Lettere bomba con la A cerchiata
Negli ultimi mesi diverse azioni violente rivendicate da movimenti anarco-insurrezionalisti hanno preso di mira interessi elvetici. Attentati da ricollegare all'incarcerazione in Svizzera di tre anarco-ecologisti.
Le recenti lettere-bomba esplose la vigilia di Natale all’ambasciata svizzera di Roma e il 31 marzo negli uffici di Swissnuclear a Olten, con un bilancio complessivo di tre feriti, hanno riportato in primo piano la galassia anarchica.
Gli attentati (compresi quelli contro le ambasciate di Grecia e Cile a Roma e una caserma di Livorno del Reggimento ‘Folgore’) sono stati rivendicati dalla Federazione anarchica informale (FAI, da non confondere con la Federazione anarchica italiana), una sigla apparsa per la prima volta nel 2003, con una serie di plichi esplosivi indirizzati a diversi politici ed enti europei. «Un contenitore senza veri padroni», stando all’antiterrorismo italiano.
Perché proprio la Svizzera? Nelle lettere di rivendicazione, la FAI esprime la sua solidarietà con tre persone detenute in Svizzera: due italiani e un ticinese, arrestati il 15 aprile 2010 nei pressi di Zurigo perché trovati in possesso di un’importante quantità d’esplosivo. I tre sono sospettati di aver voluto commettere un attentato contro un laboratorio di nanotecnologia della IBM a Zurigo.
Tutti e tre sono legati al circolo anarco-ecologista “Il Silvestre”, nato a Pisa una decina di anni fa e considerato tra i più oltranzisti e dinamici in Europa. Il gruppo ha tra i suoi punti di riferimento l’eco-terrorista grigionese Marco Camenisch, in carcere dal 1991, dopo una latitanza durata 10 anni e trascorsa in parte in Toscana. Nel 2002 Camenisch è stato estradato in Svizzera, dove sta scontando una pena per l’assassinio di una guardia di frontiera svizzera nel 1989 e per degli attentati contro dei piloni elettrici. I due italiani arrestati, negli ultimi anni sono finiti più volte nel mirino degli inquirenti italiani per degli attentati, ad esempio quello commesso il 21 gennaio 2004 – il giorno del compleanno di Camenisch – contro l’ovovia dell’Abetone, data alle fiamme.
Un fenomeno in evoluzione
Nella relazione sulla politica dell’informazione per la sicurezza 2010, l’intelligence italiana ha evidenziato che le attività del filone anarco-insurrezionalista appaiono in progressiva evoluzione. «Il modus operandi di tali frange rimane quello ‘classico’ dell’azione diretta e delle campagne intimidatorie contro obiettivi legati alla ‘repressione’ […]. Rispetto al passato, tuttavia, si evidenzia una più accentuata tendenza alla ‘personalizzazione’ delle minacce e alla proiezione internazionale della lotta. Quest’ultima si manifesta sia attraverso una costante attenzione all’attività degli omologhi gruppi stranieri, accompagnata dalla manifestazione di una solidarietà militante verso ‘i compagni detenuti’, sia all’aspirazione a protendersi oltre i confini nazionali».
Un’evoluzione confermata anche dall’Ufficio europeo di polizia. Secondo il rapporto di Europol, da un paio d’anni il numero di atti terroristi che portano la firma di gruppi di estrema sinistra o anarchici è in aumento. Nel 2009 ne sono stati registrati 40, il 43% in più rispetto all’anno prima e il doppio rispetto al 2007. In Svizzera, nel 2010 sono stati registrati 254 incidenti «di matrice di estrema sinistra», 34 in più rispetto all’anno precedente, stando al rapporto annuale del Servizio delle attività informative della Confederazione pubblicato lunedì.
La propaganda col fatto cara a Kropotkin sembra quindi fare ancora emuli nell’universo anarchico, in particolare tra i gruppi ecologisti e animalisti più estremisti.
Un movimento multiforme
«In Europa esiste un movimento anarchico organizzato che si esprime nelle federazioni anarchiche dei diversi paesi. Poi in ogni paese vi è una miriade di realtà che in qualche modo si definiscono anarchiche e che operano secondo altre prospettive, dall’impegno ecologico a quello comunitario, oppure che si identificano nei movimenti delle occupazioni, dei centri sociali, nei gruppi animalisti…», spiega Peter Schrembs, del circolo anarchico Carlo Vanza di Locarno.
Nell’immaginario collettivo, anarchismo è spesso sinonimo di azioni violente, individuali, come nel 1893, quando Auguste Vaillant fece esplodere una bomba alla Camera dei deputati francese senza fare vittime, e l’anno successivo, quando Sante Caserio, per vendicare lo stesso Vaillant, condannato a morte, ferì il presidente francese Sadi Carnot. O ancora Gaetano Bresci, che il 29 luglio 1900 uccise a Monza re Umberto I di Savoia, tenuto per responsabile del massacro di più di cento persone a Milano nel 1898.
«È vero, storicamente ci sono state persone che si sono rivoltate contro una situazione che non ritenevano più accettabile, adottando qualsiasi mezzo. Non è però solo una caratteristica degli anarchici», osserva Peter Schremps. «Per noi azione diretta vuol dire cercare di creare delle cooperative, dei progetti di autogestione, di rendere attenta la popolazione a certi problemi. Pensare che una mano monca di un impiegato abbia a che fare con l’anarchismo e che con questi metodi si riesca a sensibilizzare la gente a un determinato problema è invece fuori da ogni logica».
«Campagna di provocazione»
Attentati dai quali si è dissociata con fermezza anche la Federazione anarchica italiana, che ha parlato dell’«ennesima, miserabile, campagna di ordinaria provocazione» che non ha nulla a che vedere con l’anarchismo e che si somma «alle provocazioni che lo Stato mette in atto per criminalizzare il dissenso». In numerosi siti internet della sinistra radicale, si accusa la Federazione anarchica informale di essere in sostanza un’emanazione dei servizi segreti, per poter colpire tutte le fonti di dissenso. Una lettura che non convince Peter Schrembs: «Visti i fatti di Piazza Fontana del 1969 è normale che possano sorgere dei dubbi. In questo caso, però, credo che dietro a questi atti ci sia una rabbia personale, delle individualità che non vedono una via d’uscita».
Individualità che comunque possono contare su una rete di sostegno piuttosto estesa anche a livello internazionale. Sui siti internet e in alcuni centri occupati fioccano le «iniziative di solidarietà» con i tre anarchici e altri prigionieri. In Svizzera, ad esempio, i «Contributi alla lotta; lettere dal carcere» dei tre arrestati e di Marco Camenisch sono stati tradotti in francese da un membro dello Spazio autogestito di Losanna, mentre sul volantino della giornata del primo maggio del Revolutionärer Aufbau Schweiz (RAS, considerata dalle autorità l’organizzazione di estrema sinistra «più violenta in Svizzera») si inneggiava alla libertà dei quattro «prigionieri politici». Una galassia che in Svizzera numericamente è modesta – «circa 2’000 estremisti, 1’000 dei quali violenti», si legge nel rapporto del Servizio delle attività informative della Confederazione – ma il cui «potenziale di violenza continua a rimanere elevato». Tanto più che la loro volontà è di «alzare il tiro», come scritto nella rivendicazione dell’attentato all’ambasciata svizzera di Roma.
Il 6 maggio 2011 il Ministero pubblico della Confederazione ha trasmesso al Tribunale penale federale di Bellinzona l’atto d’accusa nei confronti dei due cittadini italiani e del cittadino svizzero arrestati il 15 aprile 2010 nel canton Zurigo.
I tre sono accusati di atti preparatori punibili di un incendio intenzionale, occultamento e trasporto di materie esplosive e commercio non autorizzato con esplosivi.
Nella loro automobile sono state rinvenute due cariche di esplosivo per un peso complessivo di 476 grammi e 31 lettere di rivendicazione in lingua tedesca nelle quali il gruppo “Earth Liberation Front Switzerland” rivendicava un attentato con esplosivo contro il centro di ricerca sulle nanotecnologie di IBM a Rüschlikon, nel canton Zurigo.
15 aprile 2010: due italiani e uno svizzero sono arrestati nei pressi di Langnau am Albis (canton Zurigo) in possesso di un’importante quantità di esplosivo. I tre sono sospettati di aver voluto commettere un attentato contro il laboratorio di nanotecnologia della IBM a Zurigo.
5 ottobre 2010: una bomba di fabbricazione artigianale inesplosa è rinvenuta davanti all’ambasciata di Svizzera a Roma. Su un muro viene tracciata la scritta «Libertà per Costa, Silvia e Billy».
1-2 novembre 2010: l’ambasciata svizzera e altre rappresentanze diplomatiche a Atene sono oggetto di tentativi di attentati con pacchi bomba. L’ordigno non causa vittime.
23 dicembre 2010: una lettera bomba ferisce alle mani un dipendente di 53 anni dell’ambasciata svizzera nella capitale italiana. Lo stesso giorno un ordigno esplode all’ambasciata del Cile a Roma. Un uomo rimane gravemente ferito al viso e alle mani. Nel rivendicare gli attentati, la Federazione anarchica informale fa riferimento alle tre persone arrestate in aprile.
17 gennaio 2011: sconosciuti tentano senza successo di appiccare il fuoco al Tribunale penale federale di Bellinzona, dove qualche settimana prima erano stati processati tre giovani anarchici. Su un muro viene tracciata un’A cerchiata.
31 marzo 2011: un’altra lettera bomba scoppia nei locali di Swissnuclear a Olten, ferendo due donne. Anche questa volta l’attentato è rivendicato dalla Federazione anarchica informale. Lo stesso giorno, sono prese di mira la caserma della brigata di paracadutisti “Folgore” a Livorno (un ufficiale ferito) e il carcere greco di Koridallos (il pacco è disinnescato).
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