«La Svizzera si dirige verso una rottura dell’accordo con l’UE»
Per applicare l’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, il governo svizzero presenterà entro dicembre un progetto di legge chiaramente contrario al diritto europeo, afferma la professoressa Christa Tobler. Non vi è altra possibilità, dato che Bruxelles esclude a priori una rinegoziazione dell’accordo sulla libera circolazione.
A metà luglio, l’Unione europea ha fatto chiaramente sapere alla Svizzera, in una missiva ufficiale, che sull’accordo sulla libera circolazioneCollegamento esterno delle persone non vi è spazio per le trattative.
E visto che il Consiglio federale (governo svizzero) intende applicare alla lettera l’iniziativa dell’Unione democratica di centro (Udc, destra conservatrice) “Contro l’immigrazione di massa”Collegamento esterno – che prevede l’introduzione di contingenti, tetti massimi e priorità nazionale -, la Svizzera non ha altra scelta che rompere il contratto con l’UE, afferma Christa Tobler, esperta di diritto europeo all’università di Basilea.
Nessuna rinegoziazione dell’accordo
Il 9 febbraio 2014, il popolo svizzero ha accolto col 50,3% dei voti l’iniziativa popolare “Contro l’immigrazione di massa”, lanciata dall’Unione democratica di centro (UDC, destra conservatrice). Il testo prevede l’introduzione di contingenti, tetti massimi e preferenza nazionale. Data l’incompatibilità di queste misure con la libera circolazione, il governo svizzero ha chiesto all’UE di rinegoziare l’accordo. Nel mese di luglio, Bruxelles ha respinto la domanda elvetica.
In un’intervista a swissinfo.ch, la professoressa afferma che l’attuale incertezza politica non è senza conseguenze sull’economia. «La Svizzera è economicamente molto più dipendente dall’UE che viceversa».
swissinfo.ch: L’ex ministro ed ex deputato Christoph Blocher, uno dei padri dell’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, ha dichiarato in un’intervista che l’UE è tenuta, per contratto, ad accettare una rinegoziazione dell’accordo sulla libera circolazione delle persone. È vero?
Christa Tobler: No, assolutamente. L’accordo prevede che entrambe le parti possono chiedere una revisione. Ma ciò non significa che l’altra parte debba entrare in materia o dire di sì.
Anche la Svizzera, in passato, non ha accolto una richiesta dell’UE, relativa proprio allo stesso accordo.
Sostenere che esiste un obbligo di negoziazione è, dal profilo giuridico, una pura assurdità. Sarebbe insensato, e uno spreco di tempo, avviare delle trattative quando l’altra parte sa già di non poter dar seguito alla richiesta.
swissinfo.ch: Christoph Blocher è lui stesso giurista. Non dovrebbe dunque sapere che il partner contraente non può essere costretto a negoziare?
Ch.T.: Infatti, mi sorprende molto. Chiunque legga gli articoli dell’accordo corrispondenti, non può giungere a tale conclusione. Si tratta in un certa misura di una pura illusione. Posso immaginarmi che ciò abbia a che vedere con obiettivi politici. Ma in questo modo vengono trasmessi al mondo dei messaggi che non hanno alcun fondamento giuridico.
swissinfo.ch: Una rinegoziazione dell’accordo sulla libera circolazione, ai sensi dell’iniziativa, non è dunque definitivamente più all’ordine del giorno…
Ch.T.: Sì. E lo si sapeva ormai da mesi…
swissinfo.ch: L’UE l’aveva detto fin dall’inizio ed ora l’ha messo nero su bianco, nella lettera inviata a metà luglio. Il Consiglio federale si trova dunque di fronte a un dilemma: applicare l’iniziativa dell’UDC rispettando la volontà popolare, ma senza rompere l’accordo. Il dipartimento di giustizia e polizia è incaricato di elaborare un progetto di legge entro fine anno. Che forma potrebbe avere?
Altri sviluppi
Freno all’immigrazione: il governo privilegia la linea dura
Ch.T.: Il Consiglio federale ha già abbozzato qualche linea direttiva: intende introdurre dei contingenti per tutti gli stranieri, a partire da un soggiorno di quattro mesi, e far valere il principio della priorità nazionale per i posti vacanti. Queste proposte saranno riprese nel disegno di legge e sono chiaramente contrarie all’accordo sulla libera circolazione delle persone.
swissinfo.ch: Non vi è modo di rigirare il problema?
Ch.T.: No, l’opposizione resta. Qualsiasi disposizione che prevede l’introduzione di priorità nazionale e/o contingenti – poco importa se alti o bassi, poco importa se i tetti massimi sono rigidi o flessibili – è contraria all’accordo e dunque inaccettabile per l’UE.
swissinfo.ch: L’accordo con la Svizzera sarà dunque denunciato?
Ch.T.: L’accordo prevede che ciascuna delle parti contraenti può decidere di rescinderlo in qualsiasi momento. Se sarà il caso, non è una questione giuridica ma politica. Al momento non possiamo sapere se l’UE prenderà una simile decisione.
swissinfo.ch: Quante probabilità ci sono dal suo punto di vista?
Ch.T: Ritengo sia piuttosto improbabile, anche perché la procedura di denuncia dell’accordo è relativamente complessa. Implica il consenso di ogni singolo Stato membro al Consiglio dei ministri e la maggioranza dei voti al Parlamento europeo.
Non credo dunque che ci troveremo presto confrontati con una denuncia dell’accordo da parte europea.
swissinfo.ch: E la Svizzera dovrebbe denunciare l’accordo nel caso in cui la nuova legge sull’immigrazione fosse contraria alla libera circolazione?
Ch.T: La Svizzera intende presentare, in modo consapevole, un progetto di legge che è contrario all’accordo sulla libera circolazione. Se la Svizzera non vuole più rispettare questo accordo, sarebbe logico denunciarlo. Ma non sta scritto da nessuna parte che nel caso in cui i termini non siano onorati, l’accordo deve essere rotto.
L’esperienza fatta in altri campi del diritto internazionale dimostra come molti paesi hanno sottoscritto qualcosa che non rispettano e ciò malgrado non intendono assolutamente rescindere il contratto.
swissinfo.ch: È dunque possibile che entrambe le parti convivano con questa situazione di non rispetto di un accordo?
Ch.T: La Svizzera si dirige chiaramente verso una rottura dell’accordo e allora ci si pone la domanda, cosa accadrà?
swissinfo.ch: E qual è la sua risposta?
Ch.T: Una volta di più, non si tratta di una questione giuridica, ma politica. Posso immaginarmi che l’UE dica: “Ora la Svizzera non rispetta nemmeno più i principi di base di uno dei nostri accordi fondamentali. Ciò deve avere conseguenze in altri settori”.
swissinfo.ch: Ad esempio?
Ch.T: La conseguenza più palese è l’interruzione della cooperazione con la Svizzera nel campo della ricerca.
swissinfo.ch: Per quanto riguarda Horizon 2020, però, Bruxelles e Berna hanno nel frattempo trovano una soluzione…
Ch.T: Una soluzione che non permette però alla Svizzera di tornare a partecipare – a pieno titolo – al programma di ricerca ed è valida solo fino a quando lo sarà l’accordo sulla libera circolazione.
swissinfo.ch: Torniamo all’ipotesi di una situazione di rottura dell’accordo, senza denuncia. La Svizzera potrebbe convivere con questa opzione?
Ch.T: A prima vista, potrebbe essere un’ipotesi allettante. Credo tuttavia che se ne sottovalutino le conseguenze.
In questo momento ci troviamo in un clima di grande incertezza. Le aziende non sanno quali regole saranno applicate in futuro e ciò non è senza conseguenze sull’economia.
swissinfo.ch: Eppure Christoph Blocher, lui stesso imprenditore di successo, afferma che se le relazioni economiche con la Svizzera dovessero essere ostacolate, sarebbe l’UE a pagarne le conseguenze maggiori. La sua tesi è la seguente: Nel 2013 le importazioni svizzere dall’UE hanno raggiunto i 170 miliardi di franchi, mentre le esportazioni si sono fermate a 96 miliardi.
Ch.T: Questa tesi non prende assolutamente in considerazione il rapporto tra le parti, vale a dire l’importanza di questi 170 miliardi per l’UE rispetto ai 96 miliardi per la Svizzera. In proporzione, la Svizzera è economicamente molto più dipendente dall’UE che viceversa. Ogni altro paragone non ha senso ed è una falsa dichiarazione.
Un nuovo voto?
Diversi accademici, tra cui l’esperto di diritto europeo Matthias Oesch dell’università di Zurigo, sono convinti che la Svizzera possa uscire dall’attuale impasse soltanto sottoponendo nuovamente al voto popolare il controverso articolo costituzionale 121a, introdotto con l’accettazione dell’iniziativa “contro l’immigrazione di massa”. Ciò nel caso in cui non ci fosse rinegoziazione possibile dell’accordo sulla libera circolazione delle persone e un’applicazione rigida dell’articolo 121a dovesse portare alla fine della libera circolazione e con essa a tutto il pacchetto di bilaterali I.
Stando alle affermazioni di alcuni consiglieri federali, il popolo svizzero potrebbe essere chiamato ad esprimersi – tra due o tre anni – sul proseguimento o l’interruzione della via bilaterale, che da anni segna le relazioni tra Svizzera ed EU. La scelta potrebbe essere la seguente, secondo Matthias Oesch: una conferma dell’articolo 121a e la fine della libera circolazione oppure la soppressione o la revisione dell’articolo in modo da renderlo conforme all’accordo.
Vi è poi una terza – e più elegante – soluzione immaginata dagli accademici: la creazione di un nuovo articolo “europeo” che dovrebbe reggere le relazioni con l’UE.
Traduzione dal tedesco di Stefania Summermatter
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