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Votazioni federali del 25 settembre 2022

Le donne dovranno lavorare un anno in più in Svizzera

donna che lavora macchinario
La nuova riforma dell'Assicurazione vecchiaia e superstiti approvata domenica 25 settembre 2022 porta l'età pensionabile delle donne da 64 a 65 anni, equiparandola a quella degli uomini. © Keystone / Gaetan Bally

L'età pensionabile delle donne passa da 64 a 65 anni in Svizzera. Il popolo ha infatti approvato con una maggioranza risicata la riforma dell'Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS). Confermato anche l'aumento dell'IVA per l'AVS.

L’Assicurazione vecchiaia e superstiti (AVS) ha affrontato l’ennesima prova alle urne, ma questa volta la riforma proposta da Governo e Parlamento ha incontrato il favore dell’elettorato.

Stando ai risultati finali, il 50,6% delle elettrici e degli elettori ha detto “sì” all’innalzamento dell’età pensionabile delle donne da 64 a 65 anni. L’approvazione della riforma è apparsa in bilico per un momento, ma i risultati netti nel canton Zurigo hanno riportato in vantaggio il campo del “sì”: il cantone ha registrato il 55,8% di voti favorevoli.

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Le donne, dunque, dovranno lavorare un anno in più in Svizzera, andando in pensione alla stessa età degli uomini a partire dal 2024.

Anche l’aumento di 0,4 punti percentuali dell’aliquota IVA a favore dell’AVS ha incontrato l’approvazione da parte del popolo: il 55,1% ha detto “sì”.

Si tratta di un risultato tirato, come avevano previsto gli analisti e le analiste nelle ultime ore.

L’ultimo sondaggio condotto dalla SSR aveva rilevato il sostegno alla riforma da parte del 59% dell’elettorato, ma anche un avanzamento progressivo del campo del “no”.

Gli argomenti a favore della revisione dell’AVS, denominata AVS21, hanno dunque avuto la meglio sulla cittadinanza, anche se in misura minore rispetto alle aspettative.

La riforma ha lo scopo di garantire il finanziamento del primo pilastro del sistema pensionistico svizzero, l’AVS appunto, per le prossime generazioni. Con l’aumento della speranza di vita e la crescita del numero di persone pensionate rispetto a quelle ancora attive nel mercato del lavoro, infatti, la stabilità finanziaria dell’AVS nei prossimi dieci anni è in pericolo.

Al momento, il bilancio dell’AVS è ancora positivo, ma secondo le proiezioni l’assicurazione sarà in deficit a partire dal 2029. Per questo motivo, l’anno scorso il Parlamento aveva approvato il progetto AVS21 per consolidare le finanze dell’assicurazione vecchiaia.

Nel complesso, la riforma dell’AVS21 permetterebbe di riequilibrare le finanze dell’AVS, apportando un totale di circa 17 miliardi di franchi nelle sue casse. Il solo innalzamento dell’età pensionabile per le donne farebbe risparmiare 1,2 miliardi di franchi all’anno a partire dal 2029, mentre l’aumento dell’IVA porterebbe altri 1,3 miliardi di franchi all’anno nelle casse dell’AVS a partire dal 2024.

Tuttavia, la riforma AVS21 non sarà sufficiente a garantire il finanziamento delle pensioni oltre il 2032.

Una Svizzera divisa

I risultati hanno delineato una classica situazione da “Röstigraben” e da “Polentagraben”, cioè di voto molto differente fra la Svizzera tedesca, da una parte, e la Romandia e il Ticino dall’altra.

Con ben poche eccezioni, la modifica della legge sull’AVS è stata affossata nei comuni francofoni e italofoni, mentre dove si parla tedesco è successo l’opposto.

ll sostegno maggiore alla riforma è stato registrato a Zugo (65,0%), quello più scarso nel Giura (29,1%). Fra i contrari – assieme anche a Vaud, Friburgo, Basilea Città, Sciaffusa, Vallese, Neuchâtel, Ginevra – si è schierato il Ticino (42,9%), mentre i Grigioni (56,2%) hanno sostenuto la proposta.

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“Dividere il paese su un soggetto di questo tipo non è una buona idea, avrà delle conseguenze”: lo afferma il presidente dell’Unione sindacale svizzera (USS) Pierre-Yves Maillard.

“Abbiamo un rapporto di forze molto difficile nella Svizzera tedesca”, afferma l’ex consigliere di Stato socialista. “Stamattina, quando mi sono alzato, non pensavo però che l’esito sarebbe stato così tirato”.

Nicola Siegrist, presidente dei Giovani socialisti svizzeri, pensa che l’elevata percentuale di “no” all’aumento dell’età di pensionamento delle donne dimostri comunque come l’ingiustizia della legge AVS non venga accettata a cuor leggero.

Più convinta è stata l’approvazione del secondo tema, l’aumento dell’IVA per sostenere le pensioni, una modifica costituzionale che necessitava della doppia maggioranza di popolo e cantoni: a opporsi sono stati solo cinque cantoni, tutti romandi: Vaud, Friburgo, Neuchâtel, Giura e Ginevra. In Ticino i favorevoli sono stati il 50,7%, nei Grigioni il 58,5%.

“Fine dei diktat delle sinistra”

L’Unione svizzera delle arti e dei mestieri interpreta il “sì” alla riforma dell’AVS come “la fine dei diktat della sinistra in materia di politica sociale”, si legge in un Tweet diffuso dall’organizzazione. 

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L’Unione svizzera degli imprenditori (USI) va oltre e pensa già a innalzare l’età di pensionamento per tutti, portandola a 67 anni. “Non possiamo ristrutturare il sistema pensionistico senza stringere le viti dell’età in cui si percepiscono le rendite”, ha detto Vogt ai microfoni dell’SRF.

Anche Economisuisse guarda al futuro, affermando la necessità di ulteriori riforme per stabilizzare l’AVS nel medio termine. Questi interventi devono essere portati avanti rapidamente, sottolinea l’organizzazione.

“Un affronto alle donne”

Secondo la presidente del sindacato UNIA Vania Alleva, invece, questa riforma rappresenta un affronto alle donne, che continueranno ad avere salari bassi e pensioni meno elevate degli uomini, nonostante l’obbligo di lavorare un anno in più. 

La sindacalista ritiene importante intervenire immediatamente per porre rimedio alle ingiustizie nel secondo pilastro della previdenza professionale. “La discriminazione strutturale, lo svantaggio delle donne nel secondo pilastro devono essere corretti”, ha detto Alleva a SRF.

A tale scopo, secondo Unia, è necessaria anche la pressione nelle piazze e nelle aziende: il sindacato sosterrà ampiamente la mobilitazione in vista dello sciopero delle donne 2023.

Società divisa sulla riforma

La modifica della legge federale che riguarda l’aumento dell’età di pensionamento solo per le donne è stata molto controversa in questa votazione. Il fronte del “no” si è opposto a un finanziamento dell’AVS fatto sulle spalle delle donne, poiché penalizza una parte della popolazione già afflitta da pensioni più basse (con un divario del 35% rispetto agli uomini) e disuguaglianze salariali (con salari in media del 19% inferiori).

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Sindacati, partiti di sinistra e gruppi di donne hanno affermato la necessità di raggiungere la parità retributiva e di riconoscere il lavoro non retribuito effettuato dalle donne, prima di equiparare la loro età pensionabile a quella degli uomini.

“Prima di derubarci di sette miliardi di franchi facendoci lavorare un anno in più, che ci paghino i 7,7 miliardi di franchi di disuguaglianze salariali o i 248 miliardi di franchi di lavoro di cura non retribuito [cura delle persone care e lavori domestici] svolto dalle donne”, ha affermato Mathilde Mottet, 27 anni, vice segretaria centrale della Gioventù socialista svizzera (GISO).

Non sorprende che la polarizzazione tra uomini e donne su questo punto sia evidente. L’ultimo sondaggio dell’Istituto gfs.bern in vista del voto aveva rilevato che la maggior parte delle donne (51%) si opponeva al progetto, mentre tra gli uomini dominava il sostegno netto alla riforma (70%).

Chi vorrà potrà lavorare dopo i 65 anni

I partiti di centro e di destra favorevoli alla riforma hanno sostenuto in particolare la maggior flessibilità nel pensionamento: l’AVS21, infatti, permette di scegliere liberamente il momento del pensionamento tra i 63 e i 70 anni, a seconda delle esigenze personali. Chi vorrà lavorare dopo i 65 anni potrà quindi migliorare la propria pensione.

Inoltre sostenitrici e sostenitori ritengono che sia giusto che donne e uomini vadano in pensione alla stessa età. Le donne, infatti, vivono generalmente più a lungo degli uomini e beneficiano per più tempo della pensione. L’età pensionabile differenziata è il residuo di una società patriarcale che riteneva le donne svantaggiate a livello fisiologico rispetto agli uomini.

“Non si può combattere un sistema patriarcale e accettare che le donne vadano in pensione un anno prima degli uomini. L’uguaglianza non è à la carte”, ha detto Gabrielle de Simone, membro della segreteria generale dei Giovani del Partito liberale radicale (PLR).

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La Svizzera si allinea con altri Paesi europei

La riforma su cui si è votato è considerata il più importante progetto del Parlamento nella corrente legislatura e la sua approvazione non appariva scontata a priori: l’ultimo grande cambiamento dell’AVS risale infatti al 1997.

Le successive riforme sono state respinte dal popolo o dal Parlamento. In particolare nel 2017 il progetto di previdenza per la vecchiaia 2020 era naufragato per il “no” all’IVA (per soli 2357 voti a livello di popolo, ma chiaramente per i cantoni, 13,5 contro 9,5) e per il contemporaneo no alla legge (52,7%).

Riforme simili sono state già adottate nella maggior parte dei Paesi europei (vd. grafico sopra): in Norvegia e Islanda le donne devono lavorare fino a 67 anni. In Italia fino a 66,6 anni e in Spagna e Danimarca fino a 65 anni. L’attuale età pensionabile delle donne in Svizzera, tuttavia, è in linea con la media OCSE (63,5 anni nel 2018).

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