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Da Bruxelles timida apertura per superare l’impasse tra UE e Berna

Il presidente del Parlamento europeo Martin Schulz si è detto favorevole domenica a una soluzione transitoria riguardo all'attuazione dell'iniziativa svizzera contro l'immigrazione di massa. In caso contrario gli accordi tra Svizzera e Unione Europea sarebbero in pericolo.

In occasione dell’inaugurazione della galleria ferroviaria di base del San Gottardo abbiamo visto quanto la Svizzera sia importante per l’UE e viceversa. Non si deve mettere in gioco questa relazione, ha detto domenica Schulz al telegiornale della televisione svizzero tedesca SRF.

Il presidente del Parlamento europeo, dopo aver incontrato la scorsa settimana una delegazione parlamentare elvetica, aveva già detto che Berna e Bruxelles devono arrivare ad un risultato, ma la Confederazione “deve andare un po’ più verso l’UE”. Nei negoziati tra Berna e Bruxelles è comunque la Commissione Europea a dirigere le trattative e non il Parlamento europeo.

Venerdì, al termine di una riunione durata due giorni, la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio Nazionale non ha trovato una soluzione condivisa per applicare l’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, accolta in votazione popolare il 9 febbraio del 2014. Quindi non ha preso nessuna decisione definitiva sulla questione.

Il governo svizzero punta su una clausola di salvaguardia che consentirebbe una limitazione temporanea e mirata dei permessi di dimora per i cittadini di Stati dell’UE e dell’Associazione di libero scambio (AELS). Per applicare l’iniziativa popolare se non si raggiunge una accordo tra Berna e Bruxelles, l’esecutivo propone al parlamento di limitare l’immigrazione di questi Paesi una volta superato un determinato valore soglia, ad esempio con un sistema di contingenti che per una permanenza superiore ai quattro mesi.

L’idea è accettata dalla maggioranza dei partiti, poiché ritengono che non contravvenga alla libera circolazione delle persone. Ma la ministra di Giustizia Simonetta Sommaruga ritiene che tale soluzione sia nei fatti poco compatibile con l’accordo di libera circolazione delle persone.

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