La Svizzera non sa più che esercito vuole
Lo storico rifiuto degli aerei da combattimento Gripen da parte del popolo svizzero il 18 maggio rilancia il dibattito sul ruolo dell’esercito in generale e delle forze aeree in particolare. La questione non è se si vogliono, ma piuttosto quale compito devono assumere.
“Di per sé, questo non era un voto sull’esercito. Non l’avremmo vinto”, dice Jo Lang, ex deputato del Partito ecologista svizzero (PES) e membro fondatore del Gruppo per una Svizzera senza esercito (GSsE). È stato un voto contro il nuovo aereo da combattimento e contro un aumento delle spese militari. Ci vedo anche un no all’arroganza militare, che ha ricordato alla gente i vecchi tempi, quando l’esercito era ancora una vacca sacra”.
Nell’altro campo, il brigadiere Denis Froidevaux, presidente della Società svizzera degli ufficiali (SSU) rileva a sua volta che il voto del 18 maggio non è stato un voto contro l’esercito. “I pacifisti e antimilitaristi rappresentano il 30-35 % dell’elettorato. Dalle urne è uscito un no al 53%. La differenza non è costituita da coloro che hanno votato contro l’esercito. Questi cittadini hanno votato contro l’aereo, contro il ministro della difesa Ueli Maurer o il suo partito, l’Unione democratica di centro [destra conservatrice]. Oppure sono disorientati e non sanno bene come andrebbe orientata la politica di sicurezza”.
La Svizzera dovrebbe comprare in futuro, fino a 44 nuovi aerei da combattimento, propone Alex Kuprecht, senatore UDC e presidente della commissione per la politica di sicurezza. Il costo della sostituzione della flotta di F/A-18 e Tiger è stimata tra i 6 e gli 8 miliardi di franchi.
Prima della votazione, il ministro della difesa Ueli Maurer aveva dichiarato che non c’era “nessun piano B”. Le forze aeree hanno attualmente 86 aerei da combattimento – 32 F/A-18 , che verranno conservati fino almeno al 2030 e almeno 54 Tiger F-5.
La discussione sulla sostituzione degli F/A-18 dovrebbe avvenire presto, si agura Maurer. L’acquisto di 22 Gripen, bocciato il 18 maggio dal popolo, doveva servire a sostituire i Tiger.
Da parte sua, l’azienda francese Dassault ha reso noto che la sua offerta di vendere dei Rafales alla Svizzera non è più valida. Ma potrebbe essere riattivata in caso di richiesta.
Il cantiere dell’esercito
In Svizzera, la politica di sicurezza è oggetto di rapporti periodici, che vengono pubblicati ogni quattro anni e non più dieci, come una volta. Il prossimo rapporto è previsto questo autunno. La SSU teme che “sia soltanto una copia di quello del 2010″.
“È sempre più difficile dimostrare la necessità di un esercito in grado di svolgere i suoi tre compiti fondamentali, ossia combattere, proteggere e aiutare”, rileva Denis Froidevaux. “Non c’è consenso politico di base: una parte dell’elettorato vuole abolire l’esercito, un altro vuole affidargli solo missioni di protezione e di aiuto e un altro ancora vuole che sia anche in grado di combattere”.
Eppure negli ultimi anni non sono mancate le riforme dell’esercito, ricorda Hans- Ulrich Ernst, ex segretario generale del Dipartimento militare federale (ora DDPS) dal 1979 al 1996. Ma le riforme sono state progettate prima della caduta del Muro di Berlino o sono state “edulcorate” dal parlamento. Senza contare quelle “che non sono state attuate solo sulla carta”. Risultato: “I compiti non sono stati ancora fatti e non sono state colmate le attuali debolezze dell’esercito svizzero”.
Secondo Hans-Ulrich Ernst, la debolezza principale è costituita dalla dimensione dell’esercito. “Non la cifra assoluta, ma il fatto che abbiamo troppi soldati attivi e non abbastanza riservisti. In effetti, abbiamo due eserciti: le scuole per le reclute, con soldati apprendisti e soldati addestrati. Su 260 giorni di servizio, un soldato ne passa più della metà alla scuola reclute. È un pessimo sistema, che si trova solo in Svizzera. La norma internazionale è di otto settimane di formazione di base”.
Anche per Jo Lang l’esercito svizzero è troppo grande. Viene “mantenuto artificialmente a questa dimensione per motivi ideologici”. “Il problema fondamentale dell’esercito è che non può giustificare la sua dimensione in base a ragioni di politica di sicurezza. Prevede 20’000 uomini per assolvere compiti di difesa, mentre ne ha 100’000. E l’unica ragione per continuare con 100’000 è quella di mantenere la coscrizione obbligatoria”.
Perché non la NATO?
Una tradizione a cui gli svizzeri sembrano tenere: il 22 settembre 2013, quasi tre cittadini su quattro hanno rifiutato un’iniziativa del GSoE che proponeva di abolire il servizio militare obbligatorio. Ma in attesa che questo argomento ritorni sul tappeto, dapprima si parlerà probabilmente ancora degli aerei da combattimento, con il ritiro annunciato dei Tiger F-5.
Recentemente, in seguito ad dirottamento di un aereo di linea etiope su Ginevra, gli svizzeri hanno preso coscienza del fatto che, a determinate ore della giornata, le forze aeree elvetiche delegano i loro compiti ai paesi vicini, Francia, Italia e Germania. In tal caso, perché la piccola Svizzera non si metterebbe semplicemente sotto l’ombrello della NATO?
“La Svizzera ha scelto la neutralità”, risponde Denis Froidevaux. “Non si può aderire ad un’organizzazione come la NATO, senza abbandonarla. Politicamente, quali sarebbero le probabilità di far approvare dal popolo una proposta di adesione alla NATO? Zero!”.
Secondo Hans- Ulrich Ernst, la questione non concerne il tema dell’adesione. “Che siamo membri o meno, nessuno può attaccare la Svizzera – sia per via aerea che terrestre – senza entrare in conflitto con la NATO. In questo settore, siamo in pratica saliti sul treno senza pagare il biglietto”, sostiene l’ ex segretario generale del DDPS.
Dopo il mancato acquisto del nuovo caccia da combattimento Gripen, bocciato in votazione popolare, il governo svizzero ha deciso mercoledì 28 maggio di ridurre il limite di spesa del Dipartimento federale della difesa previsto per il periodo 2014-2016 onde evitare residui di credito. Grazie a questa decisione, gli altri dipartimenti avranno a disposizione circa 800 milioni di franchi supplementari per portare avanti progetti prioritari.
Il Dipartimento federale della difesa, della protezione della popolazione e dello sport (DDPS) dovrà accontentarsi di 4,7 miliardi di franchi, benché il suo ministro, Ueli Maurer, avesse espresso il desiderio di mantenere il budget a 5 miliardi, nonostante il no ai nuovi caccia da guerra. Ma il governo ha deciso diversamente.
Il 5 dicembre 2013, indica una nota del DDPS, «il Parlamento ha confermato un limite di spesa dell’esercito di 5 miliardi di franchi dal 2016. In tale limite di spesa era previsto anche l’acquisto di 22 velivoli da combattimento del tipo Gripen E per un importo complessivo di 3,126 miliardi di franchi».
Poiché, dopo il no popolare dello scorso 18 maggio ai Gripen, a breve termine «non è possibile impiegare interamente e in altro modo le risorse finanziarie previste, negli anni 2014-2016 il limite di spesa dell’esercito sarà ridotto».
Nella sua seduta di mercoledì, il governo ha incaricato Ueli Maurer di sottoporgli entro l’autunno un progetto riguardante l’ulteriore sviluppo dell’esercito. Solo allora verrà presa una decisione sul limite di spesa per il biennio 2016-2018.
Fonte: Agenzia telegrafica svizzera
Orari di ufficio
Christophe Keckeis, ex capo dell’esercito tra il 2004 e il 2007, si dice alquanto irritato dalla copertura mediatica del dirottamento aereo avvenuto a Ginevra. “Ognuno si è interessato solo al fatto che le nostre forze aeree sono attive soltanto negli orari di ufficio. Non si è invece tenuto conto del fatto che i nostri accordi con i paesi limitrofi hanno funzionato meravigliosamente e che ognuno ha svolto il suo lavoro. Questo non è mai stato detto”.
Per “vendere” l’acquisto di un nuovo aereo da combattimento al popolo svizzero, l’uomo che ha trascorso gran parte della sua carriera nel settore dell’aviazione è convinto che si dovrà combattere sul terreno dell’informazione. Perché troppe persone non sanno assolutamente cosa sono le forze aeree svizzere. “Ogni giorno, il nostro territorio è sorvolato da circa 3’500 aerei civili. E quando alcuni si permettono ancora oggi di non rispettare le regole dell’aria, bisogna intervenire”.
È il caso, ad esempio, quando un aereo non risponde, quando manca un piano di volo o si verifica un guasto radio. A questo punto, i caccia svizzeri devono identificare il velivolo e obbligarlo a cambiare rotta oppure costringerlo ad atterrare. “In media, dobbiamo intervenire almeno una volta al giorno”, indica Christophe Keckeis.
Una donna socialista alla difesa ?
A suo avviso, il voto contro il Gripen è legato ad una ragione che non ha nulla a che fare con la politica di difesa. Durante i numerosi incontri ai quali ha partecipato in vista del 18 maggio, l’ ex capo dell’esercito ha sentito un forte desiderio da parte della gente di punire l’UDC dopo il voto del 9 febbraio – il popolo svizzero aveva accettato l’iniziativa per porre freno all’immigrazione di massa. “La gente ha avuto l’impressione di essere stata intrappolata dall’UDC e ha voluto vendicarsi”.
Denis Froidevaux si chiede se un ministro diverso, rispetto ad a Ueli Maurer, sarebbe riuscito a difendere meglio il Gripen. “Non ne sono sicuro”, ammette il presidente degli ufficiali svizzeri. Per contro, sembra chiaro che il DDPS debba cambiare un giorno di partito. Da troppo tempo la politica di difesa è al 100% nelle mani di un rappresentante dell’UDC. Qui vi è qualcosa che dovrebbe interessarci, vi è un vero problema. Cosa succederebbe se questo esercito venisse affidato ad una donna socialista? Sarebbe un cambiamento utile o suicida? Non ho una risposta”.
Traduzione di Armando Mombelli
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