La Svizzera cerca di prendere tempo sugli aiuti militari all’Ucraina
La guerra russa contro l'Ucraina costringe la Svizzera ad agire. Una situazione complicata per un Paese neutrale nell'anno delle elezioni. Analisi.
La Svizzera è messa alla prova. Sempre più spesso deve spiegare ai suoi partner perché non sono autorizzati a consegnare all’Ucraina armi di origine svizzera. Questo è sempre meno apprezzato.
Anche impedire che gli aiuti vengano consegnati è una presa di posizione non neutrale: è così che viene percepita all’estero. Questa idea ha preso piede anche nella politica interna durante la sessione primaverile del Parlamento svizzero.
Il fermo “no” della Svizzera
Germania, Spagna e Danimarca hanno chiesto più volte a Berna il permesso di riesportare armi o munizioni. La risposta della Svizzera è stata ogni volta un fermo “no”. Anche Francia e Stati Uniti ne hanno preso atto, con rispetto ma con reticenza.
Nell’ultima sessione, il Parlamento ha cercato una via d’uscita al dilemma della compatibilità con la neutralità, ma non l’ha trovata.
La volontà c’era, da sinistra a destra – con l’eccezione di una parte dei Verdi e di tutta l’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice), che insiste su un’interpretazione rigida della neutralità. Erano state avanzate due proposte, una da destra al Consiglio degli Stati, una da sinistra al Consiglio nazionale. Ma poi i due partiti che le avevano promosse, il Partito liberale radicale (PLR) e il Partito socialista (PS), si sono allontanati. Invece di raggiungere un compromesso, si è passati alla tattica e poi allo stallo.
Strizzare l’occhio all’elettorato
Forse c’era già chi guardava alle elezioni federali di ottobre, in cui il Parlamento sarà rinnovato. La neutralità è un valore inalienabile per il popolo svizzero. Chiunque voglia ammorbidirla potrebbe riceverne il conto in autunno.
Tuttavia, il risultato – nessuna mossa – è del tutto in linea con la volontà del Consiglio federale. Anche il Governo, infatti, interpreta la neutralità in modo strettamente conservativo, sulla base della legge sul materiale bellico recentemente modificata.
A livello internazionale, la Svizzera è quindi sotto stretta osservazione. Il New York Times ha inviato una corrispondente a Berna, che ha trovato la classe politica in Parlamento, presa a rimuginare sulla questione della neutralità, fuori dal mondo.
“Nella capitale svizzera, circondata dalle montagne innevate, in stanze di vetro colorato e legno lucido, il dibattito ruota attorno al vantato patrimonio di neutralità del Paese – e a cosa significhi la neutralità per l’Europa in una nuova era di guerra”, ha scritto la corrispondente.
Critica internazionale
Altre critiche sono piovute sul presidente della Confederazione Alain Berset, che ha parlato di “frenesia bellica in certi ambienti” e si è espresso a favore di negoziati rapidi con la Russia. Oltre a ciò, si è saputo che la Svizzera sta rottamando attrezzature antiaeree, che potrebbero essere utilizzate in Ucraina.
E che sta lasciando arrugginire i vecchi carri armati Leopard piuttosto che darli all’azienda tedesca Rheinmetall, che vorrebbe riacquistarli. A questo si aggiunge il fatto che quando si tratta di sanzioni contro la Russia, per alcune persone il Paese non è abbastanza proattivo.
La Svizzera come caso speciale
In un’intervista alla NZZ, l’Ambasciatore statunitense a Berna ha chiesto alla Svizzera un maggiore impegno nel rintracciare il denaro dell’oligarchia russa e nella cooperazione internazionale a favore dell’Ucraina. “Gli Stati Uniti ritengono che il Parlamento svizzero debba consentire la riesportazione il prima possibile”, ha detto, quando era già chiaro che questo non sarebbe andato in porto.
Come caso particolare, la Svizzera si posiziona in maniera conservativa anche nei confronti dell’Europa e del regime iraniano, anche se quest’ultimo sta adottando misure sempre più dure contro la popolazione civile. Anche in questo caso, il Parlamento ha lanciato delle iniziative.
Il Consiglio nazionale chiede alla Svizzera di fare di più per la popolazione civile iraniana e di imporre sanzioni più severe al regime. Il Consiglio degli Stati, tuttavia, non è d’accordo.
Dopo questa sessione, dunque, la Svizzera continua a mandare al mondo lo stesso segnale: meglio prendere tempo. Il Parlamento sta adottando la stessa strategia del Governo.
Sulla questione energetica, anch’essa conseguenza della guerra contro l’Ucraina, i e le parlamentari hanno abbattuto alcuni paletti, ma le differenze tra le due camere rimangono. La costruzione di nuove centrali nucleari non è più un’opzione per la Svizzera, anche se la destra si è espressa a favore. D’altra parte, la Svizzera si affida sempre più all’energia idroelettrica: il Parlamento ha approvato quindici grandi progetti. Anche l’energia eolica e quella solare devono essere promosse con maggiore forza e rapidità. Ma non a spese dei biotopi e delle riserve, ha chiesto il Consiglio nazionale.
C’è poi il finanziamento delle pensioni, una questione perenne. Sono in discussione due iniziative popolari per le pensioni di vecchiaia obbligatorie. Una viene da sinistra e chiede il pagamento della tredicesima pensione, analoga alla tredicesima mensilità. L’altra viene da destra e punta ad aumentare gradualmente l’età pensionabile. Entrambe sono state respinte dal Parlamento. Ora saranno sottoposte al giudizio del popolo. L’elettorato ha appena approvato con uno stretto margine la revisione dell’AVS con l’aumento dell’età di pensionamento delle donne.
Un passo avanti è stato fatto anche nel secondo pilastro pensionistico, la previdenza professionale. A causa dell’invecchiamento della popolazione, i fondi pensione hanno bisogno di più denaro per finanziare le pensioni correnti. Il Parlamento ha concordato le caratteristiche principali di una riforma modesta. In futuro, pensionati e pensionate riceveranno una rendita più bassa. Tuttavia, questo potrebbe ancora essere sottoposto al giudizio della cittadinanza. La sinistra, infatti, ritiene che questo sia un taglio eccessivo.
Dal canto suo, la politica agricola non ha dato segni incoraggianti per i prossimi anni: è una politica senza obiettivi climatici aggiuntivi, nell’interesse di agricoltrici e agricoltori.
Rimangono aperte per ulteriori discussioni diverse questioni, tra cui la riforma della legge sui reati sessuali. In questo caso il Consiglio degli Stati insiste sul principio che “no significa no”. Il Consiglio nazionale ha recentemente adottato la soluzione “solo un sì è un sì”, che considera consensuali i rapporti sessuali solo se le parti coinvolte hanno dato il loro assenso. Una nuova proposta di compromesso del Consiglio degli Stati si avvicina a questa soluzione.
Anche la richiesta da parte del Governo federale di sovvenzionare i costi dell’assistenza all’infanzia al di fuori della famiglia deve essere sottoposta alle due camere. Il Consiglio nazionale vorrebbe approvarla, mentre il Consiglio degli Stati deve ancora esprimersi.
Traduzione e adattamento dal tedesco: Sara Ibrahim
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