatica e la crisi della democrazia.

La professoressa di diritto Helen Keller terrà una conferenza intitolata “I tribunali e la crisi climatica”. “Meno o più democrazia nella protezione del clima?” è invece il tema di cui discuteranno la professoressa Hannah Werner e Andri Heimann del ZDA, la professoressa di politica ambientale all’Università di Berna Karin Ingold e Rikki Dean.

Sembrerebbe una campagna politica piuttosto che un’innovazione democratica.

È un argomento interessante. È un utilizzo adeguato delle assemblee cittadine? A chi vi partecipa non viene detto: “Venite, esprimente la vostra opinione e noi faremo campagna a favore delle vostre idee”. Ma, nei Governi, queste assemblee non sono utilizzate in un altro modo. Lo ignoriamo solamente perché partiamo dal principio che il Governo abbia un’opinione uniforme.

È probabile che una parte della motivazione alla base di alcune assemblee cittadine sia di vincere battaglie politiche in seno alle istituzioni. Esistono prove che le autorità, le politiche e i politici vi ricorrono con questo scopo. Se tali riunioni possono fornire legittimità all’azione, si tratta di una funzione decisamente utile. Tuttavia, è falso pretendere che sia solo la forza della migliore argomentazione a determinare le leggi e le politiche.

C’è chi sostiene che il cambiamento climatico sia troppo complesso per i nostri sistemi politici e che le assemblee cittadine rappresentino un’opportunità. È un’opinione fondata?

Sono scettico riguardo all’impiego di assemblee cittadine sulle questioni fondamentali. Secondo me, ci sono due problemi. Un’assemblea cittadina è forte se i e le partecipanti si interessano da vicino al tema. Ma più la lista di temi è lunga, meno tempo resta per ciascuno di essi. In più, quando da un’assemblea emerge una lunga lista di raccomandazioni è facile per politiche e politici fare una cernita: solo le più semplici e meno radicali verranno messe in atto.

È preferibile, secondo me, che le assemblee cittadine si occupino di una questione specifica: “superare i problemi del nostro sistema”, per esempio, non è un obiettivo chiaro e neanche un’ambizione realistica. Le assemblee più efficaci sono quelle incaricate di valutare un problema preciso. La domanda “come raggiungere un impatto climatico nullo” è troppo complessa e riunisce temi molto diversi tra loro. Una migliore domanda per una di queste assemblee sarebbe: “Dovremmo proibire i jet privati?”.

Altri sviluppi

Anche in Svizzera si sperimentano le assemblee cittadine. Sono necessarie in un Paese in cui si svolgono ogni anno molte votazioni popolari?

Non sono un esperto del sistema svizzero, ma concepisco le votazioni popolari e le assemblee cittadine come elementi complementari. Le votazioni dovrebbero basarsi su buone argomentazioni e le assemblee cittadine possono contribuirvi. Questo è stato un problema durante il referendum sulla Brexit. Anche i membri apolitici della mia famiglia e della mia cerchia di amicizie ritenevano questa votazione importante.

Tutte e tutti dicevano però di non avere informazioni sufficientemente buone. Se qualcuno avesse detto loro che 150 persone scelte a caso hanno discusso a lungo del tema e sono arrivate a determinate conclusioni, sarebbe stato sicuramente una fonte di informazione degna di fiducia. Un esempio è la Citizens’ Initiative ReviewCollegamento esterno in Oregon, negli Stati Uniti. Questo potrebbe essere un modo di collegare le assemblee alla democrazia diretta svizzera. Le votazioni popolari si prestano anch’esse all’istituzione di un’assemblea cittadina.

Tutti i referendum si prestano a essere ridotti alla scala delle assemblee cittadine. Tutte le assemblee di successo sono state associate a una votazione. Hanno un effetto trasformatore su chi vi partecipa, ma si parla di circa 150 persone… un po’ poche per cambiare la società. Una votazione fornisce ai media una ragione per cui parlare dell’evento e accresce l’interesse del pubblico. Le votazioni sono quindi importanti per spingere la società a discutere.

Proseguirà le sue ricerche sulle assemblee cittadine o pensa ci siano altri strumenti di innovazione democratica che potrebbero aiutare a lottare contro il cambiamento climatico?

Mi piacerebbe avere una buona risposta. Sono sicuro che le assemblee cittadine non sono una panacea. Rappresentano uno strumento utile, ma il nostro rapporto con l’ambiente è malsano e radicato nella nostra politica rappresentativa. Dobbiamo cambiare questo rapporto ed è un cambiamento che dovrà affrontare un’enorme resistenza da parte delle persone benestanti, ma anche da parte delle persone ordinarie che, per esempio, viaggiano spesso in aereo.

Nei Paesi ricchi, siamo abituati a uno stile di vita non sostenibile. Per cambiare, è necessaria una trasformazione globale. Le assemblee cittadine possono rappresentare un elemento utile, ma solo un piccolo elemento.

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A cura di David Eugster

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