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“Tacere o non reagire significa banalizzare la violenza”

Zwei Frauen mit Blumen
Non solo fiori e applausi: le donne attive in politica ricevono anche molti insulti e commenti sessisti. Keystone / Laurent Gillieron

La deputata socialista Ada Marra ha fatto scalpore al parlamento svizzero enumerando, non senza emozione, la lunga lista di ingiurie di cui è regolarmente vittima. La sua speranza è che la situazione possa cambiare con la presenza di un numero maggiore di donne a Palazzo federale. Intervista.

Per i politici svizzeri, l’onnipresenza delle reti sociali rappresenta sia un vantaggio che una minaccia. Se da un lato Facebook, Twitter e Instagram offrono loro una grande visibilità, dall’altro permettono a utenti con pseudonimi discutibili di proferire insulti e minacce nei loro confronti.

Di origini italiane e con idee decisamente di sinistra, la deputata al Consiglio nazionale (camera del popolo) Ada MarraCollegamento esterno è il bersaglio privilegiato della massa anonima che dà sfogo alla propria cattiveria sulle reti sociali. Marra ha deciso di rompere il muro del silenzio chiedendo al parlamento di creare un servizio incaricato di preparare eventuali denunce contro gli autori di minacce e insulti ricevuti dai deputati nel quadro della loro funzione.

Il 4 marzo, dopo aver elencatoCollegamento esterno una parte delle ingiurie che ha subito negli ultimi anni, ha ritirato la sua mozioneCollegamento esterno. Incontro con un’eletta commossa, ma più combattiva che mai.

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Ada Marra è vicepresidente del Partito socialista. Dal dicembre 2007, siede nel Consiglio nazionale (Camera del popolo) per il Canton di Vaud. I suoi temi prediletti sono l’immigrazione e la lotta per la giustizia sociale. Keystone / Alessandro Della Valle

swissinfo.ch: Qual era lo scopo del suo intervento che ha fatto il giro delle reti sociali la settimana scorsa?

Ada Marra: L’idea mi è venuta durante una giornata di mobilitazione contro le violenze sessuali nei confronti delle donne, alla fine del 2019. Mi sono chiesta che cosa potessi fare sul mio posto di lavoro. Il parlamento ha già adottato misure contro le molestie sessuali. Ma cosa dire della violenza verbale?

Molti pensano che, in quanto politici, sia normale ricevere degli insulti. Quando ho letto questi insulti ad alta voce in parlamento, la gente ha potuto rendersi conto dell’enormità di commenti e della disumanizzazione che suscitano. Ecco perché ho agito in questo modo. Ho comunque esitato a lungo prima di farlo.

Perché ha ritirato la sua mozione?

Sapevo che l’Ufficio del Consiglio nazionale voleva respingerla e non volevo rischiare che, su un tema del genere, il parlamento dicesse di no.

La mia scelta è stata motivata anche dal fatto che l’Ufficio ha recepito la mia richiesta e presta attenzione a tali questioni. Lo ha dimostrato impegnandosi a comunicare ai deputati il sostegno che offre e le modalità di denuncia degli abusi alla polizia. Ha anche proposto di organizzare eventi per sensibilizzare alla lotta contro le molestie e di raccogliere informazioni e dati sul tema. Tuttavia, ritengo che le possibilità esistenti in parlamento non siano ancora conosciute. È necessario informare meglio.

Inoltre, i vari servizi devono coordinarsi. Ho contattato a più riprese il servizio giuridico e mi è stato detto di “lasciar perdere”. Ora ci vuole una risposta collettiva. Non si tratta soltanto di parlamentari a livello individuale, ma di un problema democratico. Pensa che una giovane donna abbia voglia di lanciarsi in politica sapendo che si farà insultare dopo alcuni mesi?

Perché i parlamentari dovrebbero beneficiare di un trattamento particolare?

Faccio un esempio. Nel Cantone di Vaud, è stato costituito un fondo ‘intemperie’ per i lavoratori attivi sui cantieri. Ciò significa che in caso di eventi meteorologici estremi (caldo o freddo), possono interrompere il lavoro. Si tratta di una misura specifica per una professione esposta a determinate situazioni.

In quanto parlamentari e personaggi pubblici, siamo soggetti alla violenza verbale. Non mi sembra quindi aberrante adottare misure inerenti al nostro mestiere.

“Non ho mai sporto denuncia, ma mi rendo conto oggi che avrei dovuto farlo subito dopo i fatti”

Quello delle minacce e delle ingiurie è un tema discusso tra parlamentari?

È un tema tabù. Ma sappiamo tutti che esiste. Siamo consapevoli del fatto che, in quanto deputati, siamo dei privilegiati. È quindi difficile lamentarsi.

Qui non si tratta però di una lamentela. Descrivo un problema, lo faccio vivere. Non per me, ma per tutti. Dobbiamo uscire dalla vittimizzazione e prendere il toro per le corna. E proprio perché siamo dei privilegiati, possiamo osare affermare cose del genere.

Anche i vostri colleghi uomini sono vittime di questo tipo di molestie?

So da uno di loro che è effettivamente il caso. Immagino quindi che ce ne siano altri. Ma come mostra lo studioCollegamento esterno realizzato dall’Unione interparlamentare e dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, le principali vittime sono donne. Inoltre, gli insulti ricevuti dai miei colleghi uomini non hanno una connotazione sessuale.

Credo che sarebbe utile condurre uno studio simile nel parlamento svizzero, in modo che tutti possano esprimersi sulla questione.

Perché non è ancora stato fatto?

Sono in molti a sostenere che non è necessario. Personalmente ritengo che si debba innanzitutto sperimentare il processo esistente. Concordo. Gli strumenti esistono e bisogna utilizzarli per sapere se sono efficaci.

Tuttavia, come ho detto durante il mio intervento, se non dovesse essere il caso, tornerò sulla questione e farò votare il parlamento. Alla prossima occasione farò dunque appello all’unità di crisi per sperimentare il processo dalla A alla Z.

“Penso che più ci saranno donne in parlamento, più si parlerà di molestie”

Pensa di segnalare questi delitti alla polizia (minacce di morte, intimidazioni…)

Non ho mai sporto denuncia, ma mi rendo conto oggi che avrei dovuto farlo subito dopo i fatti. In effetti, penso che bisognerebbe sporgere denuncia sistematicamente ed essere incoraggiati a farlo, in particolare dalla Polizia federale.

Tacere o non reagire significa banalizzare la violenza. È normale farsi insultare o minacciare? La risposta è no. Nella ‘vita vera’, non mi sono mai fatta insultare. Sulle reti sociali, invece, non c’è alcun ritegno. Credo d’altronde che vada fatto un gran lavoro educativo a monte, in particolare nelle scuole.

In quanto parlamentare, non dovrebbe mostrare l’esempio e non lasciare questi atti impuniti?

Ha ragione. È una responsabilità che finora non ho mai assunto, per ragioni materiali da un lato ed emotive dall’altro.

Ho creduto a lungo che un personaggio pubblico dovesse essere capace di sopportare tutto questo e che se così non era, la politica non era il suo posto. Ma questo è sbagliato.

Più in generale, la molestia (morale, fisica, sessuale) è affrontata in modo adeguato in Svizzera?

Grazie ai vari movimenti sociali, ai partiti politici e a donne eccezionali, è emersa l’ampiezza del fenomeno. C’è però ancora troppa incredulità e vanno fatti dei progressi. Penso in particolare che per quanto concerne lo stupro, il diritto svizzero non sempre integri la nozione di consensoCollegamento esterno.

Ritengo che ci sia ancora un ampio bisogno di informazione, nella società e nelle aziende, in modo che tutte le donne sappiano a quale struttura rivolgersi. Bisognerebbe verificare se le misure adottate sono adeguate ai bisogni reali.

Penso che più ci saranno donne in parlamento, più si parlerà di molestie. Oggi siamo in minoranza e vogliamo affermarci in quanto esponenti politiche competenti e non in quanto vittime. Ed è stupido, poiché una cosa non esclude l’altra! Solo la consapevolezza e la verbalizzazione permetteranno di fare avanzare le cose.

Sessismo nei parlamenti d’Europa

Lo studio Sessismo, molestie e violenza nei confronti delle donne nei parlamenti d’EuropaCollegamento esterno è stato condotto congiuntamente dall’Unione interparlamentare e dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa. Fa seguito a una prima panoramica della situazione pubblicata nel 2016 e si focalizza questa volta sui parlamenti europei.

L’indagine si è basata su interviste realizzate con 123 donne di 45 Paesi europei, di cui 81 parlamentari e 42 membri del personale parlamentare.

In cifre:

85,2% delle parlamentari che hanno partecipato allo studio hanno affermato di essere state confrontate con violenze psicologiche durante il loro mandato.

46,9% hanno ricevuto minacce di morte, di stupro o di pestaggio.

58,2% sono state vittime di attacchi sessisti online e sulle reti sociali.

67,9% sono state oggetto di commenti concernenti il loro aspetto fisico o fondati su stereotipi di genere.

24,7% hanno subito violenze sessuali.

14,8% hanno subito violenze fisiche.

Traduzione dal francese: Luigi Jorio

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