La fine del segreto bancario piatto forte a Torino
Grande folla al 76esimo congresso del Collegamento degli svizzeri residenti in Italia, tenuto a Torino. Al centro di questa edizione vi erano la vertenza fiscale tra Svizzera e Italia, le pressioni sul segreto bancario e le nuove regole imposte dalle banche elvetiche alla clientela all'estero: temi che toccano da vicino molti connazionali nella Penisola.
“Presso il Collegamento siamo continuamente sollecitati da domande da parte di svizzeri residenti in Italia, che si chiedono cosa sta succedendo con il segreto bancario e le banche svizzere. Anche per molti nostri connazionali espatriati è spesso difficile aprire o chiudere dei conti in Svizzera: le banche sono diventate molto restrittive in seguito alle pressioni internazionali e alle nuove regole di diligenza”, spiega a swissinfo.ch Irène Beutler-Fauguel, presidente del Collegamento svizzero in Italia.
Per il suo congresso annuale, svoltosi sabato a Torino, il Collegamento ha quindi scelto un tema di grande attualità: “Fisco, segreto bancario e cooperazione internazionale”. Un tema che ha suscitato un grande interesse, attirando un numero record di partecipanti: oltre 250 persone hanno seguito attentamente le spiegazioni degli specialisti svizzeri e italiani.
Tra questi l’incaricato di affari dell’ambasciata svizzera a Roma Pietro Lazzari, il quale ha ricordato come, già da molto tempo, la vertenza fiscale sul segreto bancario elvetico stia pesando negativamente sui rapporti tra Svizzera e Italia – per il resto eccellenti. “Vale la pena rammentare che Roma ha collocato la Confederazione su una prima lista nera dei paesi non cooperativi a livello fiscale già nel 1999. A questa se ne sono poi aggiunte altre”.
Fondato nel 1938, il Collegamento Svizzero in Italia raggruppa oltre una sessantina di istituzioni private svizzere in Italia, tra cui circoli, società di beneficenza, scuole, chiese, ecc.
Il Collegamento ha come obbiettivi principali di favorire lo scambio di informazioni ed esperienze tra le istituzioni elvetiche in Italia, assisterle in caso di difficoltà organizzative, mantenere i vincoli tra i connazionali residenti nella Penisola e la Svizzera, difendere i loro interessi presso governo, parlamento e amministrazione in Svizzera, tramite l’Organizzazione degli svizzeri dell’estero.
Dal 1969, il Collegamento è inoltre editore della Gazzetta Svizzera, incaricata di informare i cittadini elvetici residenti in Italia sui principali avvenimenti in Svizzera.
Comportamenti poco amichevoli
L’apice della incomprensioni tra i due paesi è stato raggiunto nel 2010-2011, in seguito alle misure adottate dal ministro italiano dell’economia Giulio Tremonti: retate e perquisizioni presso le banche svizzere in Italia, controlli con telecamere del traffico valutario alle frontiere, nuove liste nere e disposizioni discriminatorie verso la Svizzera nell’ambito dello scudo fiscale.
“Le questioni fiscali, acuite dalla crisi finanziaria internazionale e da comportamenti tremontiani ‘poco amichevoli’ nei confronti della Svizzera, hanno portato ad un momento obbiettivamente difficile nelle relazioni bilaterali. Direi che dalla Seconda guerra mondiale non si era più visto un momento di attriti e di scambi così complessi come nel periodo 2010-2011”, ha indicato Pietro Lazzari.
Con l’arrivo del governo Monti, le discussioni sul dossier fiscale sono riprese, si sono intensificate a livello più strutturale con il governo Letta e sono sfociate in nuovi negoziati con l’attuale governo Renzi. “I continui cambiamenti di governo da parte italiana non hanno di certo favorito un’evoluzione positiva del negoziato. Ma anche da parte svizzera i costanti adeguamenti ai nuovi standard internazionali non hanno facilitato il percorso negoziale”, ha ammesso il rappresentante dell’ambasciata svizzera in Italia.
Voltafaccia delle banche
La posizione adottata dal governo svizzero è stata criticata da Fulvio Pelli, ex presidente del Partito liberale radicale e attuale presidente della Banca dello Stato del canton Ticino. “Secondo me non ci sono trattative fiscali con l’Italia. Si fa finta da 5 – 6 anni che ci siano, perché in realtà basterebbero sei mesi per giungere ad un accordo e rivedere la convenzione sulla doppia imposizione fiscale. E ciò non è dovuto solo ai cambiamenti in Italia, ma anche alle incoerenze del governo svizzero”.
In Italia risiede la quarta comunità di svizzeri all’estero in ordine di grandezza, dopo quelle di Francia, Germania e Stati Uniti.
Alla fine del 2013 oltre 50’700 cittadini elvetici erano registrati nei consolati svizzeri in Italia. I due terzi vivono nel nord del Paese.
La colonia italiana è la comunità straniera più numerosa in Svizzera: oltre mezzo milione di persone possiedono la cittadinanza italiana o la doppia cittadinanza.
Secondo Pelli, il Consiglio federale ha lanciato segnali contradditori in questi ultimi anni e ha ceduto a più riprese alle pressioni internazionali, senza nemmeno chiedere l’approvazione del parlamento. L’ultima concessione, che dovrà però ancora essere sottoposta alle Camere federali e probabilmente anche al popolo svizzero, è l’annuncio della disponibilità da parte svizzera di aderire allo scambio automatico d’informazioni. Una decisione che segnerebbe definitivamente la morte del segreto bancario, perlomeno per quanto riguarda i rapporti fiscali con l’estero.
L’ex deputato ha però anche criticato l’atteggiamento di molti banchieri. “Per molto tempo le banche svizzere non hanno cercato di integrarsi nel mercato finanziario internazionale e hanno preferito coltivare un mercato di nicchia del denaro nero”. Ora si assiste ad un “voltafaccia” da parte delle banche, che sostengono i nuovi standard internazionali sullo scambio automatico d’informazioni nella speranza, non da ultimo, di poter regolarizzare la loro situazione ed evitare procedimenti penali in altri paesi. “Molti banchieri non possono più recarsi, negli Stati uniti o in Francia. Più che per i loro clienti stanno cercando delle sanatorie per se stessi”.
Sotto il fuoco nemico
Non vi è nessun settore economico, che ha cambiato così tanto il suo modo di lavorare in questi ultimi anni, come quello delle banche, ha rilevato anche l’avvocato Paolo Bernasconi, consulente del dipartimento delle finanze. “Le banche svizzere hanno ormai deciso di applicare la strategia del denaro fiscalmente dichiarato. È una novità storica, perché tradizionalmente le banche elvetiche non si erano mai occupate di questo aspetto”.
Una strategia inevitabile, visto il “fuoco nemico” che giunge dall’estero. “Ce ne rendiamo conto se guardiamo quali sono le organizzazioni internazionali che esigono lo scambio automatico d’informazioni: sono praticamente tutte le più importanti. Attualmente vi sono almeno due treni che stanno correndo verso la stessa stazione, ossia lo scambio automatico d’informazioni: una del G20/OCSE e l’altra dell’UE. Stanno correndo a velocità diverse e cambiano continuamente velocità, ciò che non rende la vita facile al governo e al parlamento svizzero”, ha aggiunto Bernasconi.
Fino a quando tutti i treni, anche quello svizzero, saranno giunti alla stazione dello scambio automatico d’informazioni fiscali, uno dei maggiori problemi è legato alla situazione d’incertezza che predomina dal profilo del diritto e colpisce anche molti clienti delle banche svizzere. “È una novità che ci pesa molto, poiché finora il settore bancario svizzero era stato molto apprezzato specialmente per la certezza del diritto”.
L’Italia è il terzo partner commerciale della Svizzera, dopo la Germania e gli Stati Uniti. Nel 2013, il 10,1% delle importazioni svizzere proveniva dall’Italia. Il 7,1% dell’export elvetico era invece diretto nella Penisola.
Con una quota del 5,9%, la Svizzera rappresentava invece nel 2012 il quarto mercato d’esportazione per l’economia italiana, dopo Germania, Francia e Stati Uniti. La Svizzera risultava inoltre al decimo rango tra i fornitori di beni e servizi (2,9%).
Le esportazioni svizzere sono costituite principalmente da prodotti chimici e farmaceutici, energia elettrica, combustibili e macchine. Dall’Italia, la Svizzera importa soprattutto prodotti farmaceutici, macchine, metalli, pietre preziose e prodotti agricoli.
Dichiarate tutto!
A farne le spese, come emerso dal congresso di Torino, sono anche molti svizzeri residenti in Italia. Diversi connazionali nella Penisola incontrano grandi difficoltà ad aprire conti in Svizzera, in seguito alle nuove regole di diligenza e di prudenza adottate dalle banche. Altri non possono nemmeno prelevare i loro risparmi o ottenere crediti ipotecari. Altri ancora si preoccupano per il futuro dei soldi depositati su un conto bancario destinato ad un loro nipote.
“Purtroppo, a molti interrogativi è difficile dare una risposta precisa. Attualmente ci troviamo nella situazione che, ad una domanda, cinquanta banche o consulenti danno cinquanta risposte diverse”, ha ammesso lo stesso Bernasconi. Molti interrogativi rimangono aperti anche per quanto riguarda il programma di autodenuncia (Voluntary Disclosure) varato dal governo Letta, ma rimasto in attesa di una normativa. Il nuovo governo Renzi intende adottare un nuovo programma, dopo le elezioni europee.
La procedura da soddisfare in caso di denuncia spontanea è così complessa, che “tra documenti e formulari bisogna andare con il carrello dall’autorità fiscale”, ha fatto notare Paolo Ludovici, esperto fiscale dello studio Maisto di Milano. “Se non avete soldi per pagare un buon consulente, vi posso dare solo un consiglio: non è più il momento di avere denaro nero all’estero! Chiudete i conti o dichiarate tutto e sarete più tranquilli”, ha lanciato tra gli applausi l’ex presidente del Collegamento Roberto Engeler.
Un passo indietro
Altro tema di grande interesse al congresso del Collegamento, le possibili conseguenze per la Svizzera e per i connazionali all’estero del voto del 9 febbraio scorso in favore del freno all’immigrazione. Approvata di stretta misura dal popolo svizzero, questa proposta era stata bocciata dagli svizzeri all’estero, almeno secondo i risultati dei cantoni in cui le schede dei connazionali espatriati vengono conteggiate separatamente. L’introduzione di limitazioni per la manodopera straniera rischia di spingere l”UE a revocare gli accordi bilaterali in vigore, a cominciare da quello sulla libera circolazione delle persone.
Una disdetta di questo accordo rappresenterebbe un grande passo indietro per i connazionali che risiedono nei paesi dell’UE, ha dichiarato Jacques-Simon Eggly, presidente dell’Organizzazione degli svizzeri all’estero. “Gli svizzeri devono poter continuare a beneficiare dei vantaggi di questo accordo, come ad esempio il riconoscimento automatico dei titoli di studio, la parità di trattamento, il diritto di lavorare in uno Stato dell’UE o dell’AELS”.
“Pure in futuro, essi devono inoltre poter tornare in Svizzera assieme ai loro famigliari, anche se questi non hanno la nazionalità elvetica”, ha aggiunto Eggly. Attualmente non è ancora chiaro in che modo si applicherà la regola dei contingenti per casi simili. E neppure se il voto del 9 febbraio comprometterà, come si teme, la partecipazione della Svizzera al programma Erasmus+, che permette ai giovani di seguire semestri di studio all’estero, riconosciuti nel paese di origine.
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