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La Svizzera può promuovere i suoi ideali nel Consiglio di sicurezza dell’ONU?

Persone davanti a sede dell ONU
La Svizzera vuole di più: Ignazio Cassis e Guy Parmelin, rispettivamente l'attuale e l'allora presidente della Confederazione, alla sede delle Nazioni Unite a New York nell'autunno 2021. È dove si riunisce anche il Consiglio di sicurezza dell'ONU, per il quale la Svizzera è candidata. Keystone / Jean-marc Crevoisier

Nella sua candidatura a un seggio non permanente nel Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, la Svizzera pone l'accento sui diritti umani. Ma la Confederazione, come membro dell'organo decisionale più importante dell'ONU, potrà davvero avere voce in capitolo e discutere alla pari con Cina e Russia? Gli esperti e le esperte non sono unanimi.

Aprire nuove porte. Rafforzare la rete di contatti. Trovare nuovi partner. Conquistare qualche seggio in un consesso dell’ONU. Sono queste, in breve, le attese di un Paese non membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

La definizione dell’agenda dell’ONU spetta ad altri, soprattutto a quelle nazioni che detengono il diritto di veto, ossia Stati Uniti, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna.

Parole coraggiose

Nella motivazione di candidaturaCollegamento esterno per un seggio nel biennio 2023-2024, la Svizzera pone l’accento sulla sua politica dei diritti umani. Alla domanda perché bisogna sostenere la Svizzera, si legge nella risposta che “la nostra politica estera è guidata dalla ferma convinzione che tutte le società pacifiche, prospere e sostenibili si basano sul rispetto dello stato di diritto e sull’applicazione dei diritti umani”.

Il governo promuove la candidatura svizzera con questo video:

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L’elezione prevista in giugno è una mera formalità. La Svizzera mette in evidenza la sua politica estera e il suo ruolo di mediatrice in caso di conflitti, di promotrice della pace e dei principi democratici basilari, come la divisione dei poteri e l’inclusione.

Continuità invece di rottura

“Nessuno sarà sorpreso, nemmeno la Russia, se la Svizzera sosterà e difenderà le sue posizioni per cui è conosciuta a livello internazionale”, dice Fabien Merz, del Centro per gli studi sulla sicurezza del Politecnico federale di Zurigo. L’esperto di politica estera e di sicurezza sostiene che la Svizzera continuerà a promuovere i suoi valori nel Consiglio di sicurezza. “Per tradizione, la Svizzera persegue una politica estera indipendente. Una posizione che non cambierà nemmeno quando siederà nel Consiglio di sicurezza dell’ONU”.

In passato, la Confederazione ha già difeso posizioni diverse rispetto alle superpotenze, ad esempio come membro del Consiglio dei diritti umani dell’ONU, che ha la sua sede a Ginevra.

“Evoluzione allarmante” per la società civile

Per la politologa Leandra Bias il fatto di poter sedere tra le grandi offre varie opportunità alla Svizzera. Ad esempio, la collaboratrice della Fondazione Swisspeace si augura un maggiore coinvolgimento della società civile e un rafforzamento della promozione della pace da parte delle donne.

Nell’ambito dei suoi studi, Bias ha scoperto che l’attuale aumento dell’autoritarismo e dell’autocrazia è accompagnato da violazioni dei diritti umani. Come esempio indica il tentativo, fallito, da parte della Russia di indebolire i diritti delle donne. Nell’Agenda dell’ONU “Donne, pace e sicurezzaCollegamento esterno“, lanciata 21 anni fa, la Russia voleva allentare la protezione delle donne contro le violenze di genere. Solo la famiglia, e non la donna, doveva essere degna di protezione. “È preoccupante notare come queste conquiste vengano svuotate del loro significato nel consesso più importante”, dice Bias, parlando di una “evoluzione allarmante”. La Svizzera deve sfruttare questa opportunità per puntare l’attenzione su questa tendenza e per affrontare la questione.

Sicurezza umana anche entro i confini nazionali

La politologa attende con impazienza se e come la Svizzera saprà promuovere e difendere la sua posizione nel Consiglio di sicurezza rispetto alla promozione della pace da parte delle donne.

Bias parla anche della sicurezza umana, menzionata dalla Svizzera solo nell’Agenda globale. “Ma la sicurezza umana è una questione di politica interna poiché interessa le donne, le minoranze, le persone disabili o chi viene svantaggiato a causa di strutture non adeguate”. La collaboratrice di Swisspace sostiene che la Svizzera, come copresidente del gruppo di Paesi responsabili dell’attuazione dell’Agenda dell’ONU, ha la possibilità di muovere le leve giuste (vedi specchietto) per migliorare questa situazione.

Nel 2022, la Svizzera è copresidente con il Sudafrica del “Women, Peace and Security Focal Points Network”Collegamento esterno (WPS).

La rete sostiene gli Stati membri nell’attuazione dell’Agenda dell’ONU “Donne, pace e sicurezza”.

Stando alla politologa Leandra Bias, la copresidenza potrebbe migliorare la situazione delle donne in Svizzera. “In materia di parità di genere, il Sudafrica è più avanti rispetto a noi perché ha una posizione più progressiva e ambiziosa. Condividere la presidenza con lei potrebbe favorire dei progressi in questo ambito in Svizzera”.

Durante la copresidenza ci saranno due incontri: il primo si terrà in primavera a Ginevra, il secondo in autunno in Sudafrica.

Stando a Bias, il governo svizzero si è già comportato in maniera esemplare: Berna ha segnalato subito che la missione a New York non va vista come un’azione isolata, bensì un processo che prevede il coinvolgimento della società civile. “I canali che permettono la partecipazione della società civile sono attualmente molto preziosi”, dice la politologa.

Già oggi la Svizzera deve sostenere le decisioni del Consiglio di sicurezza

Anche per Simon Hug, professore dell’Istituto di politologia e relazioni internazionali dell’Università di Ginevra, sedere tra le grandi è una chance per la Svizzera. “Come membro non permanente, la Svizzera può collegare meglio le decisioni del Consiglio di sicurezza con i propri interessi”, sostiene Hug, che ricorda che non vanno sottovalutati gli spazi di manovra di un’adesione biennale. Il professore evidenzia, ad esempio, il diritto di fare delle proposte per le risoluzioni e le piste formali e informali che si possono battere per esercitare il proprio influsso.

A chi invece è piuttosto scettico rispetto alla candidatura poiché metterebbe in pericolo la neutralità elvetica, Hug ricorda che “la Svizzera, anche se non membro, deve comunque sostenere le decisioni del Consiglio di sicurezza”.

Il rischio delle ritorsioni

Nonostante l’ottimismo degli esperti e delle esperte, il diplomatico svizzero di lunga data Paul Widmer non approva la candidatura della Svizzera poiché il seggio nel Consiglio di sicurezza la obbligherà spesso a scegliere da che parte stare. Se non lo facesse indebolirebbe ulteriormente questo organo delle Nazioni Unite. “Ma ciò non rispecchia il suo ruolo di mediatrice in conflitti internazionali”, dice Widmer.

Se dovesse invece schierarsi da una parte, alcuni Stati membri potrebbero prendersela e adottare provvedimenti diretti o indiretti contro la Svizzera, ad esempio in ambito di scambi economici e dei buoni uffici. Inoltre, si corre il rischio di indebolire la posizione di Ginevra come piattaforma internazionale della diplomazia.

Widmer sostiene che si mettono concretamente in pericolo le missioni del Comitato internazionale della Croce rosse (CICR) che ha la sua sede in Svizzera. “Schierarsi a favore di una posizione potrebbe impedire o rendere più difficili gli interventi umanitari del CICR”.

Aumento delle spaccature nella società svizzera

Widmer teme anche conseguenze negative entro i confini nazionali. “Di sicuro, il Dipartimento federale degli affari esteri cercherà di spiegare in Svizzera le decisioni del Consiglio di sicurezza. Sono sicuro però che l’adesione al Consiglio di sicurezza aumenterà il fossato interno. È una cosa che potevamo risparmiarci”.

Il suo credo: la Svizzera deve far parte dell’ONU, ma non del Consiglio di sicurezza dove, comunque, l’ultima parola spetta alle nazioni che detengono il diritto di veto. La Confederazione è membro dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, un organo consultivo. “Lì, la Svizzera può far sentire la sua voce e condividere la sua esperienza. Il suo compito è e rimane di fungere, in maniera discreta, da mediatrice tra le nazioni”.

Il Consiglio di sicurezza è un organo delle Nazioni Unite. È composto di cinque membri permanenti (USA, Russia, Cina, Francia e Gran Bretagna) e dieci membri non permanenti. Questi vengono eletti ogni due anni dall’Assemblea generale.

Per ragioni storiche, i cinque membri permanenti hanno diritto di veto. Ciò conferisce loro il potere di bloccare ogni decisione. I membri non permanenti hanno quindi un ruolo importante, quello di mediatori per sbloccare situazioni di stallo tra le parti.

Stando alla Carta dell’ONU, il compito principale del Consiglio di sicurezza è la tutela della pace. Può imporre sanzioni o approvare interventi militari se la sicurezza internazionale è in pericolo. A differenza delle decisioni prese dall’Assemblea generale, quelle del Consiglio di sicurezza sono vincolanti per tutti i membri dell’ONU.

Lo slogan di candidatura della Svizzera è “A Plus for Peace” (“Un più per la pace”, in riferimento alla croce della sua bandiera e al simbolo matematico “+”). Nel 2011, il Consiglio federale ha deciso e inoltrato la candidatura per un seggio durante il biennio 2023-2024.

L’elezione si tiene nel giugno 2022 a New York. La decisione spetta ai 193 membri dell’Assemblea generale dell’ONU. La Svizzera ha buone chance di essere eletta visto che oltre alla Confederazione solo Malta è in lizza per uno dei due seggi vacanti destinati ai Paesi occidentali.

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