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Missione delicata per Doris Leuthard a Bruxelles

A Doris Leuthard è chiesta grande abilità per convincere gli interlocutori europei swissinfo.ch

È in un'atmosfera di "guerra seduta" che si tiene lunedì la visita della presidente della Confederazione a Bruxelles. Svizzera e Unione europea affilano le armi in vista di un rimodellamento delle proprie relazioni. Con a termine gli "accordi bilaterali III"?

All’ordine del giorno di Doris Leuthard ci sono colloqui con i presidenti del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, della Commissione Ue José Manuel Durão Barroso e il commissario per il mercato interno Michel Barnier. La presidente della Confederazione e ministra dell’economia incontra pure il commissario europeo per la fiscalità Algirdas Semeta.

Dopo aver concluso due cicli di negoziati bilaterali nel 1999 e nel 2004, la Svizzera e l’Ue si sono rimesse all’opera. Hanno avviato talvolta delle trattative, talvolta delle “discussioni esplorative”, talvolta un “dialogo” con l’obiettivo di concludere nuovi accordi in diversi settori: il transito e l’accesso al mercato dell’elettricità, la liberalizzazione degli scambi di prodotti agricoli, la sanità pubblica e la protezione dei consumatori, la sicurezza e la commercializzazione dei prodotti chimici.

Altri fascicoli, fiscali, si aggiungeranno all’elenco appena l’Unione avrà chiarito la propria posizione. Riguarderanno il miglioramento della lotta alla frode nella fiscalità diretta, l’estensione del campo di applicazione della regolamentazione europea sulla fiscalità del risparmio e l’applicazione in Svizzera del codice di comportamento adottato dai Ventisette nell’imposizione delle imprese.

Dossier così sensibili da giustificare la presenza del segretario di Stato svizzero agli affari finanziari e fiscali internazionali Michael Ambühl, al fianco di Doris Leuthard.

Terzo grande mercanteggiamento

Tutte le componenti sembrano riunite per una terza grande trattativa: i negoziati “bilaterali III. Ma prima che possano iniziare, occorrerà modificare alcuni parametri fondamentali delle relazioni fra Berna e Bruxelles.

Nel 2008, l’Ue ha adottato una nuova dottrina nei confronti della Confederazione, alla quale la presidenza di turno belga ha deciso di attenersi. In particolare insiste sulla necessità di raggiungere un “equilibrio degli interessi” in tutti i campi di cooperazione (prendendo anche cura di risolvere vecchi contenziosi sull’imposizione cantonale delle aziende e sulla libera circolazione delle persone). Ritiene pure indispensabile “applicare in modo omogeneo, man mano, gli elementi del diritto comunitario in costante evoluzione”.

In altri termini, per l’Unione europea non è più questione di elaborare accordi su misura per la Svizzera. Berna è ormai invitata ad allinearsi alle regole comunitarie.

Commissione critica

Nessuna di queste condizioni è adempiuta nei negoziati in corso, sottolineano vari rapporti comunitari.

Bruxelles da un lato giudica di sproporzionate certe esigenze specifiche di Berna. Per esempio, la Svizzera desidera continuare ad esportare in Medio e Estremo Oriente sigarette prodotte sul proprio territorio, i cui tenori di catrame e nicotina superano i limiti fissati dalla legge nell’Ue.

La Commissione, d’altro lato, solleva soprattutto “problemi orizzontali” in tutti i settori. La Svizzera è restia nell’applicazione delle norme europee in materia di concorrenza nel settore dell’elettricità. Rifiuta poi di adattare la legislazione elvetica alle nuove disposizioni europee in ambito sanitario. Non vuole sottoporsi alla vigilanza della Commissione e alla giurisdizione della Corte di giustizia europea nel settore agricolo e nella messa sul mercato di prodotti chimici.

In breve, Bruxelles non è “molto ottimista” sull’esito dei negoziati. Giudica infatti troppo elevato il prezzo che dovrebbe pagare l’Ue per concludere degli accordi con la Confederazione.

Vicolo cieco

José Barroso lo ricorderà sicuramente lunedì a Doris Leuthard. Non essendo idonea per una soluzione al rompicapo istituzionale che si pone, la via del “bilateralismo settoriale” sulla quale si è incamminata la Svizzera per avvicinarsi all’Unione europea presto non porterà più da nessuna parte.

Il governo elvetico il 18 agosto pubblicherà un rapporto sulla politica di integrazione europea della Confederazione che non schiverà la questione. Ma sarà abbastanza ambizioso dal momento che all’orizzonte si profilano le elezioni federali del 2011?

Se non è il caso, l’Unione finirà con l’imporre la propria disciplina alla Svizzera, senza possibilità di discussioni. La presidenza belga ha già deciso che i ministri degli affari esteri dei Ventisette riesamineranno l’insieme delle relazioni fra l’Ue e la Confederazione in dicembre.

La Svizzera prosegue la sua politica europea sulla via bilaterale. Dall’Accordo di libero scambio del 1972, la rete di intese è stata progressivamente ampliata.

Gli Accordi bilaterali I (1999) vertono principalmente sulla reciproca apertura dei mercati in sette settori specifici: la libera circolazione delle persone, gli ostacoli tecnici al commercio, l’agricoltura, i trasporti aerei, i trasporti terrestri, gli appalti pubblici e la partecipazione della Svizzera ai programmi di ricerca dell’Unione europea.

Gli Accordi bilaterali II (2004) contemplano nuovi interessi economici ed ampliano la cooperazione ad altri settori: la sicurezza interna (Schengen/Dublino), l’ambiente, l’educazione e la formazione, i prodotti agricoli trasformati, la fiscalità del risparmio, le pensioni, la lotta contro la frode, la statistica e la cinematografia.

Nuove trattative preliminari sono state avviate a partire dal 2007 in altri campi: elettricità, agricoltura, sanità, protezione dei consumatori, sicurezza alimentare e sicurezza dei prodotti, sicurezza in materia di prodotti chimici, tassazione delle imprese. Un elenco che in futuro dovrebbe ancora allungarsi di parecchio.

(Traduzione dal francese: Sonia Fenazzi)

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