La guerra in Ucraina al centro della scena al Consiglio per i diritti umani
Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite è riunito fino al 4 aprile a Ginevra per una sessione che si annuncia da record, sia in termini di lunghezza che di partecipazione. L'agenda è fitta, ma molta attenzione sarà data alla guerra in Ucraina.
Uno dei momenti salienti di questa sessione potrebbe essere il rapporto di una commissione di inchiesta sull’Ucraina, il cui responsabile aveva già annunciato in settembre di aver trovato prove che “dei crimini di guerra sono stati commessi”.
Il Consiglio deciderà se estendere il mandato dell’esperta e dei due esperti indipendenti della commissione e potrebbe decidere di adottare un’altra risoluzione per dare un seguito alle osservazioni già effettuate. Verrà inoltre nominato un relatore o una relatrice speciale per la situazione dei diritti umani nella Federazione russa.
La decisione dell’Assemblea generale dell’ONU giovedi scorso di condannare ancora una volta l’invasione russa contro l’Ucraina darà verosimilmente il tono delle dichiarazioni che verranno ascoltate al Consiglio per i diritti umani. I 193 membri dell’Assemblea generale hanno votato massicciamente a favore del ritiro delle truppe di Mosca dall’Ucraina (141 a favore, 32 astensioni e 7 contro). Tuttavia, questa decisione ha un carattere esclusivamente simbolico. Nel marzo del 2022, 141 Paesi avevano votato per condannare l’invasione, 35 si erano astenuti e 5 si erano detti contrari.
Circa 100 delegati e delegate, tra cui diversi ministri degli esteri, arriveranno a Ginevra per i primi quattro giorni della sessione, il segmento di più alto livello. Si tratta di uno degli eventi più importanti nel calendario della diplomazia multilaterale.
>>>Il nostro video sul funzionamento del Consiglio per i diritti umani dell’ONU:
Un mondo polarizzato
“Il mio auspicio in quanto presidente del Consiglio per i diritti umani [per il 2023] è di evitare la sua polarizzazione e di indirizzare i dibattiti verso dei risultati”, ha dichiarato ai media il ceco Vaclav Balek.
In un contesto geopolitico teso, le discussioni si annunciano accese. Mentre la Dichiarazione universale dei Diritti umani compie 75 anni, cresce il dibattito sulla legittimità della sua universalità. C’è inoltre un divario sempre più ampio tra gli Stati membri che sottolineano che il Consiglio debba dedicarsi soprattutto alla verifica della situazione dei diritti umani in determinati Paesi e altri Stati membri – Cina in testa – che si oppongono a tali interventi e sostengono di preferire “il dialogo costruttivo”.
Balek, eletto il 9 dicembre alla presidenza, ha affermato che la durata e la prevista partecipazione senza precedenti di questa sessione sono “la dimostrazione del valore del lavoro del Consiglio” e della sua “capacità di fornire risultati”.
Sarà anche la prima sessione per il nuovo alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Türk. Le sue parole saranno sotto attento scrutinio da parte di osservatori e osservatrici per ogni menzione della situazione della comunità uigura dello Xinjiang, in Cina. L’alto commissariato, infatti, nell’agosto del 2022 aveva presentato un rapporto che indicava possibili crimini contro l’umanità nei confronti di questa minoranza musulmana. Il testo era stato presentato pochi minuti prima che l’allora alta commissaria, Michelle Bachelet, lasciasse la funzione. In ottobre, il Consiglio per i diritti umani ha respinto una storica “decisione preliminare” per indire un dibattito sulla situazione nella provincia cinese.
Altre problematiche
Queste problematiche sono ben lungi dall’essere le uniche ad essere trattate durante la sessione. Il Consiglio esaminerà i rapporti su Afghanistan, Iran, Myanmar, Sudan del Sud e Siria. E la lista non è esaustiva. Si occuperà anche di problematiche legate ai diritti umani come il cambiamento climatico, i diritti dell’infanzia, la privacy digitale e i diritti delle popolazioni native.
Sarà presentato inoltre il primo rapporto di una commissione di esperte ed esperti di diritti umani sull’Etiopia, Paese che sta uscendo da un brutale conflitto messo in un certo senso in ombra dalla guerra in Ucraina. Il Governo etiope, che ha siglato un accordo di pace con la sua provincia settentrionale del Tigrè in novembre, ha promesso giustizia per le atrocità commesse, ma ha finora rifiutato l’accesso al Paese al personale dell’ONU. Il Consiglio cercherà di mettere pressione sul Governo etiope, oppure alcuni Paesi si muoveranno per porre fine al mandato della commissione?
La Svizzera al momento sta sostenendo due risoluzioni – una per il diritto a un ambiente pulito, salutare e sostenibile e un’altra per politiche in ambito di droghe che rispettino i diritti umani. Come membro associato del Consiglio, il Paese si impegna inoltre per una politica di promozione della pace, per la protezione della popolazione civile nelle zone di conflitto e per la sicurezza climatica.
I contenuti di questa sessione saranno di inedita importanza per la Confederazione che, dall’inizio di quest’anno, occupa per la prima volta un seggio non permanente presso il Consiglio di sicurezza dell’ONU.
Con la collaborazione di Julia Crawford, a cura di Virginie Mangin
Traduzione: Zeno Zoccatelli
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