La SECO riconosce il rischio di dumping in Ticino
La libera circolazione ha favorito la crescita economia e l'occupazione in Svizzera, anche se nelle regioni di confine, Ticino in primis, l'aumento dei frontalieri ha creato una certa concorrenza e una pressione sui salari. È quanto rileva l’ultimo rapporto della Segreteria di Stato dell’economia (SECO). Nel 2014, il saldo migratorio in Svizzera è stato di 73mila stranieri, 50'600 dei quali provenienti dall’UE.
La Svizzera si conferma dunque particolarmente attrattiva agli occhi dei lavoratori europei, anche se il loro numero è diminuito del 25% rispetto al 2013 (68mila). La progressione più forte è stata registrata da portoghesi, italiani e spagnoli, passati da 13’500 a 22’300 tra il 2008 e il 2014. In calo invece i tedeschi, da 29’000 a 6’800.
Interrogato sui motivi del calo degli immigrati europei, Boris Zürcher, responsabile della Direzione del lavoro presso la SECOCollegamento esterno, è rimasto sul vago sostenendo che per il momento non è possibile trarre conclusioni. Per Roland Müller, direttore dell’Unione svizzera degli imprenditori (USI), pure presente alla conferenza stampa a Berna, non ci sono invece dubbi: le cause sono da ricercare nell’approvazione dell’iniziativa “Contro l’immigrazione di massa”, definita “un vero veleno per l’economia svizzera”.
Nel suo rapporto, la SECO ha anche sottolineato come il mercato del lavoro svizzero abbia ben integrato gli immigranti europei. Dall’entrata in vigore della libera circolazione delle persone, il tasso di disoccupazione è infatti rimasto relativamente stabile.
La situazione è però a rischio nei cantoni di frontiera, in particolare in Ticino, e necessita di “un’osservazione costante”, stando a Boris Zürcher. Dal rapporto emerge infatti che frontalieri e lavoratori in possesso di un permesso di breve durata dispongono, con competenze uguali, di salari sempre più bassi rispetto ai cittadini svizzeri. Ciò rappresenta un vero rischio di dumping salariale.
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