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Negoziati difficili sul nucleare iraniano

Un esule iraniano mascherato protesta alla sede ginevrina delle Nazioni Unite. Reuters

Ginevra ospita due giorni di discussioni sul programma nucleare iraniano: il dialogo s'annuncia complesso, come spiega il politologo iraniano – con passaporto svizzero – Mohammad-Reza Djalili.

Lunedì e martedì la delegazione iraniana incontra la responsabile della diplomazia europea Catherine Ashton ed i rappresentanti del gruppo 5+1, ovvero i cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite (Stati Uniti, Russia, Francia, Regno Unito, Cina più la Germania).

swissinfo.ch: Da lunedì l’Iran discute con l’Unione europea e altri importanti paesi per la prima volta da un anno a questa parte. Può riassumere e spiegare la situazione attuale?

Mohammad-Reza Djalili: Gli iraniani sono venuti a Ginevra per mostrare che non abbandonano la via diplomatica. Ciononostante, la loro posizione non è di fatto mutata. Le ultime dichiarazioni di Ahmadinejad di altri responsabili iraniani sottolineano infatti che l’Iran intende restare fedele ai propri obiettivi e non cedere nulla per quanto concerne il programma nucleare.

Questo lascia presagire discussioni assai difficili, proprio perché da parte iraniana non vi è alcuna flessibilità, perlomeno fino ad ora. Ovviamente esiste sempre la possibilità di un cambiamento dell’ultima ora, ma sono molto scettico su questa eventualità.

swissinfo.ch: Cosa ci si può realmente aspettare da questo incontro?

M. D.: A mio parere non molto. Circa un anno fa, c’è stato un altro incontro a Ginevra: in quell’occasione sono state formulare promesse non mantenute. Oggi l’Iran è però forse in una posizione leggermente più delicata. In primo luogo poiché sussiste un certo consenso tra i paesi del gruppo «5 + 1», secondariamente le sanazioni hanno effetti molto negativi sull’economia iraniana e da ultimo vi sono i problemi tecnici a cui è confrontato il programma iraniano di arricchimento dell’uranio.

Questi fattori potrebbero influenzare la posizione iraniana, ma in realtà li ritengo secondari dal momento che per Teheran cedere sulla questione nucleare e trovare un compromesso costituirebbe un segno di debolezza. E non vedo alcun elemento tale da far pensare che l’Iran accetti una situazione del genere.

swissinfo.ch: Quale è il ruolo della Svizzera in tutto questo?

M. D.: La Svizzera – ma anche Ginevra, e soprattutto l’ONU a Ginevra – è evidentemente pronta a creare le condizioni affinché vi siano i negoziati e si raggiunga una soluzione alla questione del nucleare. Ritengo che i negoziati sono preferibili a un confronto anche se, da parte iraniana, queste discussioni hanno lo scopo di temporeggiare.

Tale volontà di guadagnare tempo sembra essere condivisa anche dall’amministrazione americana, che al momento attuale ha molti problemi. Non si vede dunque perché non organizzare una riunione, anche se un’altra seguirà tra sei o dodici mesi. È una tendenza che esiste da otto anni: si gioca sul tempo.

swissinfo.ch: Come valutare il fatto che molti Stati coinvolti nelle discussioni ritengono giustificato di avere armi nucleari per sé stessi, ma criticano altri paesi che fanno lo stesso?

M. D.: Ufficialmente la posizione iraniana è quella di sottolineare che il paese vuole dotarsi unicamente di una capacità nucleare civile. L’Iran rifiuta infatti di riconoscere che il suo programma potrebbe avere una dimensione militare.

Se si rimane nell’ambito di un programma nucleare civile, tutti gli Stati hanno il diritto di agire in questo senso. Nel contempo devono però accettare il severo controllo da parte dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna: questo non avviene per il programma iraniano, fatto che suscita parecchi dubbi nella comunità internazionale in merito ai reali obiettivi del programma.

Detto questo, il trattato di non proliferazione è stato firmato in condizioni particolari ed è effettivamente poco equo. Si tratta però dell’unico trattato di cui disponiamo in questo momento per evitare la diffusione di queste armi. Se un paese come l’Iran – che ha firmato il documento – non lo rispetta, sarebbe catastrofico per il sistema di controllo del nucleare nella misura in cui le condizioni internazionali attuali non permettono di rinegoziare un nuovo trattato.

swissinfo.ch: Se potesse dare qualche consiglio ai partecipanti alle discussioni di Ginevra, cosa direbbe loro?

M. D.: Il mio consiglio sarebbe quello di entrare davvero in un contesto negoziale, condizione che attualmente non è data. Per il momento, non siamo infatti ancora nella fase dei negoziati: si tratta unicamente di discussioni. Affinché abbiano luogo dei veri e propri negoziati, occorre che siano definite certe condizioni quadro e che alcuni elementi siano riconosciuti da entrambe le parti. Non siamo però ancora arrivati a questa tappa fondamentale.

Luglio 2008: il governo iraniano respinge le proposte di bloccare il suo programma destinato alla produzione di uranio arricchito.

Settembre 2008: Teheran notifica all’Agenzia internazionale dell’energia atomica la costruzione di una seconda centrale per l’arricchimento dell’uranio.

Ottobre 2009: la Svizzera accoglie a Ginevra discussioni tra l’Iran e il gruppo delle sei grandi potenze, Cina, Russia, Stati Uniti, Francia, Inghilterra e Germania. Queste ultime sospettano che il programma nucleare di Teheran sia stato concepito a fini bellici, mentre l’Iran respinge questa supposizione.

Febbraio 2010: l’Iran dà inizio alle procedure per l’arricchimento di uranio. La decisione viene condannata dalla comunità internazionale.

Maggio 2010: Iran, Brasile e Turchia raggiungono un’intesa che prevede lo scambio di uranio scarsamente arricchito con combustibile nucleare. I tre paesi si impegnano a rispettare il Trattato di non proliferazione nucleare.

traduzione e adattamento: Andrea Clementi

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