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La Svizzera si piega al potere dei grandi

La democratizzazione delle istituzioni dell'ONU figura tra le priorità della politica seguita dalla Svizzera nell'organizzazione internazionale Keystone

Il gruppo informale di Stati denominato "Small Five” (S-5), di cui fa parte la Svizzera, ha ritirato all’ultimo momento le sue proposte per migliorare i metodi di lavoro del Consiglio di sicurezza. I “cinque piccoli” hanno ceduto alle pressioni delle cinque grandi potenze.

I membri dell’S-5 – Svizzera, Liechtenstein, Singapore, Giordania e Costa Rica – avevano preparato un progetto di risoluzione, da sottoporre all’Assemblea generale, che mirava a rendere più trasparente, e quindi anche più credibile, l’operato dell’organo decisionale più potente delle Nazioni unite, ossia il Consiglio di sicurezza.

Il testo chiedeva, tra l’altro, di restringere il diritto di veto accordato ai cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza – Stati uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina – per le decisioni relative a genocidio, crimini di guerra e crimini contro l’umanità. Nel caso in cui i cinque grandi volessero esercitare comunque il loro diritto di veto, allora sarebbero tenuti a motivare la loro scelta nei confronti degli altri membri dell’ONU.

Il progetto di riforma prevedeva inoltre di coinvolgere maggiormente nei processi decisionali i paesi che sono direttamente toccati da un conflitto o che hanno messo a disposizione dei soldati per le missioni di pace delle Nazioni unite.

Sostegni e opposizioni

Le proposte presentate dal gruppo S-5 avevano ottenuto “molti sostegni sostanziali” da parte degli altri membri dell’Assemblea generale, ha rilevato l’ambasciatore svizzero all’ONU Paul Seger, nel corso di una conferenza stampa tenuta mercoledì a New York.

Il progetto di risoluzione aveva però suscitato l’opposizione dei membri permanenti del Consiglio di sicurezza. “Ci hanno detto chiaramente che avrebbero respinto qualsiasi proposta di riforma su questo tema”, ha indicato il rappresentante elvetico al Palazzo di Vetro.

A detta dei cinque grandi, l’Assemblea generale non è competente per quanto riguarda un’eventuale riforma del Consiglio di sicurezza. Soltanto quest’ultimo può decidere in merito a qualsiasi proposta di miglioramento del suo modo di lavorare.

Tentativi finora falliti

Negli ultimi vent’anni sono state lanciate diverse iniziative per giungere ad una riforma del Consiglio di sicurezza, la cui composizione non rispecchia più la realtà geopolitica mondiale. Finora tutti i tentativi sono però affondati, soprattutto in seguito alla ferma opposizione dei membri permanenti di quest’organo.

Per questo motivo, il progetto presentato dal gruppo S-5 si limitava a proporre cambiamenti concreti e pragmatici, volti in particolare a migliorare il lavoro del Consiglio di sicurezza e la sua collaborazione con l’Assemblea generale. “Queste riforme potevano essere realizzate senza modificare la Carta delle Nazioni unite e quindi in tempi brevi”, ha sottolineato Paul Seger.

I “cinque piccoli” speravano così di avere più successo rispetto alle proposte di riforma presentate negli ultimi anni, che miravano a cambiare la composizione del Consiglio di sicurezza e ad estendere il numero dei membri permanenti. Una democratizzazione dei metodi di lavoro del Consiglio di sicurezza figura tra le priorità della politica sostenuta dalla Svizzera all’interno dell’ONU.

Perizia discutibile

Poco prima del voto all’Assemblea generale, il gruppo S-5 ha però preferito ritirare il suo progetto di risoluzione. A spingere i suoi membri a questo passo non sono state soltanto le pressioni esercitate dai cinque grandi, ma anche una perizia presentata dalla responsabile del servizio giuridico dell’ONU Patricia O-Brien.

Secondo la giurista, la risoluzione proposta dall’S-5 andava inserita nel più vasto processo di riforma del Consiglio di sicurezza e richiedeva quindi una modifica della Carta delle nazioni unite. In tal caso, per far approvare il progetto, sarebbe stata necessaria la maggioranza dei due terzi dei membri dell’Assemblea generale.

“Non condivido e non posso capire queste valutazioni giuridiche”, ha dichiarato Paul Seger, il quale era già stato tra l’altro consulente giuridico del governo svizzero. A suo avviso, la perizia presentata da Patricia O’Brien non è comprensibile, dal momento che nel progetto di risoluzione si parlava unicamente di raccomandazioni.

“Queste raccomandazioni potevano essere accettate senza una modifica della Carta dell’ONU ed erano sostenute dalla maggior parte dei paesi membri”, ha affermato l’ambasciatore elvetico.

Nervo sensibile

Molto probabilmente, al momento del voto, molte delegazioni avrebbero però tenuto conto soprattutto del parere giuridico espresso da Patricia O’Brien. E anche se fosse stato possibile raggiungere la maggioranza richiesta, un voto favorevole avrebbe rischiato di bloccare per molto tempo altre proposte di riforma.

“Ci trovavamo insomma in una situazione ‘lose-lose’ (con solo perdenti)”, ha dichiarato Paul Seger, motivando la decisione di ritirare il progetto di risoluzione. Per l’ambasciatore svizzero, non si può tuttavia parlare di un insuccesso. “Siamo riusciti ad aprire un dibattito e a toccare un nervo sensibile, altrimenti il nostro progetto non avrebbe sollevato così tante emozioni”.

Bisogna ora vedere, se i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza attueranno, come promesso, una riforma dei metodi di lavoro di quest’organo. “Si apre qui un nuovo capitolo. I membri dell’S-5 seguiranno con attenzione gli sviluppi in quest’ambito”, ha annunciato Paul Seger.

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite è formato da cinque membri permanenti – Stati uniti, Gran Bretagna, Francia, Russia e Cina – e dieci membri eletti per un periodo di 2 anni.

Dalla nascita dell’ONU, che conta oggi 193 paesi, le cinque potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale godono di poteri speciali all’interno del Consiglio di sicurezza.

I cinque membri permanenti dispongono infatti del diritto di veto, con il quale possono bloccare qualsiasi proposta di risoluzione, anche quelle sostenute dalla maggioranza degli altri Stati.

Chiamato a decidere in merito al mantenimento della pace e alla sicurezza mondiale, il Consiglio di sicurezza non rispecchia più da molto tempo la situazione geopolitica mondiale.

Negli ultimi 20 anni sono state lanciate così numerose iniziative per modificare la sua composizione e far entrare altri paesi tra i membri tra i membri permanenti.

Ogni tentativo è stato però finora respinto, in diverse occasioni dagli stessi membri permanenti del Consiglio di sicurezza.

Attualmente i progetti di riforma si trovano in un “coma politico”, si afferma alle Nazioni unite.

Traduzione e adattamento di Armando Mombelli

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